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RINUNCIA E SALVEZZA

La potenza del digiuno, un’arma da riscoprire

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Il digiuno è necessario nel combattimento spirituale, come insegnano le Scritture, la Chiesa e l’esempio dei santi. Eppure oggi è più trascurato che mai. La sua pratica, in unione a Gesù, non ha solo una valenza personale, ma incide nel piano di salvezza.

Ecclesia 08_03_2023 English Español
Gesù tentato da Satana

In duemila anni di storia cristiana il digiuno non è mai stato, con ogni probabilità, tanto in crisi come oggi. Da alcuni decenni questa pratica penitenziale si è ridotta a poca cosa, anche all’interno della Chiesa cattolica, sia tra i laici che tra i consacrati, salvo qualche eccezione. Eppure, la Sacra Bibbia, la tradizione bimillenaria della Chiesa e l’esempio dei santi ci dicono che il digiuno è un’arma necessaria nel combattimento spirituale. Non ha solo una dimensione personale, ma ha ricadute sull’intera economia della salvezza. Mentre facilita il nostro cammino di purificazione, aiuta a crescere nella libertà interiore e, dunque, nell’amore per Dio e per il prossimo.

Il digiuno, vissuto in unione con Cristo, è di grande aiuto a tenere lontano il demonio. Commentando il famoso versetto del Vangelo di Matteo (Mt 17,21: Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno), san Giovanni Crisostomo spiega che si tratta di «parole che si riferiscono non solo al genere dei demòni lunatici, ma a ogni classe di demòni. Il digiuno effettivamente dà molta sapienza, rende l’uomo simile a un angelo del cielo e combatte i poteri incorporei. Però è anche necessaria la preghiera, come elemento principale; e colui che prega come conviene e digiuna, non necessita di molte cose, e così non diventa avaro, ed è pronto all’elemosina. Colui che digiuna è poi leggero, prega con vigilanza, estingue le concupiscenze dannose, rende Dio propizio, e umilia l’anima superba. Chi dunque prega con il digiuno ha due ali, anche più leggere degli stessi venti» (Commento al Vangelo di Matteo).

Il digiuno favorisce quindi non solo la conversione del singolo, ma può ottenere – accompagnandosi a una solida pratica cristiana – le più grandi grazie all’interno di una famiglia, nella Chiesa, nel mondo intero. Grazie di ordine soprattutto spirituale ma anche materiale, compresa la pace tra le nazioni. Ce lo ricorda pure la Madonna in varie apparizioni dell’epoca contemporanea, in cui raccomanda la preghiera (specialmente il Santo Rosario), il digiuno e altri sacrifici come mezzi soprannaturali indispensabili per fermare o scongiurare perfino le guerre.

La necessità del digiuno ha il suo fondamento nel fatto che esso, cristianamente inteso, coinvolge l’uomo nella sua totalità di anima e corpo. Mentre altre opere di carità – pur buone e chiaramente da non trascurare – possono rientrare nel nostro superfluo, il digiuno implica una donazione di noi stessi a Dio. «Perché satana è così indebolito quando digiuniamo? Quando offriamo a Dio qualcosa che tocca il nostro corpo, si può dire che ci offriamo veramente», spiega suor Emmanuel Maillard -– da fine anni ‘80 stabilitasi a Medjugorje – in una bella catechesi, intitolata Liberarsi e guarire per mezzo del digiuno. «Come diceva molto bene padre Slavko [S. Barbarić, † 2000] – aggiunge la religiosa francese – il digiuno rivela le nostre dipendenze. Quando si digiuna a pane e acqua, ci sono dei “miraggi” che ci chiamano: Caffè? Sigarette? Vino? Cioccolato? Gelati? Grappa? Liquori? Essi ci indicano le cose a cui siamo maggiormente attaccati. Ma la Madonna non viene per segnalarci i nostri attaccamenti, ma viene perché possiamo essere liberi. […] Il digiuno crea, in un certo senso, un vuoto, uno spazio nella nostra anima, nel nostro corpo e anche nel nostro cuore».

Questo spazio liberato dal digiuno, aggiunge suor Emmanuel, «è un nuovo terreno nella nostra vita che Dio potrà occupare», come mai ha potuto prima. Del resto, la crescita nella vita cristiana significa imitare il più possibile la vita del Signore Gesù, che si preparò al suo ministero pubblico con lunghi digiuni, incluso quello di quaranta giorni nel deserto. Come la Redenzione è passata per le sofferenze di Cristo nello spirito e nel corpo, così la nostra partecipazione alla sua opera di salvezza passa necessariamente dal mortificare tanto il primo quanto il secondo.

Non si tratta solo di rinunciare, per quanto possibile, al cibo. È bene infatti, oltre a moderare la gola, fare digiuno anche degli altri sensi - quindi custodire occhi, lingua, orecchie - per esercitarsi nel dominio di sé e liberarsi da tutte le cattive abitudini che ci allontanano da Dio. La rinuncia (anche delle cose lecite) non è fine a sé stessa, bensì è diretta, come la stessa Madre celeste ha indicato a Fatima e altrove, a rinunciare al peccato. In questo solco, a proposito del vero digiuno quaresimale, san Leone Magno afferma che esso consiste «nell’astenersi non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati». Il digiuno è in definitiva funzionale a sperimentare quell’unione con Dio capace di cambiare radicalmente la realtà, come nell’esperienza dei santi. Nessuno è escluso da questa vocazione, poiché ognuno di noi è importante nella realizzazione del piano di Dio, che ci chiama ad essere luce del mondo (Mt 5,14).

È noto che gli eventi legati a Medjugorje hanno portato a una riscoperta del digiuno, a pane e acqua, il mercoledì e il venerdì. Due giorni che già i primi cristiani osservavano, come testimonia la Didaché (un testo del I-II secolo, inserito nella letteratura subapostolica), dove tra l’altro, a chiosa del comandamento sull’amare il prossimo, si legge: «Digiunate per i vostri persecutori». Per essere più efficace, il digiuno va osservato per 24 ore. Ma il criterio guida è sempre quello della libertà nella donazione di sé, perché il principio e il fine della pratica del digiuno devono avere un denominatore comune: l’amore. Come si può iniziare gradualmente con il Rosario, specie per chi non ha mai pregato, così vale per il digiuno. Suor Emmanuel, che nella catechesi suindicata dà anche preziosi suggerimenti pratici (scelta del pane inclusa), riassume: «Se riuscite a digiunare subito a pane e acqua due giorni a settimana, ringraziate Dio, ma potete anche farlo per tappe […] e aumentare poco a poco».

Il digiuno è tanto più meritorio quanto più rimane segreto, laddove possibile. Lo si deve vivere non certo in spirito di fariseismo, bensì in spirito di supplica a Dio – sempre insieme alla preghiera – per ottenere l’umiltà e la conversione per noi stessi, i nostri cari e anche per chi ci fa del male. Spiega san Pietro Crisologo (Discorso 43: PL 52, 320): «Queste tre cose - preghiera, digiuno, misericordia - sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia».