La parabola del seminatore, un tema caro a van Gogh
La parabola del seminatore è presente in tutti e tre i sinottici. Van Gogh ne era affascinato e la rappresentò perciò in diverse tele. Spiccano in particolare il Seminatore al tramonto, opera carica di misticismo, e il Seminatore di Winterthur, piena invece di melanconia…
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Come sappiamo, Gesù ha avuto una grande incidenza sull’umanità e ha cambiato la faccia del mondo. Nel periodo della sua vita pubblica, vediamo il Redentore a contatto con un’umanità variopinta, lasciandovi il segno. E non può essere diversamente: Gesù guarisce, lenisce le ferite del corpo e dell’anima, resuscita perfino i morti e pronuncia parole che cambiano la vita a coloro che lo ascoltano. Succede così con le parabole: piccole storie che servono a Gesù per trasmettere, con parole semplici, concetti a volte molto difficili, ma che richiedono riflessione e molto discernimento. I personaggi e le azioni delle parabole sono spesso simbolici e pieni di mistero.
“Parabola” in ebraico si dice mashal, che vuol dire racconto. Attingendo a scene di vita quotidiana, la parabola costruisce un paragone volto ad illuminare una realtà diversa. Era nota ai rabbini ed è presente già nell’Antico Testamento. La parabola è un genere letterario simile all’allegoria, eppure è diversa. Mentre nell’allegoria tutte le parti della narrazione trovano riscontro nella realtà che si vuole sottendere, la parabola mette a fuoco un insegnamento centrale cui mira tutta la narrazione andando, appunto, ad illuminare una realtà nascosta e sconosciuta. L’intento della parabola è quindi teologico: essa svela qualcosa del mistero del Regno di Dio, sebbene il Regno, come spiegherà l’evangelista Luca, sia Gesù stesso.
C’è perfino una parabola che spiega… l’enigma delle parabole: è quella del seminatore. In essa impariamo che il significato delle parabole viene rivelato solo a quelli che in qualche modo sono già dentro al mistero del Regno, a quelli che si sono ‘sbilanciati’ seguendo Gesù.
“Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose in parabole”. (Marco 4:1-2).
L’affermazione di Gesù, riportata da Marco, è sorprendente e può perfino sembrare un’ingiustizia: “A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato”. (Marco 4:11-12). Si cita qui, sia pure con qualche variante, un passo di Isaia che esprime in modo semitico come anche il rifiuto e l’incomprensione del progetto di Dio da parte del popolo è destinato al bene dell’uomo e alla sua salvezza. Il fatto che alcuni non comprendano li scagiona dalla responsabilità del rifiuto e rende possibile la loro salvezza. Quanti intendono però vengono compresi dal Mistero e perciò condotti a crescere e a rafforzarsi in esso, entrando nella logica del Regno.
La parabola del seminatore è presente nei Vangeli sinottici (Matteo 13:1-23, Marco 4:1-20 e Luca 8:4-15). A questa parabola dedicò molta attenzione e riflessione il pittore olandese Vincent van Gogh (1853-1890), il quale realizzò sul soggetto diversi disegni e tele.
Van Gogh era nato in un piccolo villaggio del Brabante olandese (Zundert). Questa regione, situata ai confini con il Belgio, apparteneva ai Paesi Bassi, che erano protestanti. Ma dal punto di vista religioso questa zona risentì delle influenze cattoliche delle Fiandre. Il padre e lo zio di Vincent erano pastori protestanti e appartenevano alla Scuola di Groninga, un movimento riformista sorto nell’Ottocento all’interno del calvinismo olandese che si ispirava all’Imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis e al Viaggio del pellegrino di John Bunyan.
Vincent stesso, dopo alcuni fallimenti (non solo nel lavoro, ma anche in amore), maturò in Inghilterra la vocazione religiosa. Per un periodo pensò di seguire le orme paterne. Il tentativo fallì, ma egli riuscì tuttavia a dedicarsi per un certo tempo alla predicazione come evangelizzatore laico. Esistono alcuni sermoni sul tema della semina dove van Gogh paragona Dio a un seminatore che “infonde la sua benedizione nel seme del suo Verbo gettato nei nostri cuori”. (Sermone del 1876).
Rileggiamo la parabola evangelica contemplando l’opera - il Seminatore al tramonto - realizzata dal pittore nel 1888 ad Arles, in Provenza, durante il suo soggiorno con Gauguin nella Casa Gialla. Il dipinto, un olio su tela di 64 x 80,5 cm, è conservato al Museo Kröller-Müller di Otterlo.
Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: “Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra cadde fra i sassi, dove non c’era molta terra, e subito spuntò perché non c’era un terreno profondo; ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. Un’altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. E un’altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno”. E diceva: “Chi ha orecchi per intendere intenda!”. (Marco 4:2-9)
Van Gogh ha lavorato per contrasto, proprio come Marco nelle sue parabole: i gialli accanto ai viola, la pennellata nervosa che riproduce le asperità del terreno, le zolle rimosse, la terra battuta del sentiero. Come il seminatore è tutt’uno col terreno così Vincent è tutt’uno con la sua pittura. Il sole cocente del sud della Francia viene riletto in chiave mistica e tutta la scena è impregnata di simbolismo religioso. Van Gogh, del resto, aveva guardato al suo grande maestro di Barbizon, Jean-François Millet (1814-1875), noto per il misticismo presente nelle sue scene di vita contadina. Aveva però rivestito i toni bruni e grigi dell’artista francese con i colori luminosi della Provenza.
In questo dipinto van Gogh dà alla parabola di Marco una lettura personale identificandosi con il seminatore. Vincent si sentiva, attraverso la sua pittura, un seminatore della Parola di Dio tanto quanto lo fu da evangelizzatore laico. La meditazione della Parola lo incoraggiava a non indietreggiare davanti al mancato riconoscimento della sua arte, ma a trasferire tutto sé stesso nel colore e nel soggetto che aveva dinanzi. Questo costituisce un grande insegnamento per noi: Cristo, narrando la parabola del seminatore, vuole invece preparare i suoi alla tragedia della croce. Una tragedia della quale parlerà apertamente nei capitoli successivi del Vangelo.
Questa parabola ci fa capire che il mistero del Regno non obbedisce alla logica del successo o delle conversioni di massa, ma conosce la logica del seme, fatta di attese, di maturazioni, di inizi modesti e di sviluppi lenti ma costanti.
Van Gogh dedicò, sempre nel 1888, un’altra tela al tema del seminatore (Il seminatore di Winterthur). Si tratta di un olio su tela, che misura 72×91,5 cm, esposto a Villa Flora, nella città svizzera di Winterthur. In esso il panorama è profondamente mutato, siamo in autunno e il sole cocente dell’estate è scomparso. Ogni misticismo è scomparso, il cielo fa da sfondo ad una comune città. La promessa di un generoso raccolto, così presente nell’altra opera, dove era rappresentata dalle spighe gialle, qui scompare e l’attenzione dell’artista è tutta concentrata sul terreno.
I rapporti con Gauguin si erano a quel tempo già deteriorati e Vincent percepiva l’infrangersi prossimo dei progetti che aveva coltivato con l’amico. Questa tela esprime perciò la melanconia di un autunno dell’anima, in cui la percezione dell’avvicinarsi dell’inverno lascia spazio alla paura che il seme non maturi, non resista ai rigori del gelo e soccomba.
Le opere che raffigurano la parabola del seminatore, come altre sue tele, esprimono con forza l’arte di questo artista immenso, che ha dipinto la grazia e il bisogno di religione attraverso gli oggetti più umili.