La piccola, coraggiosa comunità cattolica del Brunei
Nel sultanato a maggioranza islamica i cristiani sono circa il 10% della popolazione e per metà sono cattolici, divisi in tre parrocchie
Il sultanato del Brunei, piccolo paese situato sull’isola del Borneo, è una monarchia assoluta. Due terzi dei suoi 460.000 abitanti sono musulmani. Nel 2014 il paese ha adottato la shari’a, la legge islamica, introducendo pene severe per reati quali i comportamenti definiti indecenti, la mancata partecipazione alle preghiere del venerdì, le gravidanze fuori dal matrimonio, l’adulterio, per il quale è prevista la lapidazione. I cristiani, metà dei quali cattolici, sono circa il 10% della popolazione. Soltanto il 10% sono autoctoni. Il 70% sono lavorati immigrati dalle Filippine e il 20% da altri paesi tra cui l’Indonesia, l’India e la Malesia. Nella World Watch List 2024 dell’ong Open Doors è 44°, dopo il Camerun e prima delle Comore, tra i paesi in cui la persecuzione contro i cristiani è classificata come molto elevata. Era 46° l’anno precedente. “I cristiani – spiega Open Doors – affrontano continue restrizioni nel vivere in pubblico la propria fede. Convertirsi dall’islam è illegale e la pressione è intensa per chiunque segua Gesù. Molte chiese protestanti non si possono registrare come ‘chiese’ e sono invece costrette a registrarsi come attività commerciali o come organizzazioni secolari, tenute, dunque, ad inoltrare resoconti finanziari al governo ogni anno. Il Brunei ha delle linee guida molto rigide per quanto riguarda i culti non-islamici. Sono proibite le celebrazioni pubbliche del Natale. I cristiani, quindi, possono celebrare il Natale in posti dove non vengono visti dai musulmani. Le Bibbie sono altamente controllate e importale è raramente permesso, se non per uso personale. Le attività delle chiese vengono monitorate e ogni condivisione della propria fede con persone musulmane è illegale. Tutti i cristiani bruneiani affrontano un qualche livello di discriminazione, anche se sono i convertiti ad essere particolarmente esposti alla pressione da parte dei familiari, delle comunità e del governo. Le donne che non indossano il velo islamico possono subire pressioni affinchè lo indossino e in alcuni luoghi pubblici – come scuole o collegi – le Bibbie sono messe al bando se la maggioranza delle persone, in quella comunità, è musulmana. In generale, il Brunei è un posto veramente difficile dove poter seguire Gesù, pieno di rischi e pressioni giornaliere”. Da tre anni oltre tutto la piccola comunità cattolica è priva di vicario apostolico in seguito alla morte, nel 2021, del cardinale Cornelius Sim, a sei mesi soltanto dalla sua elevazione al rango cardinalizio. Da allora i fedeli, divisi in tre parrocchie, sono guidati dal vicario generale Robert Leong. Nell’ambiente ostile che li circonda rappresentano una testimonianza esemplare di coraggio e tenacia nella fede. “Da noi non sta accadendo nulla di importante – dicono schernendosi – stiamo semplicemente cercando di mantenere viva la fede qui”. Il cristianesimo fu introdotto nel Brunei nel 1587 da missionari francescani. Tuttavia una Chiesa vera e propria esiste soltanto dal 1997.