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L'ANALISI

La lunga marcia (interrotta) dei cattolici cinesi

Per questi ultimi trent’anni in Cina la Chiesa Cattolica non è cresciuta velocemente rispetto ad altre religioni. Infatti è cresciuta molto lentamente e negli ultimi anni ci sono segni di regressione. Parla il reverendo prebiteriano Chan Kim-kwong.

Libertà religiosa 14_03_2018

Nel corso dei decenni scorsi alcuni autori si sono dedicati ad approfondire da un punto di vista giuridico e teologico i rapporti fra la Cina comunista e il Vaticano. Ad esempio a suor Beatrice Leung che ha dedicato numerosi studi a questo argomento. Un altro studioso, questa volta protestante, è il reverendo Chan Kim-kwong, pastore presbiteriano. Egli ha dedicato numerosi studi alla questione Cina-Vaticano, avendo anche conseguito titoli in istituzioni accademiche cattoliche. È Honorary Research Fellow presso il Universities Service Center for China Studies della Chinese University di Hong Kong. La Nuova BQ l'ha intervistato. 

In questi giorni si parla molto dei rapporti fra Cina e Vaticano. Alcuni hanno detto che la realtà è molto più complessa di quello che si legge nei giornali. Che ne pensa?
“In Cina, parlando di situazioni a livello locale, le cose sono molto più complesse, anche per ragioni storiche. Per esempio in alcune comunità la situazione è stabilita dalla politica locale, piuttosto che da quella a livello nazionale. Quando ascolto le notizie mi chiedo dove è accaduto quel fatto e qual è la situazione in quella località, piuttosto che saltare a delle conclusioni o rischiare di generalizzare come se quel fatto rappresentasse una tendenza generale”.

Lei è un ministro presbiteriano ma ha un interesse da molti decenni per argomenti che hanno a che fare con la Chiesa Cattolica. Perché?
“Trenti anni fa ho avuto l’opportunità di studiare riguardo la Chiesa Cattolica in Cina e ho avuto la possibilità di farlo in un istituto pontificio, che offriva una delle migliori formazioni a livello teologico. Quindi sono entrato in questo programma e per il mio background cinese mi sono interessato alla Chiesa Cattolica in Cina. Questo succedeva all’inizio degli anni ‘90 e a quel tempo non c’era molto su questo argomento. Quindi fui in grado di vedere cose dietro la cortina, sono stato aiutato da persone dentro e fuori la Chiesa Cattolica ad avere informazioni che altrimenti non avrei potuto avere”.

La Chiesa in Cina è in molte difficoltà, specie la comunità clandestina, che è stata ed è perseguitata. Lei dice che la situazione è difficile e che dipende molto dalle situazioni locali. C’è anche un trend politico generale in questo senso?
“La Cina è un paese così grande! La popolazione è di circa un miliardo e quattrocento milioni di persone, più grande della popolazione dell’Europa occidentale messa insieme. Anche in Europa c’è una grande differenza, ad esempio, fra Albania e Scandinavia, così in Cina. La Cina non è una singola entità, ma è composta da diverse situazioni geografiche, diversi atteggiamenti del governo. Per esempio nelle provincie del sud il governo è molto più liberale, mentre nel centro e al nord il governo ha un comportamento molto più restrittivo. Le comunità religiose in Cina sperimentano una situazione diversa dipendendo da dove sono. In un senso generale, il governo sta rafforzando il suo controllo su tutte le religioni, questo succede dal 2013, dalla nuova presidenza di Xi Jinping. E ora, con il secondo quinquennio, queste restrizioni sembrano ancora più rafforzate”.

Quindi, seguendo quello che sta dicendo, non pensa che fare un accordo in queste condizioni sarebbe molto sfavorevole?
“È una questione morale o teologica? Per le implicazioni pratiche io farei qualche considerazione. Per questi ultimi trent’anni in Cina la Chiesa Cattolica non è cresciuta velocemente rispetto ad altre religioni. Infatti è cresciuta molto lentamente e negli ultimi anni ci sono segni di regressione. In altre parole, ci sono segnali di una contrazione, in generale. Stava crescendo alla fine degli anni ‘80 e all’inizio degli anni ‘90 ma ora la situazione è di declino, non solo in numeri ma anche come influenza sociale. Ora sembra avere un’influenza marginale nella società cinese”.

Ma su cosa basa questa valutazione?
“Ci sono delle statistiche. Intendo dire che sta regredendo rispetto ad altre religioni. Parlando in senso relativo. Questo può dipendere dal fatto che ora la gioventù in Cina ha molte più opzioni da cui scegliere. I protestanti crescono di più. I Cattolici negli anni ‘80 erano 3/4 milioni, come i protestanti. Ora i protestanti vengono dati da stime anche prudenti nell’ordine dei 40/50 milioni, mentre i Cattolici sono ad un massimo di 12 milioni. Questo è di poco al di sopra  il livello di crescita biologica, perché anche la popolazione sta crescendo”.

Noi parliamo molto di questioni politiche, ma sappiamo molto poco di una teologia cinese. Sinteticamente, cosa è specifico di questa teologia cinese?
“In effetti non c’è una teologia cinese ancora, ma tentativi da parte di vari teologi di contestualizzare la cultura e l’esperienza cinese nella fede cristiana. Ci sono queste aspirazioni proprie dei cinesi che sono integrate nella teologia cristiana in generale, come è stato fatto fin dal tempo di Matteo Ricci. Ma ora la Chiesa Cattolica non si occupa di questo perché preoccupata della sopravvivenza. Da parte protestante ci sono dei tentativi in questo senso ma anche qui c’è una preoccupazione per la crescita e il consolidamento delle chiese. Anche qui torniamo a quello che dicevo prima; perché c’è questa urgenza di fare questo accordo? Io intuisco che la ragione sia che la santa sede vuole normalizzare la situazione della Chiesa in Cina, situazione che ora non è normale, è divisa in due fazioni e molte energie sono spese nelle lotte intestine invece di impegnarsi nella società cinese. Ecco perché perdono possibilità di avere un’influenza a livello sociale, perché sono impegnati a combattersi uno con l’altro. Quindi immagino che questa sia la ragione di ciò che succede, non c’è una ragione morale o teologica, ma una ragione pastorale e pratica”.

In molti media c’è stata la notizia che un vescovo cattolico avrebbe detto che la Cina è il paese che ha applicato meglio la dottrina sociale della Chiesa. Questa dichiarazione ci ha molto sorpreso, non in un senso positivo. Qual è la sua opinione?
“Quando ho ascoltato quella dichiarazione. Da un lato è vero che la Cina ha fatto molto negli ultimi 20 anni per la povertà della gente e la distribuzione della ricchezza è migliore rispetto al passato. È difficile usare parole impegnative in questo caso, ma in paragone con il passato le condizioni di vita e l’aspettativa di vita sono migliorate. Ma da un altro lato, ho visto molti problemi con la droga in Cina, ho collaborato con centri di riabilitazione, il problema della droga è enorme in Cina. Forse Sua Eccellenza come ospite VIP del governo non è stato in grado di visitare quei posti ma pur non visitandoli, questo non significa che non esistono”.

Cosa pensa del Cardinal Zen?
“Ho un grande rispetto personale per il Cardinal Zen. Anche se non necessariamente lo seguo in tutte le sue posizioni, lo considero un uomo di grande integrità, grande attenzione ai poveri, un vero uomo di Dio. Ho veramente un profondo rispetto per lui”.