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SPIRITUALITA'

La preghiera ai tempi del Coronavirus. Non diamogliela vinta

I credenti sono chiamati ad osservare tutte le precauzioni per evitare il contagio del Coronavirus, ma anche ad esorcizzare la paura, lo sgomento e lo smarrimento attraverso la preghiera. Tutte le preghiere vanno bene, ma quelle tratte dalla Scrittura o dalla liturgia sono più sicure e formative. Ve ne proponiamo alcune. Non diamola vinta al virus (e al Cornuto). 

Ecclesia 03_03_2020

Poiché i cristiani anche se non sono “del” mondo sono “nel” mondo, oggi in Italia (del Nord) i credenti sono chiamati ad osservare tutte le precauzioni per evitare il contagio del Coronavirus, ma anche ad esorcizzare la paura, lo sgomento e lo smarrimento attraverso la preghiera. A livello personale le preghiere sono tante, anonime e firmate, di semplici devoti e di santi, di Papi e di Vescovi ecc. Naturalmente vanno tutte bene, ma qui vorrei suggerire tre formule tratte dalle Scritture o dalla liturgia, forse emotivamente un po’ meno calde ma più sicure e più formative, che da qui ognuno potrà acquisire e fare proprie sullo smartphone.

Comincio dal Salmo 90 secondo la Vulgata o 91 nella Bibbia attuale. È il Salmo previsto alla Compieta (preghiera della sera) di domenica nella Liturgia delle Ore. Eccolo:
«Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
Io dico al Signore: “Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido”.
Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,
dalla peste che distrugge.
Ti coprirà con le sue penne,
sotto le sue ali troverai rifugio;
la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.
Non temerai il terrore della notte
né la freccia che vola di giorno,
la peste che vaga nelle tenebre,
lo sterminio che devasta a mezzogiorno.
Mille cadranno al tuo fianco
e diecimila alla tua destra,
ma nulla ti potrà colpire.
Basterà che tu apra gli occhi
e vedrai la ricompensa dei malvagi!
“Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!”.
Tu hai fatto dell’Altissimo la tua dimora:
non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.
Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.
“Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso.
Lo sazierò di lunghi giorni
e gli farò vedere la mia salvezza”». Gloria al Padre...

Pur non conoscendo il Coronavirus, il Salmo parla di qualcosa che è molto simile: una peste e uno sterminio che distruggono, che vagano di giorno e di notte, pericoli reali ma impalpabili. Sembra il panico odierno, ma con una fondamentale differenza: c’è l’assicurazione che Dio ci difenderà se ci affideremo a lui. E tale affidamento è più decisivo che non le guarigioni immediate. Gesù infatti ha portato a compimento questo Salmo consegnando il suo spirito al Padre al momento della morte in croce (cf Lc 23,46). D’altra parte Gesù non ha guarito tutti i malati, ma la raccomandazione di portare la propria croce dietro di lui per avere la vera vita l’ha rivolta a «la folla insieme ai discepoli», «a tutti», a «una folla numerosa» (Mc 8,34; Lc 9,23; 14,25).

Dunque il Salmo darà la pace assicurando che Dio controlla anche il Coronavirus e ce ne libera, ma, anche se dovessimo soccombere, saremo sempre nelle sue mani.

Una seconda preghiera più breve e da ripetere spesso, potrebbe essere:
«Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di noi peccatori».

La formula è un adattamento della preghiera del pubblicano in Lc 18,13, qui al plurale e rivolta a Gesù Cristo. Naturalmente invoca la misericordia e la compassione di Gesù per fermare l’epidemia, ma il cenno a “noi peccatori” evoca la categoria delle disgrazie di questo mondo che a volte - non sempre - possono essere un castigo per la purificazione e la correzione dei peccati; evoca anche in senso più generale il fatto che il rapporto con il mondo e la natura dopo il peccato originale si è guastato e la natura non ci è più sempre e necessariamente amica (cf Gen 3,17-19) e addirittura può danneggiarci a causa della cattiveria umana - il Coronavirus è naturale o costruito? -, essa pure originata dal peccato originale. Tutto questo è placato e lenito dalla richiesta di misericordia rivolta a Gesù Cristo.

Una terza preghiera è di riferimento mariano e qui l’imbarazzo è di scegliere tra mille. Propongo la nobilissima orazione del primo formulario del comune della Beata Vergine Maria del Messale Romano in corso.

Mi permetto di citarla prima in latino perché è di una bellezza ed eleganza inarrivabili: «Concede nos famulos tuos, quaesumus, Dómine Deus, / perpetua mentis et corporis sanitate gaudere, / et, gloriosa beatae Mariae semper Virginis intercessione, / a praesenti liberari tristitia, et aeterna pérfrui laetitia. / Per Christum Dominum nostrum».
In italiano suona così: «Concedi ai tuoi fedeli, Signore Dio nostro, di godere sempre la salute del corpo e dello spirito e per la gloriosa intercessione di Maria santissima, sempre vergine, salvaci dai mali che ora ci rattristano e guidaci alla gioia senza fine. Per Cristo nostro Signore».

Questa preghiera, nella sua elegante semplicità, ci aiuta ad arrivare dove in genere non arriviamo quando siamo oppressi da qualcosa di incombente e urgente come il Coronavirus.

In primo luogo ci invita a chiedere non solo la salute del corpo ma prima ancora dello spirito, in quanto la liberazione dai peccati e un buon orientamento cristiano di vita devono sempre essere richiesti insieme alla liberazione dalle malattie e dalle epidemie e ciò perché il vero ideale cristiano dell’uomo non può limitarsi alla salute del corpo; poi anche perché, come ricordato poco sopra, radicalmente è dal peccato originale che derivano molti guai della nostra condizione concreta.

In secondo luogo la preghiera non si limita alla richiesta di essere liberati dalla “tristezza presente”, ma anche di poter un giorno fruire della “letizia eterna”. In altri termini, neppure in occasione del Coronavirus, non posiamo mai pregare restando unicamente nell’orizzonte di questo mondo e di questa vita, ma siamo invitati a chiedere che la liberazione dai mali presenti si risolva con il rafforzamento di un cammino verso il paradiso. Che senso infatti avrebbe una liberazione dal Coronavirus per intercessione di Maria se poi la liberazione fosse vissuta come un riprenderci la libertà di vivere come prima e magari lontano dal Signore?

In conclusione, «tutto concorre al bene per quelli che amano Dio» (Rm 8,28) e il Coronavirus, da un male oggettivo quale è, può anche essere utilizzato - sia ben chiaro in seconda istanza - per imparare a pregare di più e a perseverare nella preghiera, secondo l’ammonimento dell’Apostolo: «siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie» (1Ts 5,16-18). Può cioè trasformarsi in una “opportunità pastorale”, non cercata ma ben vissuta. Ma se non pregano i cristiani - e in particolare i cattolici -, chi pregherà?

Tra l’altro la preghiera è importante in relazione alla rarefazione delle celebrazioni, alla chiusura delle chiese e alle domeniche senza Eucaristia: non bisogna lasciar crescere la mentalità che in fondo si può vivere lo stesso da buoni cristiani anche con delle domeniche così.

E infine non sarebbe del tutto assurda l’ipotesi - parlo di ipotesi e non di certezza - che, salve tutte le responsabilità, le cause e le consequenzialità naturali e umane, una spintarella al Coronavirus con la prospettiva di dover chiudere le chiese e limitare le celebrazioni, una spintarella, dico, ce l’abbia data anche Qualcuno che abita in un luogo molto caldo, anzi di fuoco, e che ora se la ride. Ma se da questi guai nasce una preghiera più intensa, questo Qualcuno smetterà di ridere. Non diamogliela vinta.