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MEDITERRANEO

La piccola guerra mondiale nel caos della Libia

La morte di 3 militari francesi nelle fila dell'esercito di Haftar, che combatte contro il governo di Tripoli riconosciuto dall'Onu, porta alla luce del sole ciò che si sapeva da mesi: la presenza in Libia di militari di Paesi, occidentali e non, che perseguono i diversi interessi nazionali. Ragione in più perché anche l'Italia esca dall'immobilismo.

Esteri 22_07_2016
Elicottero in azione in Libia

La notizia era nota da tempo anche e in molti fingevano di non conoscerla. Sono ameno sei mesi che circolavano voci sulla presenza di 160 militari delle forze speciali francesi in Libia, per la precisione nella base aerea di Benina, a Bengasi, dove svolgono un ruolo operativo e d’intelligence fondamentale nel supporto alle truppe del generale Khalifa Haftar che combattono le forze jihadiste (al-Qaeda e Fratelli Musulmani) in Cirenaica.

Nei mesi scorsi il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian aveva criticato aspramente i media francesi che avevano rivelato l’invio dei militari in Libia, schierati al fianco del principale avversario del governo di Fayez al-Sarraj, voluto e costituito dalle Nazioni Unite che gode del riconoscimento internazionale e recentemente insediatosi a Tripoli. La morte di tre sottufficiali francesi, avvenuta domenica scorsa in seguito all’abbattimento di un elicottero russo MI-35 in forza all’aeronautica di Haftar ha reso ufficiale il ruolo di Parigi al fianco del governo di Tobruk, sostenuto dall’Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Russia: di fatto l’unico governo libico nato da elezioni, laico e contrapposto a quello di al-Sarraj appoggiato da milizie islamiste, da Qatar e Turchia e che prevede nel programma di governo la “sharia come unica fonte di legge”. 

In seguito a "un incidente di elicottero", Parigi ha ammesso per la prima volta che ci sono membri delle sue forze speciali nel Paese nordafricano. François Hollande ha detto che in Libia i militari francesi conducono "pericolose operazioni di intelligence", ha dichiarato il capo dello Stato. "La Libia stessa conosce un'instabilità pericolosa. Si trova solo a qualche centinaia di chilometri dalle coste europee. Tre dei nostri soldati che erano impegnati in queste operazioni hanno perso la vita. Rendo loro il mio omaggio davanti a voi", ha dichiarato il presidente. Le Drian ha elogiato "il coraggio e la dedizione di questi soldati impegnati al servizio della Francia e che svolgono tutti i giorni missioni pericolose contro il terrorismo", ma nessuna istituzione d’Oltralpe ha in realtà precisato quale effettivo ruolo militare abbia la Francia nelle operazioni in Cirenaica.

Secondo fonti libiche i militari sarebbero stati uccisi dalla milizia islamista "Camera per le operazioni per la liberazione di Agedabya", gruppo armato legato alla "Brigata per la difesa di Bengasi"  che ha annunciato di avere abbattuto un elicottero con militari a bordo. La milizia ha anche pubblicato online alcune immagini del velivolo abbattuto, evocando la presenza a bordo di almeno due francesi, un giordano e un libico. "Le forze francesi sono là per aiutare e fare in modo che la Francia sia presente ovunque nella lotta al terrorismo", ha spiegato il portavoce del governo, Stéphane Le Foll che tuttavia si è rifiutato di confermare la presenza di soldati francesi a bordo dell'elicottero abbattuto.

Il reparto di circa 150 militari francesi dislocato presso la base aerea di Benina, a 19 chilometri da Bengasi, pare comprenda paracadutisti della Legione straniera e dell'Esercito, Commando paracadutisti dell'Aria, incursori e fanti di Marina. Forze che si sarebbero rivelate decisive nella conquista di gran parte della città di Bengasi, impresa che Haftar conduce ornai da due anni. "L'aiuto delle forze speciali francesi ad Haftar rafforza gli ostacoli al processo politico", ha sottolineato una fonte citata da Le Monde criticando il sostegno di Parigi a un governo libico diverso da quello riconosciuto dalle Nazioni Unite e che ieri ha duramente criticato Parigi.

Dopo la morte dei tre militari francesi il governo di unità nazionale di Fayez al-Sarraj ha denunciato come una palese "violazione " della propria sovranità la presenza di truppe francesi nel Paese. La presenza francese rappresenta "una violazione del territorio libico", ha dichiarato il GNA in un messaggio sul suo profilo ufficiale, ritenendo che nulla "giustifichi un intervento" senza che Tripoli sia preventivamente informata. A fine giugno però lo stesso al Sarraj aveva rivelato che “un paese ci ha offerto sostegno logistico per l’operazione militare su Sirte” contro lo Stato islamico. Pur non rivelando il nome del paese in questione, il premier di Tripoli ha aggiunto di aver “ricevuto sostegno limitato anche con dei consiglieri per l’operazione al-Bunian al-Marsus”, l’attacco a Sirte.

Citato dal sito informativo libico al-Wasat al-Sarraj  aveva aggiunto di essere “lieto di accettare sostegno di questo tipo anche da altri Paesi amici e fratelli, ai quali chiediamo sempre di sostenerci per consentirci di salvaguardare l’integrità territoriale del paese”. Quentin Sommerville, corrispondente dell’emittente britannica Bbc e primo giornalista di una Tv occidentale a entrare a Sirte dall’inizio delle operazioni militari contro lo Stato Islamico, veva confermato la presenza di forze speciali britanniche con i miliziani di Misurata fedeli al governo di accordo nazionale di Tripoli. In particolare, i militari di Sua Maestà avrebbero individuato gli edifici dove erano appostati cecchini dell’Isis grazie all’utilizzo di droni tattici. Quindi i  francesi non sono certo gli unici occidentali presenti in Libia. Probabile, inoltre, la presenza di forze speciali americane, a Tripoli, Misurata ma anche in Cirenaica, forse solo con compiti di osservatori dei diversi fronti e milizie del conflitto libico.

Pur senza troppo clamore sono molti gli interventi militari di forze straniere che hanno costellato la Libia negli ultimi anni. Dai raid statunitensi contro terroristi dello Stato Islamico e al-Qaeda (l’ultimo in febbraio a Sabratha) alle incursioni egiziane a Derna, fino ai misteriosi bombardamenti sull’Isis accreditati ai jet egiziani o emiratini e al bombardamento di mercoledì ad Agedabia che ha ucciso 14 miliziani jihadisti e attribuito a una rappresaglia francese compiuta con i droni (ma i Reaper che Parigi ha acquistato negli USA non sono ancora armati). I media libici hanno riportato di raid aerei francesi con cacciabombardieri, secondo alcuni, con droni secondo altri, per vendicare la morte dei tre soldati ad al-Maqrun, 70 chilometri a sud-est di Bengasi.

Il quadro che emerge è quindi quello di una Libia terra di nessuno ma al tempo stesso campo di battaglia tra fazioni diverse e sostenute da interessi opposti che coinvolgono e lacerano anche gli Stati membri di alleanze di cui l’Italia fa parte. Una ragione in più per l’Italia per tutelare gli interessi nazionali respingendo sulle coste della Libia i flussi migratori sempre più massicci e fuori controllo. La scusa che non abbiamo l’autorizzazione per entrare nelle acque e sul territorio libico non regge da un pezzo ma il fatto che sul territorio e nei cieli della ex colonia italiana si muovano forze militari di diversi Paesi toglie ogni alibi all’immobilismo di Roma che continua a favorire trafficanti di esseri umani e terroristi.