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URBI ET ORBI

La Pasqua del Papa per i martiri cristiani

Nel messaggio Urbi et orbi per la Pasqua 2015, Papa Francesco ha voluto ancora una volta ricordare i cristiani perseguitati. «A Gesù vittorioso – ha detto – domandiamo di alleviare le sofferenze dei tanti nostri fratelli perseguitati a causa del Suo nome». Il Papa ha ricordato in modo speciale i cristiani trucidati in Kenya.

 

Ecclesia 05_04_2015
I corpi degli studenti cristiani dell'università di Garissa

Nel messaggio Urbi et orbi per la Pasqua 2015, Papa Francesco ha voluto ancora una volta – come aveva fatto in tutta la Settimana Santa – ricordare i cristiani perseguitati. «A Gesù vittorioso – ha detto – domandiamo di alleviare le sofferenze dei tanti nostri fratelli perseguitati a causa del Suo nome». Il Papa ha ricordato in modo speciale i giovani cristiani trucidati nell’Università di Garissa, in Kenya,  coloro che sono vittima di rapimenti – che continuano a colpire ragazze cristiane in Nigeria – o sono costretti a lasciare le loro terre e le loro case. A Pasqua dobbiamo pregare, ha insistito Francesco, «per quanti sono stati rapiti, per chi ha dovuto abbandonare la propria casa e i propri affetti».

Il ricordo nella preghiera si è esteso «agli emarginati, ai carcerati, ai poveri e ai migranti che tanto spesso sono rifiutati, maltrattati e scartati; ai malati e ai sofferenti; ai bambini, specialmente a quelli che subiscono violenza; a quanti oggi sono nel lutto». E ancora una volta il Papa ha condannato chi fomenta l’odio e chi ne profitta, tra cui «i trafficanti di armi, che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne». La preghiera per i cristiani perseguitati – che sono stati i grandi protagonisti della Settimana Santa del Papa – e per tutti i sofferenti ha avuto però nel giorno di Pasqua l’accento gioioso della consapevolezza della vittoria di Cristo. Preghiamo per i perseguitati: ma preghiamo «Gesù vittorioso». «L'amore ha sconfitto l'odio, la vita ha vinto la morte, la luce ha scacciato le tenebre!». Sì, «Gesù Cristo, per amore nostro, si è spogliato della sua gloria divina; ha svuotato sé stesso, ha assunto la forma di servo e si è umiliato fino alla morte, e alla morte di croce». Ma «per  questo Dio lo ha esaltato e lo ha fatto Signore dell'universo». 

E oggi «Gesù indica a tutti la via della vita e della felicità: questa via è l'umiltà, che comporta l'umiliazione. Questa è la strada che conduce alla gloria. Solo chi si umilia può andare verso le “cose di lassù”, verso Dio. L'orgoglioso guarda “'dall'alto in basso”, l'umile guarda “dal basso in alto”». Umiltà, preghiera, penitenza sono elementi essenziali della risposta cristiana alla violenza e all’odio. Papa Francesco lo aveva ricordato nell’omelia della Veglia Pasquale. La nozione stessa di vegli- ci ricorda che mai «dorme il Signore, veglia il Custode del suo popolo (cfr Sal 121,4), per farlo uscire dalla schiavitù e aprirgli la strada della libertà. Il Signore veglia e con la potenza del suo amore fa passare il popolo attraverso il Mar Rosso; e fa passare Gesù attraverso l’abisso della morte e degli inferi».

Come per i perseguitati di oggi, per i discepoli la notte prima della Resurrezione è «una notte di dolore e di paura». «Gli uomini rimasero chiusi nel cenacolo. Le donne, invece, all’alba del giorno dopo il sabato, andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù». Ma ecco le donne per prime, «entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca…» (Mc 16,5). «Le donne – ha commentato il Pontefice – furono le prime a vedere questo grande segno: la tomba vuota; e furono le prime ad entrarvi…». «Entrare nel sepolcro» significa «entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore. Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere… E’ di più, è molto di più!». Significa «capacità di stupore, di contemplazione; capacità di ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla». Entrare nel mistero «ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in sé stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi…». Entrare nel mistero significa «andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione».

Per entrare davvero nel mistero «ci vuole umiltà, l’umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedistallo del nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l’umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono. Per entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie idolatrie… adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero». È una Pasqua particolare, bagnata dal sangue dei cristiani assassinati. Nella Settimana Santa il Papa ha parlato delle diverse dimensioni della persecuzione. Ma a Pasqua si tratta di restare vicini ai perseguitati nell’adorazione e nella preghiera, si tratta d’imparare dalle donne del Vangelo, che «non rimasero prigioniere della paura e del dolore, ma alle prime luci dell’alba uscirono, portando in mano i loro unguenti e con il cuore unto d’amore. Uscirono e trovarono il sepolcro aperto. Ed entrarono. Vegliarono, uscirono ed entrarono nel Mistero. Impariamo da loro a vegliare con Dio e con Maria, nostra Madre, per entrare nel Mistero che ci fa passare dalla morte alla vita».