La rivolta di piazza ha scavalcato i suoi leader
Pur avendo raggiunto un compromesso politico, la piazza di Kiev ha proseguito la rivolta e il parlamento detronizza Yanukovich. Yulia Tymoshenko, libera dopo 3 anni di carcere, arringa i rivoluzionari. E a Est avanzano i secessionisti.
La crisi Ucraina non finisce mai di riservare sorprese. Ogni giorno, ogni ora, rivolgimenti improvvisi e colpi di scena cambiano radicalmente la situazione. Segno che la situazione è realmente fuori da ogni controllo, dunque totalmente imprevedibile.
Nella giornata di giovedì, l'Unione Europea (rappresentata dai ministri degli Esteri di Francia, Germania e Polonia) era riuscita a premere sul presidente Viktor Yanukovich fino a ottenere da lui una serie di nuove concessioni all'opposizione. Durante i colloqui, nella capitale ucraina (e non solo) la battaglia infuriava, venivano evacuate le sedi di governo e parlamento e la piazza dell'Indipendenza (il Maidan) veniva occupato nuovamente dall'opposizione. Premuto dall'estero e dall'interno, il presidente aveva concesso, praticamente, tutto ciò che era stato richiesto dagli oppositori: formazione di un governo di unità nazionale entro 10 giorni, ritorno alla Costituzione del 2004 (che limita i poteri presidenziali) entro 2 giorni, dimissioni ed elezioni anticipate del presidente. Quali clausole minori, per ottenere un cessate-il-fuoco più efficace, erano previsti il disarmo degli oppositori e il ritiro dello stato di emergenza. Con una mossa prevedibile, venerdì la Rada ucraina ha votato per la scarcerazione di Yulia Tymoshenko, la leader storica della Rivoluzione Arancione, incarcerata nel 2011 per “abuso di potere” dopo un processo di dubbia imparzialità. La sorpresa di questo voto, che ha ribaltato l'esito di un'analoga votazione tenutasi nel 2013, è stato il ribaltamento di decisioni dello stesso Partito delle Regioni, quello del governo e del presidente Yanukovich: 54 suoi deputati hanno scelto di liberare la loro storica avversaria. Fino a venerdì sera la tregua pareva reggere. Ma, come spesso è avvenuto nella storia della Russia zarista e dell'Urss, come nella rivoluzione di febbraio del 1917 e come in quella contro i golpisti di Mosca nel 1991, la piazza ha preso il sopravvento sui suoi stessi leader e qualunque concessione è risultata tardiva.
Infatti, nel momento in cui le tre anime della rivolta del Maidan, il democratico Arseniy Yatsenyuk, il populista Vitaly Klitschko e l'ultra-nazionalista Oleh Tyahnibok hanno annunciato la firma dell'accordo per il cessate il fuoco, la piazza li ha fischiati e poi disobbediti. La rivolta, insomma, era andata troppo oltre. Le Gli scontri, infatti, sono ricominciati ieri, con l'occupazione, da parte degli insorti, del quartiere governativo e delle residenze private di Viktor Yanukovich. Residenze in cui avrebbero trovato tesori degni di un Ceausescu, il dittatore rumeno detronizzato dalla rivoluzione del 1989: auto e moto d'epoca, uno zoo privato, bagni in oro massiccio, lingotti a non finire. I racconti dei rivoltosi si moltiplicano e si stanno diffondendo in tutto il mondo, dando l'impressione che sia finita una tirannia di tipo orientale e non semplicemente il governo di un presidente eletto pochi anni fa. Alla spoliazione materiale si accompagnava anche quella politica. La maggioranza del parlamento ucraino, infatti, votava per l'impeachment del presidente e fissava la data delle elezioni al prossimo 25 maggio.
Le residenze e la sede presidenziale erano comunque vuote. Viktor Yanukovich era già nell'Est ucraino, protetto dai suoi fedelissimi e circondato dai suoi più fedeli elettori. C'era andato nella mattinata, per non precisate “consultazioni politiche”. Ma c'è chi, da Kiev, teme che stia organizzando una controffensiva, non solo politica ma anche militare. Non è un mistero, infatti, che quel che l'Ucraina occidentale e Kiev vivono come una rivoluzione democratica, in Ucraina orientale e in Crimea, russofone e prevalentemente post-comuniste, viene vissuto come un golpe filo-occidentale ai danni di un presidente democraticamente eletto, soprattutto grazie ai loro voti. Da giovedì, il parlamento autonomo della Crimea sta valutando, nemmeno troppo velatamente, l'ipotesi di una secessione, nel caso a Kiev vincano gli oppositori del Maidan. E, in generale, nell'Est post-sovietico discorsi incendiari dei leader locali del Partito delle Regioni arrivano ad auspicare l'intervento militare russo. Cosa, per altro, che i russi non negano. In caso di ostilità in Crimea, dove è stazionata la Flotta del Mar Nero, fonti militari del Financial Times affermano che sarebbero pronte a un intervento armato.
Quale ultimo colpo di scena, alla fine di una giornata molto confusa, Yulia Tymoshenko è stata liberata con dieci giorni di anticipo rispetto al previsto. Pur malata alla spina dorsale e costretta sulla sedia a rotelle, si è subito presentata alla folla del Maidan, diventando lei, improvvisamente, la nuova/vecchia leader della rivoluzione, scavalcando di colpo i vari Yatsenyuk, Klitschko e Tyahnibok, ormai compromessi dal compromesso (con Yanukovich). E la Tymoshenko non ha certo lanciato un appello alla calma o alla non-violenza. Ha semmai invitato gli insorti a “proseguire la rivoluzione”. Guerra civile? Se fino a ieri era un'ipotesi possibile, adesso è molto più probabile.