ARTE
La natura dei Brueghel
In una mostra a Como l'itinerario artistico di una famiglia che abbraccia quattro generazioni.
Cultura
07_04_2012
Siamo nelle Fiandre del 1500, nel pieno splendore dell'arte fiamminga. Quella dei Brueghel non è una semplice bottega, ma una vera e propria dinastia di pittori che abbraccia ben quattro generazioni. Il più noto, Pieter detto il Vecchio, ebbe due figli: Pieter detto il Giovane e Jan. Quest'ultimo ebbe undici figli di cui cinque pittori, per non parlare dei nipoti e dei generi che si dedicarono anch'essi all'arte, seguendo uno stile particolare. La mostra - che si apre con un'opera di Bosch, "I sette vizi capitali" - espone circa 100 opere tra dipinti, disegni, schizzi prodotti da questa singolare discendenza.
Fu certo Pieter il Vecchio ad aprire la strada a tutti. Non produsse mai opere per spazi aperti o chiese, fu però molto ricercato ed apprezzato dai collezionisti. In lui la riproduzione della realtà non avviene nelle corti o nei scintillanti salotti ma indagando la vita quotidiana del popolo, che fa da sfondo anche a dipinti di carattere religioso. E' il più caratteristico interprete dell'ambiente nordico.
Insuperabili i suoi quadri con i canali ghiacciati su cui pattinare e un velo sottile di neve sui tetti aguzzi nei villaggi popolati da creature indaffarate, come in "Villaggio Invernale". In "Danza all'aperto" i personaggi dimostrano nelle movenze e nell'espressione del viso tutta la loro rozzezza e grossolanità. Lo stesso popolo minuto nei loro costumi da contadini accorre all' "Adorazione dei magi".
Pieter il Vecchio fu anche disegnatore e incisore con precisione da cartografo. Nelle sue miniature non vi è la centralità del motivo dominante, ma spesso protagonista è la natura. Semplici scene di vita campestre: i contadini presso un carro al ritorno dal mercato, una sosta al ritorno dai campi, la strada di un villaggio con dei viandanti.
Il figlio Jan detto "pittore dei velluti" ripercorre le orme paterne, facendo spesso delle copie dei quadri paterni molto richiesti dal mercato dell'epoca. Il soprannome si deve alla sua maestria nel cimentarsi nelle sfumature quasi tattili dello stile floreale cui egli si dedicò. Abitò anche a Milano dove fu in rapporti con il Cardinal Borromeo, grande collezionista. Con lui ci fu il trionfo della cosiddetta "natura morta", inventata proprio dai fiamminghi: arrivò a rappresentare ben 58 specie di fiori in un un unico dipinto.
Ecco allora la Sacra famiglia incorniciata in una stupenda ghirlanda di fiori, tra cui spiccano tulipani screziati, molto di moda nell'epoca: i fiori, che spiccano su uno sfondo nero, sono anche il simbolo dell'effimero e della bellezza che svanisce. Numerose le allegorie dell'amore, della guerra, della pace, con dettagli quasi scientifici sugli oggetti, gli animali, dai pesci ai frutti, dalle farfalle agli insetti.
I Brueghel nelle loro opere mettono al centro la natura che da sfondo assume la dignità di soggetto: l'uomo viene così ridimensionato e perde d'importanza, mentre in Italia siamo in pieno Rinascimento. Qualche critico ha parlato anche di isolamento e di volontà di preservare la purezza fiamminga. Questo vale soprattutto per Pieter il Vecchio che pur soggiornando per alcuni anni a Napoli rimase fedele a uno stile tutto suo, con recupero della tradizione nordica.
"La dinastia dei Brueghel"
Como, Villa Olmo
Fino al 29 luglio 2012