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ASIA

La nuova guerra fredda nel Pacifico: Taiwan, Corea e spionaggio

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E se stesse iniziando un nuovo conflitto in Asia orientale, dopo quelli in Ucraina e in Medio Oriente? Sono due le crisi militari nel Pacifico: Taiwan e la Corea. E aumenta lo spionaggio cinese in Occidente.

Esteri 16_10_2024
Guardia costiera di Taiwan segue i movimenti dei cinesi (La Presse)

E se stesse iniziando un nuovo conflitto in Asia orientale, dopo quelli in Ucraina e in Medio Oriente? Tutti questi conflitti sono collegati dalla nuova guerra fredda, che vede contrapporsi il blocco occidentale (Nato, Israele e alleati asiatici degli Usa) e un blocco euro-asiatico che include Cina, Russia e loro alleati minori, fra cui Nord Corea e Iran.

I fronti in Asia, a dire il vero, sono due contemporaneamente: Taiwan e la Corea, i due punti di crisi nel Pacifico rischiano di scoppiare assieme.

Taiwan è la crisi più evidente, se ne parla in prima pagina, perché coinvolge direttamente la grandi potenze, Cina e Usa. La crisi, ampiamente prevista dai militari taiwanesi, segue il discorso del presidente Lai Ching-te, per la giornata della nazione, un’arringa in difesa della sovranità e della democrazia dell’isola. La Cina, che non riconosce l’indipendenza taiwanese (la considera una “provincia ribelle” fin da quando vi si rifugiò il governo nazionalista, sconfitto da Mao nel 1949) ha reagito con le stesse manovre militari che aveva eseguito in maggio, il giorno dell’insediamento di Lai Ching-te. Le esercitazioni si chiamano anche con lo stesso nome: Spade Incrociate A nel maggio scorso e Spade Incrociate B questa settimana.

I numeri delle manovre cinesi battono ancora una volta un record: 125 velivoli militari (aerei, droni ed elicotteri), 17 navi della Marina e questa volta, per la prima volta anche altre 17 navi della Guardia Costiera. 90 aerei hanno passato il confine “di fatto” di Taiwan entrando nella “zona di interdizione” (non essendoci un confine riconosciuto, non si può parlare ufficialmente di “spazio aereo”, ma il concetto è lo stesso). Le navi della Marina hanno di nuovo effettuato manovre per implementare un blocco navale completo. Ha partecipato anche la portaerei Laoning che, con la sua scorta, si è posizionata a sudest di Taiwan. Le navi della Guardia Costiera hanno invece pittorescamente disegnato un grande cuore nell’oceano, attorno a Taiwan. Un “messaggio d’amore” come lo chiamano i cinesi. Che in realtà marca il possesso su quel territorio: la Guardia Costiera è quella che fa rispettare la legge in mare, il suo schieramento nella “provincia ribelle” indica che quell’area di mare e isole appartiene a Pechino.

A far meno notizia, ma ad essere non meno grave, è la nuova crisi in Corea. Non fa notizia, perché ormai si tratta quasi di ordinaria amministrazione. A parte qualche breve periodo di disgelo, gli scambi di minacce e i duelli di artiglieria non sono una novità. La Corea del Nord ha minacciato di sparare anche su Seul, in risposta a un sorvolo di droni sudcoreani nel territorio del Nord. Questi droni, carichi di volantini anticomunisti, sono a loro volta una risposta alle continue provocazioni del Nord, che ormai ha preso l’abitudine di spedire al Sud palloni aerostatici con carichi di rifiuti. La tensione militare ha provocato un’ulteriore stretta ai confini (nessuno può uscire o entrare nel regno eremita), non solo il regime comunista ha costruito nuove barriere e costituito altri campi minati. Ma ha anche fatto saltare in aria due strade che portavano al Sud, a Gyeongui e Donghae, nei pressi della città confinaria di Kaesong.

A questi due fronti asiatici caldi se ne aggiunge uno freddo, segreto: lo spionaggio cinese negli Stati Uniti e negli altri paesi occidentali. È di questa settimana l’allarme lanciato dalle agenzie di intelligence statunitensi: il volume dello spionaggio è tale che sta soverchiando le difese del controspionaggio. La Cina usa soprattutto il suo enorme esercito di hacker per penetrare nei segreti delle aziende e anche nelle infrastrutture occidentali. Si calcola che i pirati informatici che lavorano in Cina o per la Cina siano circa 600mila, un rapporto di 50 a 1 rispetto agli agenti del controspionaggio informatico che gli Usa possono schierare. L’attività è frenetica: solo lo scorso mese sarebbero stati crackati più di 260mila dispositivi connessi al Web. Lo spionaggio si estende anche ai porti, alle infrastrutture, alle istituzioni politiche, fino a tentare di penetrare lo stesso sistema di voto, in vista delle prossime elezioni. Sono le infrastrutture principali, come l’acqua e l’elettricità, quelle che vengono maggiormente hackerate.

La Cina userebbe anche il metodo tradizionale: gli agenti infiltrati anche ai piani più alti della politica. Il governo federale ha aperto un’inchiesta su una ex assistente della governatrice di New York, la democratica Kathy Hochul. E Pechino potrebbe esercitare una certa influenza sul candidato vicepresidente Tim Walz, attuale governatore del Minnesota che è stato più volte in Cina e, pur difendendo i diritti umani, ha mantenuto buone relazioni con gli uomini del Partito Comunista. Secondo Steven Mosher (antropologo inviso a Pechino per le sue ricerche sul campo sulla politica del figlio unico), le preoccupazioni sui possibili legami del potenziale futuro vicepresidente e il regime di Pechino «non potrebbero essere più ovvie per me, che sono un conoscitore della Cina di lunga data: Tim Walz ha da tempo un rapporto speciale con il Partito Comunista Cinese – come scrive in un suo editoriale sul New York Post - È tutto nel suo curriculum: l'approccio iniziale, le lusinghe, la joint venture, la nomina accademica, i viaggi e le conferenze pagate. L'intero processo si chiama “cattura delle élite”».