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ITALIA OSSERVATA SPECIALE

La ricreazione è finita: l'Europa presenta il conto

Limitare la spesa corrente, riduzione del debito, investimenti su verde e digitale, revisione delle aliquote e allineamento dei valori catastali ai valori di mercato. Dopo l'emergenza l'Ue presenta il conto e rimanda l'Italia a settembre. Manovre lacrime e sangue all'orizzonte. 

Politica 24_05_2022

Si potrebbero usare tante metafore per descrivere il rapporto di questo periodo tra Unione europea e Italia. La più calzante potrebbe essere quella dell’osservato speciale. Le risorse del Pnrr, che di qui al 2026 saranno pari a circa 240 miliardi, dovremo meritarcele. Sono per due terzi prestiti e per un terzo finanziamenti a fondo perduto, ma dovremo meritarceli. Lo si sapeva, ma diciamo che il clima perennemente emergenziale poteva alimentare la speranza che Bruxelles tollerasse ancora per un po' lo stratosferico debito pubblico che l’Italia si porta dietro da decenni e che è esploso durante il Covid, a causa dei lockdown e delle altre misure che hanno paralizzato l’economia.

Invece nelle ultime ore è arrivata la doccia fredda. La ricreazione è finita, è suonata la campanella e l’Italia è osservata speciale per la sua tendenza a diventare il colabrodo d’Europa, per sussidi a pioggia, bonus su tutto, cordoni della borsa sempre larghi per finanziare realtà e attività che però non producono crescita e appesantiscono solo il bilancio statale.

In base alle ultime Raccomandazioni della Commissione Ue, il nostro Paese «deve limitare la crescita della spesa corrente» per una «riduzione credibile e graduale del debito» e deve, inoltre, «espandere gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale» e, in ambito fiscale, «rivedere le aliquote marginali e allineare i valori catastali ai valori di mercato».

Sono i classici compiti da fare a casa, e quindi si può anche dire che siamo rinviati a settembre. Già, perché queste Raccomandazioni sanno di ultimatum. A settembre è prevista una verifica di Bruxelles sui conti degli Stati europei, in particolare il nostro, che potrà concludersi con l’apertura di procedure di infrazione per eccesso di debito. Per nulla rassicurante come scenario. Peraltro la Commissione sta già mettendo le mani avanti: «La pressione fiscale italiana sul lavoro è elevata, il cuneo fiscale sul lavoro rimane alto, le altre fonti d’entrata sono sottoutilizzate».

Significa che i prossimi governi italiani dovranno fare manovre “lacrime e sangue”, perché sta lentamente tornando l’epoca dell’austerità dei conti pubblici, collegata al corretto utilizzo dei fondi del Pnrr. Se il premier Mario Draghi, oltre un anno fa, insediandosi a Palazzo Chigi, rassicurò gli italiani dicendo che «non è tempo di mettere le mani nelle tasche dei cittadini», oggi dovrà iniziare a raccontare un’altra verità, cioè che bisognerà gradualmente ridurre l’indebitamento esploso durante la pandemia, aumentando inevitabilmente la pressione fiscale e quindi costringendo i contribuenti a fare quei sacrifici che credevano di non dover più fare dopo il Covid.

Il patto di stabilità continuerà a rimanere sospeso anche nel 2023, ma - precisano i vertici Ue - non è un “liberi tutti”. «Per il periodo successivo al 2023 - avvertono - i Paesi dovranno perseguire una politica di bilancio che punti a raggiungere posizioni di medio termine prudenti per assicurare una riduzione credibile e graduale del debito le la sua sostenibilità nel medio termine, tramite un risanamento progressivo, investimenti e riforme».

Ma quali riforme? Si è parlato della giustizia, per ridurre i tempi dei processi e contribuire a restituire competitività al sistema delle imprese. Ma non basterà questo. Il richiamo a fare riforme fiscali energiche e radicali e a rivedere i meccanismi di determinazione dei valori catastali è un segnale inequivocabile ed è una minaccia che si affaccia all’orizzonte della prossima campagna elettorale.

I partiti cosa prometteranno agli elettori? Che dopo le prossime politiche dovranno tornare a costruire governi di solidarietà nazionale per prendere decisioni impopolari? Presto per dirlo, ma il cappio Ue torna a stringersi attorno al collo dell’Italia e tutto lascia supporre che dopo l’euforia balneare ci attende un autunno davvero caldo.