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magistero

La regalità sociale di Cristo in una enciclica dimenticata

Con Tametsi futura del 1° novembre 1900, Leone XIII precede e anticipa la Quas primas (1925) di Pio XI. Un tema intimamente connesso al Natale.

Dottrina sociale 28_12_2023

La dottrina della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, così intimamente connessa al Natale del Redentore, è stata esposta dal magistero in documenti assai noti. Il principale è ritenuto l’enciclica Quas primas (1925) di Pio XI, assieme alla prima enciclica programmatica del suo pontificato, la Ubi arcano (1922). Altrettanto noto è l’impegno di Leone XIII ad esporre nelle sue encicliche sociali questa stessa dottrina. Si può dire infatti che Pio XI raccolse e diede sistematicità a quanto insegnato dai suoi due predecessori e, in modo particolare, da Leone XIII. C’è però un’enciclica, tra quelle scritte da quest’ultimo, che non viene mai ricordata. Si tratta della Tametsi futura del 1° novembre 1900, scritta a due anni dalla sua morte durante quell’anno santo. Merita anch’essa di essere ricordata.

Il nesso tra il Natale e la regalità di Cristo è evidente per la fede cristiana: “Diseredata ed esule già da molti secoli, l’umanità precipitava in perdizione ogni giorno, immersa in quegli spaventosi guai, e in altri mali, causati dal peccato dei progenitori, e nessuna potenza umana avrebbe potuto sanarli, quando comparve Cristo Signore, il liberatore inviato dal cielo”. “Ne seguì quel capovolgimento di cose che diede vita alla civiltà cristiana e trasformò completamente la faccia della terra”.

Gesù “fece nuovamente suoi, con pieno diritto, per averli veramente e propriamente redenti, tutti gli uomini che già erano soggetti alla sua potestà e al suo impero, perché egli è di tutti creatore e conservatore”: si vedono qui due principi che verranno sviluppati da Pio XI, quello del “diritto di conquista” come fonte della regalità sociale di Cristo, e quello secondo cui tale regalità riguarda tutti gli uomini e non solo i cristiani.

“Il regno di Gesù Cristo prende forma e consistenza dalla divina carità”, ma con ciò non si pensi – dice papa Leone – che riguardi solo gli individui e non gli Stati. “Il Figlio di Dio, creatore e redentore dell’umana natura, è re e padrone di tutta la terra ed ha suprema potestà sugli uomini, sia presi singolarmente, sia raccolti in civile società … Dunque, anche nel convivere umano e nella civile società deve imperare la legge di Cristo, così che non solo nella vita privata, ma anche in quella pubblica essa sia guida e maestra … Allontanandosi da Gesù rimane abbandonata a se stessa la ragione umana, privata dell’aiuto più valido e del lume più prezioso: e allora con tutta facilità si perde di vista il fine stesso stabilito da Dio nell’istituire il consorzio civile”.

Di grande interesse anche l’osservazione dell’enciclica sulle conseguenze del rifiuto dell’impero di Cristo: “coloro che ricusano l’impero di Cristo con pervicace volontà si ribellano a Dio. Emancipatisi dalla divina potestà, non saranno per questo più indipendenti poiché cadranno sotto qualche potestà umana”.