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GOVERNO

La metamorfosi di Conte, da prestanome a premier del Colle

Sia il presidente Mattarella che il premier Conte avevano mantenuto un profilo molto basso nel corso del primo anno di legislatura. Adesso, al contrario, si stanno distinguendo per contrastare la lite continua fra Di Maio e Salvini. E hanno ottenuto il rispetto dell'Ue. 

Politica 27_07_2019
Conte

La legislatura era iniziata con un Presidente della Repubblica dal profilo basso, che in perfetto stile notarile aveva impiegato ben tre mesi per risolvere l’intricato rebus della formazione di un governo, lasciandosi aperte tutte le possibilità. Pur non essendo particolarmente entusiasta di un asse Lega-Movimento Cinque Stelle, alla fine Mattarella acconsentì, proprio alla vigilia della Festa della Repubblica dell’anno scorso, alla formazione dell’attuale esecutivo.

La scelta di Giuseppe Conte fu vista come da tutti come un compromesso al ribasso: una figura nuova, un avvocato sconosciuto, chiamato a guidare un esecutivo tra “gemelli diversi”. Un uomo senza trascorsi politici destinato a non disturbare il protagonismo politico di Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

Fino a qualche mese fa sia Sergio Mattarella che Giuseppe Conte si sono caratterizzati per pacatezza e riservatezza, poi piano piano entrambi, in parallelo con l’inasprirsi delle tensioni tra i due vicepremier, hanno iniziato ad uscire dal guscio e a porsi come i principali e forse unici riferimenti istituzionali, sia in Italia che all’estero.

Pare che i capi dell’Unione Europea parlino soltanto con loro due e snobbino sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio. Bisogna dunque analizzare due metamorfosi fondamentali per il prosieguo della legislatura, sia quella di Conte che quella di Mattarella. Il premier si è trascinato dietro per tanto tempo l’epiteto di prestanome, giustificato anche in ragione di alcuni suoi comportamenti. Celebre la timidezza con la quale, durante il suo primo discorso alle Camere, Conte domandava a Di Maio se potesse dire una determinata cosa oppure se fosse meglio sorvolare. E’ lo stesso premier che ebbe in quella occasione una terribile amnesia sul nome di battesimo del fratello di Mattarella, quel Piersanti trucidato dalla mafia. E che ammise, anche successivamente, di non voler curare particolarmente la sua presenza sui social. L’esatto contrario dei due esuberanti vicepremier, che invece per lanciare proclami al Paese e per alimentare fastidiosi battibecchi tra di loro, usano quotidianamente Facebook e i videomessaggi.

Ma sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio hanno lentamente dovuto fare i conti con il protagonismo dell’inquilino di Palazzo Chigi, cresciuto nei sondaggi e diventato sempre più solidamente lo stabilizzatore dei precari equilibri tra i due alleati. Addirittura c’è chi lo paragona ad Aldo Moro.

Sembrava che il premier strizzasse l’occhio ai Cinque Stelle e contrastasse le aspirazioni salviniane, ma in verità di recente Conte, sia sulla Tav che su altre questioni, ha cercato davvero di mantenere equilibrio, e ha perfino fatto da parafulmine al Capitano al Senato in occasione del dibattito sui presunti fondi russi alla Lega. C’è chi addirittura ipotizza che lui abbia già un piano B per questa legislatura, d’intesa con il Quirinale: una sorta di governo di solidarietà nazionale, presieduto da lui, con tutti dentro (Lega esclusa), al fine di assicurare stabilità e fedeltà all’Europa. Ma gli altri potenziali alleati, Pd in testa, escludono nuove maggioranze senza passare da elezioni anticipate.

Rimane il fatto che l’ex “Signor nessuno” è ormai considerato colui che ha evitato al Paese la procedura di infrazione, colui che ci mette sempre la faccia e che gode di appoggi trasversali, risultando simpatico e affidabile anche in ambienti da sempre refrattari all’”homo novus”.

Anche il Presidente della Repubblica ultimamente è uscito dal guscio e nei giorni scorsi, oltre che richiamare il valore della libertà d’informazione (messaggio subliminale a Lega e Cinque Stelle che si stanno scannando sulla Rai?), ha esortato le forze politiche a lavorare per il bene del Paese mettendo da parte astio e animosità. E’ il preludio a un’azione energica del Quirinale per disinnescare le mine che mettono a rischio le sorti della legislatura? Mattarella, come ipotizza qualcuno, potrebbe presto inviare un messaggio alle Camere per puntellare il cammino di questo governo e sottolineare l’esigenza di consolidare la collocazione europea del Paese?

Si vedrà. Nel frattempo, però, bisogna prendere atto che questa non passerà in ogni caso alla storia come la legislatura di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, bensì come quella di Giuseppe Conte e del suo asse con il Quirinale.