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IL BELLO DELLA LITURGIA

La nascita di Maria, colei che sorge come aurora

Il modello iconografico della natività di Maria richiama quello della nascita di Gesù, se non fosse per la diversa ambientazione: un’umile stalla per il Redentore, una ricca dimora per Sua Madre. Nel Medioevo, Giotto eseguì un dipinto della natività nella splendida Cappella degli Scrovegni: al centro si vede una donna che porge a sant’Anna, come un dono, la Bambina in fasce. Più tardi si cimentò nel soggetto Lorenzetti, anche lui con esiti notevoli.

Cultura 07_09_2019

Giotto di Bondone, Nascita della Vergine, Padova – Cappella degli Scrovegni

“Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole…?” (Cantico dei Cantici 6, 10).

«Si compirono intanto i mesi di lei. Nel nono mese Anna partorì e domandò alla levatrice: “Che cosa ho partorito?”. Questa rispose: “Una bambina”». Non sono i Vangeli canonici ma è il Protovangelo di Giacomo che racconta la nascita di Maria, senza soffermarsi, tuttavia, su particolareggiate descrizioni o dettagli. Non se ne trovano neanche nel cosiddetto Pseudo Matteo, un apocrifo latino risalente all’VIII secolo e intitolato proprio alla Nascita della Beata Vergine e all’Infanzia del Salvatore.

Non da fonti letterarie cristiane, dunque, prende vita l’iconografia dell’episodio mariano, piuttosto da immagini o testi che narrano della nascita di un personaggio importante. Di per sé il modello della natività della Madonna richiama quello della nascita di Gesù, se non fosse per la diversa ambientazione: un’umile stalla per il Redentore del mondo, una ricca dimora per la Sua mamma. Gioacchino, si sa, era un uomo facoltoso.

Il soggetto, ampiamente replicato dalle icone bizantine, comparve in Occidente nel VI secolo in un dittico ora conservato a San Pietroburgo e in un affresco della chiesa di Santa Maria Antiqua nel Foro Romano. Sono queste le immagini archetipe da cui, poi, si sviluppò un tema tanto caro anche alla pittura più moderna. Giotto compreso.

All’inizio del 1300 si aprì, a Padova, il cantiere della Cappella degli Scrovegni intitolata alla Vergine. Sotto la calotta di un cielo blu oltremarino, Giotto eseguì il mirabile ciclo delle storie di Anna e Gioacchino, della vita di Maria e di Gesù. La Natività della Madonna è il primo riquadro del registro più alto della parete sinistra, guardando l’altare.

La casa che ci ritroviamo di fronte è la medesima in cui Anna aveva ricevuto l’annuncio dell’angelo. L’esile architettura, di stampo classico e leggermente scorciata, è l’ambito realistico in cui si muovono i personaggi che danno vita a tre momenti distinti. Al centro della stanza l’anziana madre allunga le braccia verso la donna che le porge la Bambina in fasce, già dotata di aureola. È un vero dono quello che Anna attende e che riceve, com’è un dono quello che l’ancella accetta da una donna sull’uscio aperto. Alcuni studiosi vi riconoscono un pane, allusione al cibo eucaristico che, attraverso Maria, verrà elargito agli uomini.

È una pittura, quella di Giotto, eloquente quanto la parola; le due nutrici ai piedi del letto che hanno, verosimilmente, appena finito di lavare e preparare la neonata – una addirittura le stringe il nasino con le mani perché nel Medioevo si pensava che questo gesto contribuisse a renderlo più bello – non fanno che ribadire la veridicità di quanto sta lì accadendo.

Qualche decennio più tardi toccò al senese Pietro Lorenzetti, già tra i frescanti della Basilica inferiore di Assisi, affrontare l’argomento. Nel 1342 il maestro sviluppò il tema nel polittico per l’altare di San Savino della Cattedrale di Santa Maria Assunta, conservato oggi nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena.

La scena, ardita dal punto di vista prospettico, si svolge sui tre pannelli centrali senza soluzione di continuità. La puerpera è adagiata sul letto, al centro di una stanza preziosamente descritta in tutte le sue suppellettili e pregevoli rifiniture. Anna, l’espressione stanca, circondata da ancelle diversamente affaccendate, riceve in visita una donna, mentre, nell’ambiente contiguo, sfondato dal Lorenzetti in profondità mediante l’apertura su un cortile porticato, un trepidante Gioacchino nimbato accoglie, da un giovane fanciullo, la notizia del parto.

I pennelli dei grandi artisti andarono  via via confermando nei secoli le parole che già i Padri della Chiesa avevano prodigato per celebrare questo evento: Maria, del resto, è il Tempio del Verbo Incarnato, dice san Pier Damiani, il primo passo per l’attuazione del piano di amore di Dio nei confronti dell’uomo. Per questo di Lei, come di san Giovanni Battista, si celebra non solo la nascita al cielo ma anche, l’8 settembre, giorno della dedicazione della basilica di sant’Anna a Gerusalemme, la venuta al mondo.