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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

TRA CRISI E TIFO

La rinuncia della Chiesa

La cosa che impressiona di più nel posizionarsi politico della Chiesa di fronte alla crisi di governo è la sua funzionalità rispetto allo status-quo e, quindi, al mantenimento dei potentati vigenti. Da un lato vuole essere una Chiesa rivoluzionaria, ma dall’altro fa il filo alla nuova maggioranza nell’Unione Europea. Cosi rinuncia alla propria missione. 

Dottrina sociale 23_08_2019

La Dottrina sociale della Chiesa non si occupa di crisi di governo, di alleanze tra partiti, di maggioranze parlamentari. Non se ne occupa perché non fa politica diretta. Per questo motivo risulta sconcertante il plauso della Chiesa italiana e dei suoi strumenti ufficiali, come per esempio il quotidiano Avvenire, i Settimanali diocesani, i tweet di padre Spadaro ed altro, davanti alla possibilità di un governo anti-Lega, costituito probabilmente da 5stelle, Partito Democratico e, forse, Liberi e Uguali. Costoro sono quelli che criticano il Rosario in mano a Salvini, criticano cioè un diretto ingaggio della religione nella politica, e poi fanno anche essi la claque ad una parte politica, vivendo e presentando l’allontanamento della Lega da palazzo Chigi come una nuova liberazione dal fascismo, un nuovo 25 aprile.

Questa Chiesa è la Chiesa del riconoscimento della laicità della politica, della fine di ogni collateralismo, della rinuncia ad ogni forma di residuo di “cristianità” … è la Chiesa che collabora con tutti, che accoglie tutti e che accompagna tutti. Di fatto però è la Chiesa che condanna una parte e benedice l’altra, che scomunica il rosario di Salvini in Senato e approva la citazione evangelica di Renzi, che odia la Lega a cui preferisce la Cirinnà. È la Chiesa che ha deciso che il nemico numero uno è il populismo e che il valore non negoziabile numero uno è l’apertura dei porti, tutto il resto non conta. Senza chiarire però su quali testi della Dottrina sociale della Chiesa si basino queste interpretazioni. 

La cosa che impressiona di più nel posizionarsi politico della Chiesa di fronte alla crisi di governo è la sua funzionalità rispetto allo status-quo e, quindi, al mantenimento dei potentati vigenti. Da un lato vuole essere una Chiesa rivoluzionaria, contraria a “questa economia che uccide”, che dà la parola agli indigeni dell’Amazzonia, che non scomunica più nessuno, che sogna una società meticcia, che vuole essere povera … ma dall’altro fa il filo alla nuova maggioranza nell’Unione Europea, considera atto di lesa maestà criticare Bruxelles, non vuole la riduzione delle tasse, accetta la legge sull’eutanasia approvata in Italia, accoglie il globalismo delle multinazionali e vitupera l’attaccamento alla nazione e alle patrie, è disposta a venire a patti con le correnti genderiste ormai egemoni, non combatte più per la vita e la famiglia naturale, e riesce perfino ad essere più “gretina” di Greta Thunberg per quanto riguarda l’ambiente. Una Chiesa rivoluzionaria e progressista ma conservatrice e reazionaria, proprio come la nuova maggioranza che si sta profilando in Parlamento.

Era prevedibile che dopo la sfiducia della Lega al premier Conte, si sarebbe ricompattato immediatamente tutto il fronte progressista sul piano dei valori e conservatore sul piano della gestione del potere: lo spread sarebbe sceso, la finanza avrebbe dato segni di apprezzamento, Germania e Francia avrebbero apprezzato, Mattarella non avrebbe concesso le elezioni, i grandi media avrebbero inneggiato al nuovo 25 aprile, tutti si sarebbero dimenticati che il Partito Democratico aveva perso le elezioni politiche, Renzi e  Zingaretti avrebbero smesso (apparentemente) di farsi la guerra, Mario Prodi ed Enrico Letta sarebbero riapparsi e con essi il sogno dei vescovi italiani di una nuova compagine politica che corrisponda più o meno ad un Partito Democratico Moderato, Emma Bonino avrebbe detto di non essersi mai sentita così estranea ad un governo come a quello dimissionario … e la Chiesa cattolica si sarebbe associata a questo sistema imperante, a questo blocco storico dei potenti.

La Dottrina sociale della Chiesa – con i suoi testi ormai dimenticati dato che tutti oggi la fanno iniziare dalla Laudato si’ e non dalla Rerum novarum – confuta completamente questo tipo di impegno. Essa non ha mai battezzato l’Europa nichilista di oggi, non ha mai detto di aprire indiscriminatamente i porti, non ha mai sostenuto l’ambientalismo alla Al Gore, alla Greta Thunberg o al principe Henry che non vuole più di due figli per non inquinare il pianeta, non ha mai rinunciato al valore della nazione e della patria, non ha mai detto che l’economia uccide perché semmai è l’uomo a farlo, ha sempre criticato la concentrazione del potere economico globale, ha sempre criticato lo Stato assistenziale e messo in guardia da un fisco troppo esoso e privo di giustificazione per il bene comune.

In altre parole: per aderire al sistema imperante bisogna rinunciare a fette importanti di Dottrina sociale della Chiesa, e con ciò rinunciare alla propria missione. Per una crisi di governo non vale la pena.