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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

La precisazione

La Rerum novarum non voleva essere un “umanesimo”

Nella sua enciclica più famosa, Leone XIII non parla mai di “centralità della persona umana”, che da lui era vista dentro il bene comune. E questo per lui era la società cristiana, il cui scopo è la maggior gloria di Dio e, a cascata, il bene della persona. Se si inverte l’ordine, come nell’umanesimo, si danneggia anche la persona.

Dottrina sociale 05_07_2025

Un aspetto interessante (e apparentemente stravagante) dell’enciclica Rerum novarum di Leone XIII, ora in procinto di essere riscoperta a seguito dell’appello di Leone XIV, è che non parla mai di “centralità della persona umana”, che invece è diventato in seguito forse il principio fondamentale della Dottrina sociale della Chiesa. Anche il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa comincia riferendosi ad un “umanesimo” integrale e solidale, e il terzo capitolo è dedicato al tema “la persona umana e i suoi diritti”. In generale, le espressioni “la persona al centro” o “la centralità della persona” vengono sempre riportate tra i primi principi di riflessione della Dottrina sociale, ormai è un luogo comune. Eppure, Leone XIII non ne parlava. Come non parlava del principio della “scelta preferenziale per i poveri” (ma questo è un altro discorso).

Leone XIII vedeva la persona dentro il bene comune, sicché per lui era la persona a fondarsi sul bene comune e non il bene comune a nascere dalla persona, secondo le successive idee del personalismo cristiano di Emmanuel Mounier o Jacques Maritain. Per papa Leone XIII il bene comune precede la persona, la quale nasce in una famiglia come società naturale che costituisce il suo bene comune. Anche la società precede la persona, dato che la famiglia è già una società nel senso proprio della parola. Per la Rerum novarum non c’erano le persone e poi, come originate da loro, le famiglie e la società. Da sempre la persona è fin da subito in una famiglia e in una società. Il bene comune sta certamente anche davanti alla persona, perché essa ne deve seguire i criteri, ma sta prima di tutto dietro, perché essa ne fa parte. Il bene comune, poi, comprende Dio e ha bisogno della religione vera per fondarsi e realizzarsi.

Per la Rerum novarum il bene comune era la società cristiana e non un qualche umanesimo; esso si fondava su Dio e non sulla persona. Certamente il bene comune comportava, secondo papa Pecci, l’insieme delle condizioni che permettano alla persona il suo perfezionamento, ma è chiaro che non è certo la persona a potersele dare, perché nessuno si dà ciò che non ha. Al centro della società, secondo Leone XIII, non c’è quindi la persona, ma Dio e, di conseguenza, la religione e la Chiesa. Lo scopo della società è la maggior gloria di Dio e a questa condizione produce anche il bene della persona, ma non il contrario.

Se invece si parte dalla persona intesa come il principio, il soggetto e il fine della società, da un lato la si assolutizza indebitamente e, dall’altro, si finisce per svincolarla dai suoi fondamenti oggettivi, scivolando verso l’individualismo moderno. Si finisce anche per considerare non più centrali Dio, la religione e la Chiesa, secolarizzando la vita politica, che diverrebbe solo un fatto di morale personale. Il personalismo, in fondo, danneggia la persona.

Stefano Fontana