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REFERENDUM

La riforma che complica il bicameralismo

La riforma costituzionale che verrà votata nel referendum di dicembre non supera affatto il bicameralismo italiano, ma lo complica. Perché finisce per creare un nuovo Senato, non elettivo e con competenze che si accavallano con quelle della Camera. Anticipazioni da Riforma costituzionale Renzi-Boschi: perché no il prossimo libro de La Nuova BQ.

Editoriali 28_09_2016
Voto

Mentre in ogni parte del Paese già sono comparsi grandi manifesti a sostegno del “sì” al referendum costituzionale, che proprio ieri il governo ha stabilito avrà luogo il 4 dicembre prossimo, domani, 29 settembre, il premier Renzi darà inizio da Firenze a un giro di comizi in difesa della sua riforma. E’ un tour che in poco più due mesi lo porterà in circa duecento città italiane.  C’è da domandarsi – osserviamo per inciso, ma non è cosa da poco – quanto tempo gli resterà per fare anche il capo del governo. Sommando insieme questo tour alla girandola di viaggi in Europa e in America in cui è stato impegnato nel corrente settembre, diventa chiaro che in questa seconda metà dell’anno il premier per ben tre mesi non avrà avuto tempo di fare il premier. Evidentemente c’è qualcun altro che lo fa al posto suo, ma a questo punto sarebbe bello sapere di chi si tratta. 

D’altra parte si possono capire le sue ragioni. Benché infatti non gli convenga, e benché tanti suoi fedeli amici gliel’abbiano sconsigliato (a partire dal presidente della Repubblica), Renzi insiste a dare al referendum il carattere di solenne voto di fiducia nei suoi confronti. “Farò il globe trotter in giro per l’Italia, in questa campagna mi gioco tutto”, non ha esitato a dire annunciando a Prato domenica scorsa l’inizio del suo giro di comizi. Anche a prescindere dalle riserve sul suo progetto politico, sul piano umano colpisce in Renzi la costante tendenza alla manipolazione della realtà. Durante tutto il dibattito che in Parlamento ha accompagnato il voto sulla riforma, Renzi e Boschi hanno parlato quasi soltanto di superamento del bicameralismo, e incautamente le opposizioni sono state al gioco. Ebbene, non è affatto vero: la riforma ha essenzialmente un ben più ampio contenuto, e inoltre non porta con sé alcun superamento del bicameralismo, ma anzi lo conferma complicandolo. 

Prossimamente, nella collana de I libri della Bussola, uscirà un nuovo volume-dossier dal titolo Riforma costituzionale Renzi-Boschi: perché no nel quale analizzeremo tale legge più in dettaglio. Ne diamo qui qualche anticipazione con specifico riguardo al bicameralismo, che comunque in sé e per sé non è il diavolo. Ci sono dei sistemi bicamerali che funzionano benissimo. Il nostro ha dei grossi difetti e sarebbe il caso di ritoccarlo, ma non di sconquassarlo come accadrebbe se la riforma passasse. Il problema insomma si pone, ma quella contenuta nella riforma Renzi-Boschi ne è una pessima soluzione. Diversamente appunto da quanto i suoi promotori sostengono tale riforma non supera affatto il bicameralismo perfetto. Il voto del Senato continua a venire richiesto in  molti e importanti casi, i quali sono mal definiti quanto basta per dare poi campo a quei conflitti di competenza che, come attualmente accade, aprono il varco a un anomalo ruolo semi-legislativo della Corte Costituzionale. Con la riforma Renzi-Boschi  tale ruolo anomalo si rafforza di pari passo con l’indebolimento del Senato che, sceso da 315 a 100 membri, diventa un’incerta assemblea di rappresentanza delle Regioni e dei Comuni i cui membri, scelti tra consiglieri regionali e sindaci in carica, siedono per di più in Senato a titolo gratuito.

Nei suoi discorsi sulla riforma che vorrebbe approvassimo, solleticando chi pensa che i senatori siano ipso facto dei parassiti, Renzi si vanta di volerli ridurre di numero facendoli passare dagli attuali 315 a soltanto 100, e senza indennità per il loro impegno in Senato. Non è questo un modo serio di porre la questione: o i senatori sono dei parassiti, e allora non ce ne deve essere nemmeno uno; oppure possono essere utili e allora si tratta di rendere utile il Senato e rimunerare equamente i suoi membri.

Nei fatti la montagna ha partorito un topolino. Se l’intento era davvero quello di distinguere in modo inequivocabile le funzioni delle due Camere si sarebbe potuto, riprendendo un modello già variamente sperimentato, fare del Senato una Camera esclusivamente con compiti di revisione (E’ questo il caso ad esempio del Bundesrat della Repubblica federale di Germania). In forza di tale modello, le leggi nascono soltanto in una delle due Camere, ma possono entrare in vigore sole se approvate anche dall’altra. Quest’ultima però non può modificarle bensì soltanto approvarle o respingerle in blocco. Invece ci si è fermati  ancora una volta a metà strada tra una formula e l’altra. Da un lato infatti “La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo”. Dall’altro però il Senato – che “rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica” - concorre anche “all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea”.

Inoltre “Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea”. Infine “valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori”. Ce n’è  insomma quanto basta per attizzare un bel po’ di conflitti di competenza dando così nuovo alimento il fenomeno di cui si diceva, che da alcuni anni in qua sta appunto trasformando la Corte Costituzionale in una specie di terza Camera spuria. Se poi si aggiunge che il Senato concorre anche “ ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato” non si fatica a comprendere che di fatto la riforma Renzi-Boschi non supera il bicameralismo paritario ma anzi lo conferma e lo complica.