La riforma Nordio è legge, termina l'era del giustizialismo
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Approvato definitivamente alla Camera il "pacchetto" voluto dal guardasigilli. Più garanzie per i cittadini e meno gogna mediatica per chi è coinvolto in vicende giudiziarie. Un traguardo che va al di là del colore politico di chi l'ha promosso.
Più garanzie per i cittadini, meno giustizialismo e, soprattutto, più rispetto della dignità delle persone coinvolte in vicende giudiziarie e meno gogna mediatica. Possono riassumersi in questo modo lo spirito e i contenuti della riforma Nordio, che l’aula della Camera ha approvato ieri in via definitiva con 199 voti favorevoli e 102 contrari. Il provvedimento, che non ha subìto modifiche rispetto alla versione approvata a febbraio in Senato, reca «modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare».
Si tratta del primo pacchetto di riforme del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio: il disegno di legge era stato approvato in Consiglio dei ministri più di un anno fa, il 15 giugno 2023. Il provvedimento, composto da nove articoli, abolisce innanzitutto il reato di abuso d’ufficio, che aveva alimentato il “terrore della firma” da parte degli amministratori locali, frenati nell’emanazione dei quotidiani atti amministrativi dal timore di incappare in denunce per presunte violazioni di legge, che quasi mai si rivelavano fondate, ma che nel frattempo paralizzavano l’attività di quell’ente.
La riforma Nordio prevede anche una stretta sulle comunicazioni tra «l'imputato e il proprio difensore» e sulla pubblicazione delle intercettazioni, rafforzando la tutela del «terzo estraneo» rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate. Inoltre prevede una serie di novità sulla custodia cautelare e sul reato di traffico di influenze illecite.
La novità destinata a incidere maggiormente sul rapporto tra giustizia e informazione riguarda proprio la pubblicazione delle intercettazioni, che ha sempre alimentato un aspro confronto tra le forze politiche e il mondo giornalistico. Quest’ultimo ha spesso gridato alla censura e al bavaglio tutte le volte in cui una forza politica ha proposto di limitare la diffusione di conversazioni private che nulla aggiungevano alla completezza del racconto e che finivano per violare la privacy dei protagonisti. Senza contare le intercettazioni a strascico di telefonate tra gli indagati e le persone ad essi collegate, intercettazioni che spesso finiscono nel tritacarne mediatico distruggendo l’immagine pubblica delle persone.
A questi abusi la riforma Nordio cerca di porre rimedio. Con un emendamento approvato in commissione Giustizia al Senato, votato dalla maggioranza e da Italia Viva, si è stabilito infatti che nei verbali delle comunicazioni intercettate non andranno inseriti dati che «consentono di identificare soggetti diversi dalle parti». L’articolo 268 del codice di procedura penale viene quindi modificato nel senso che «il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché nei verbali» non siano riportate circostanze che «consentono di identificare soggetti diversi dalle parti» e che non hanno alcun legame con l’oggetto principale della notizia, tanto più se notizia di reato.
«Con questo provvedimento almeno salviamo il terzo: se Tizio parla con Caio di Sempronio, almeno salviamo Sempronio che non ha niente a che fare con l’indagine», ha spiegato il guardasigilli.
Questa novità normativa, quindi, attua in maniera concreta il Codice deontologico dei giornalisti del 1998, che è il primo allegato del Testo unico dei doveri del giornalista (2016) e che all’art. 5 parla di essenzialità dell’informazione e obbliga i giornalisti a espungere dal racconto dei fatti tutti quei particolari ininfluenti rispetto alla completezza della notizia, quindi quelli riguardanti le persone collegate ai protagonisti dei fatti, ad esempio i famigliari. Inoltre la limitazione della pubblicabilità delle intercettazioni circoscrive il perimetro dei rischi per la privacy dei soggetti coinvolti in vicende giudiziarie, spesso amplificate e strumentalizzate dai media e che alla fine si sgonfiano o perdono di credibilità. Meno giustizialismo mediatico, quindi, e più rispetto della persona.
Stop anche al carcere utilizzato come strumento di ricatto per estorcere confessioni o indurre alle dimissioni. Viene infatti previsto che sia un organo collegiale formato da tre giudici a decidere sulla custodia cautelare in carcere, che attualmente può essere disposta dal giudice monocratico. Dato l’impatto sull’organizzazione dei Tribunali, soprattutto per le incompatibilità dei tre giudici rispetto alle successive fasi del processo, si prevede un aumento dell’organico con 250 nuovi magistrati, da destinare alle funzioni giudicanti. Per consentire le necessarie assunzioni, l’entrata in vigore è differita di due anni.
Altra novità del ddl Nordio: non sarà più possibile per il pubblico ministero proporre appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado per reati meno gravi. In altri termini, se l’imputato viene assolto in primo grado, è da intendersi quello il giudizio definitivo.
Questa riforma rappresenta un traguardo importante per riequilibrare i rapporti tra la magistratura e gli altri poteri e tra giustizia e informazione. Non a caso anche altri partiti come Azione e Italia Viva hanno votato a favore del nuovo testo di legge, associandosi al centrodestra. Si tratta di una conquista della civiltà giuridica che va al di là del colore politico di chi l’ha promossa e sostenuta.
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