La Madonna del Conforto splende ad Arezzo
La cattedrale di San Pietro e San Donato, di Arezzo, conserva la celeberrima Madonna del Conforto, la terracotta che splendette nel miracolo del 1796, dopo il terremoto. Il duomo è una sovrapposizione di stili lungo 7 secoli di fabbrica.
L’avvenimento che ha segnato la storia della diocesi di Arezzo contribuendo a fortificare la fede degli aretini è stato, senz’altro, il miracolo della Madonna del Conforto. Correva l’anno 1796 quando la città venne sopraffatta da scosse di terremoto. Fu allora che quattro popolani inginocchiati in preghiera videro illuminarsi una Madonna di terracotta il cui viso, annerito qual era, si fece bello e splendente. La piccola maiolica fu trasferita all’interno della Cattedrale e attorno ad essa, grazie alle generosi e spontanee donazioni dei fedeli, venne eretta una cappella in stile neogotico con tanto di abside, cupola e decorazioni neoclassiche. Oggi questo ambiente è il cuore del Duomo di Arezzo che, però, ha origini ben più antiche.
Fu il vescovo Guglielmino degli Ubertini ad avviarne la costruzione alla fine del XIII secolo, affidandone il progetto all’architetto Margaritone. A causa di numerose interruzioni il lavoro si concluse solo nel XVI secolo ma per la facciata si dovette addirittura aspettare l’inizio del ‘900.
Il portale aperto sul fianco meridionale, trecentesco, fu realizzato con materiale di recupero di un edificio pagano, mentre, dalla lunetta, scolpite nella terracotta, fanno capolino la Vergine col Bambino tra S. Donato e il Beato Gregorio X d’Arezzo, rispettivamente patrono e compatrono della città.
La chiesa ha pianta a tre navate, scandite da possenti pilastri che accentuano la verticalità dello spazio, senza transetto e con abside poligonale caratterizzata dalla presenza di tre bifore piuttosto alte. A cavallo degli anni Venti del XVI secolo l’artista francese Guillame Marcillat, cui si deve anche la scalinata esterna, dipinse le storie bibliche sulle prime volte della navata centrale e laterale di sinistra, e realizzò il bellissimo ciclo di vetrate con episodi del Nuovo Testamento, a cominciare dal rosone in controfacciata il cui vetro colorato illustra un’imponente scena di Pentecoste . Alle spalle dell’altare maggiore trova posto l’arca del titolare dell’edificio, San Donato, morto martire nel IV Secolo. L’urna marmorea è il frutto di un lavoro a più mani, intrapreso nel corso del Trecento da scultori aretini, senesi e fiorentini che nella dura pietra raccontarono, tra guglie e pinnacoli, la storia del Santo che qui riposa.
Un altro pregevole cenotafio è quello del Vescovo Tarlati, già nella Cappella del Sacramento e ora sul fianco della navata sinistra. Si tratta di una monumentale edicola con arco a tutto sesto, firmata nel 1330 da Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura che tra episodi della vita del prelato celarono espliciti messaggi politici ghibellini. Proprio qui accanto, Piero della Francesca affrescò, tra il 1460 e i 1466, la figura di Maria Maddalena in dimensioni naturali, che sullo sfondo di un cielo azzurro e incorniciata da un’arcata a tutto sesto, guarda in basso verso lo spettatore.
Artisticamente notevoli sono anche le sculture del battistero esagonale per le quali venne coinvolta la scuola di Donatello la cui mano magistrale si riconosce nel rilievo del Battesimo di Cristo.