La lotta al secolarismo di Macron per esaltare l'islam
Il presidente francese erge il secolarismo ad avversario, così da presentare l'islam come resistenza ad esso. Il primo alleato nella sua battaglia è la Chiesa cattolica, mentre ha spianato la strada ai Fratelli Musulmani affidando loro la «politica urbana» e investendo miliardi per la formazione dei musulmani e per i pellegrinaggi alla Mecca.
La Francia è un Paese quasi a metà. Da una parte i francesi, i non musulmani, dall'altra gli islamici. Due società che con difficoltà convivono negli stessi confini. E la strategia che il suo presidente Macron sta mettendo in atto non sembra avere come fine ultimo quello di contrastare il pericolo. Al contrario, siamo dinanzi a un tentativo istituzionale di perpetrare la separazione tra francesi e musulmani.
«La Francia ha un problema con l'islam; con le donne velate e con l'immigrazione di massa. Come si può evitare una separazione della società? Perché è quello che sta accadendo: una società divisa». Pochi mesi prima di lasciare il testimone a Emmanuel Macron, François Hollande ammetteva in questi termini il problema francese. Per Macron, invece, dal primo giorno, il problema è il "secolarismo radicale". A dicembre 2017, solo pochi mesi dopo la sua elezione, Macron organizzava un incontro con i rappresentanti delle sei più importanti religioni - cattolica, protestante, ortodossa orientale, musulmana, ebrea e buddista - all'Eliseo. Là Macron avrebbe apertamente criticato «la radicalizzazione del secolarismo». Quella del presidente è una strategia chiara: ostracizzare il secolarismo per ergerlo a nuovo avversario, in modo che l'islam politico non sia un problema, ma la resistenza ad esso sì.
Il primo alleato che Macron ha cercato di guadagnarsi è stata la Chiesa cattolica. Il legame tra Stato e Chiesa è stato reciso nel 1905, e così, quando ad aprile ha tenuto un discorso nel sontuoso collegio dei Bernardini, ha consegnato ad una platea di circa 400 personaggi del mondo cattolico un erudito discorso che non ha fatto che ribadire un unico concetto, "riparare il legame danneggiato tra Chiesa e Stato". E in quell'occasione si guadagnò una bella standing ovation.
Messa in tasca l'alleanza con la Chiesa cattolica, il presidente è passato alla seconda fase della sua strategia di partizione del suolo francese. Avviare il processo di potenziamento dei musulmani in Francia affidando loro le chiavi «della politica urbana». Negli ultimi 40 anni lo stato francese ha versato 48 miliardi di euro in progetti di riqualificazione delle periferie degradate che ospitano milioni di immigrati di prima, seconda e terza generazione. Ma i nuovi edifici messi a disposizione hanno prodotto l'effetto opposto a quello desiderato: rivolte ricorrenti, attentati, aggressioni nelle scuole e anche nei commissariati, spaccio di droga in ogni dove, proliferazione di moschee salafite e oltre 1700 jihadisti arruolati nell'Isis.
È così che a maggio Macron ha detto 'no' ad un ennesimo "piano banlieue" e ha creato il "consiglio presidenziale delle città". Una struttura politica composta principalmente da personalità musulmane - sono i due terzi dei membri totali del Consiglio - e da rappresentati di organizzazioni che lavorano nei sobborghi. Un organismo che oggi ha il compito di monitorare la politica urbana senza i miliardi del passato, ma con un comitato consultivo musulmano capace di reindirizzare i soldi della vecchia politica. Le agenzie coinvolte nel finanziamento della ristrutturazione e riqualificazione dei quartieri nelle "aree urbane sensibili" o no go zone, erano l'ANRU (Agenzia nazionale per il rinnovamento urbano) e l'ACSÉ (Agenzia per la coesione sociale e le pari opportunità). Entrambe queste agenzie saranno presto sostituite dall' "Ufficio del Commissario generale per l'uguaglianza territoriale".
Nel progetto c'è un bilancio per il 2018 pari a 429 milioni di euro. Ma l'idea di affidare le chiavi dei sobborghi musulmani alle organizzazioni islamiche non è nuova: è stata formulata per la prima volta dal consigliere di Stato Thierry Tuot nel famoso rapporto, "la grande nazione: per una società inclusiva", presentato nel 2013 all'allora primo ministro Jean-Marc Ayrault. La principale proposta contenuta nella relazione era di trasferire la politica urbana alle organizzazioni islamiche, riducendo il ruolo dello Stato solo al sussidio.
Perché il progetto di Macron fosse un successo sono state votate due riforme di legge nell'ambito della "legge per uno Stato al servizio di una società fidata". La prima ha abolito l'obbligo delle associazioni religiose di dichiararsi come "lobby". Misura che ha di fatto, così, spianato la strada ai Fratelli Musulmani, per esempio, che da oggi hanno un'opportunità in più di fare pressione sul Parlamento senza lasciare alcuna traccia. La seconda, invece, stracciando ufficiosamente la legge sulla laicità dello stato del 1905, ha autorizzato tutte le organizzazione religiose ad agire come privati nel mercato immobiliare. In questo modo, allora, comuni e regioni saranno privati della capacità di appropriarsi di terreni o edifici venduti da una chiesa o da una moschea.
La terza fase del progetto Macron consiste, invece, nel tentativo di costruire un "islam di Francia" che non sia più un mero "islam in Francia". «Non appena questo autunno, daremo all'islam una struttura e regole, saremo sicuri che questa religione sarà professata coerentemente con le leggi della Repubblica», ha detto Macron. Una dichiarazione eclatante visto e considerato che la legge del 1905, che garantisce la separazione tra stato e Chiesta, è accettata da tutte le religioni meno che dall'islam: perché la religione di Maometto non contempla l'esistenza della società secolare, ma solo la shari'a che regola in toto la vita dell'uomo.
Per adeguarsi all'islam la Francia vorrebbe seguire il modello austriaco ma con un fine diverso. Come Kurz, Macron vorrebbe tagliare i legami finanziari tra le comunità musulmane francesi e i loro paesi di origine - come Marocco, Turchia e Algeria -, applicare un'imposta sul business halal, che produce oltre 6 miliardi di euro l'anno e, qui la differenza con l'Austria, utilizzare queste entrare fiscali per formare imam "repubblicani" in Francia. Il governo pare anche intenzionato a creare una sorta di agenzia nazionale per organizzare pellegrinaggi alla Mecca. Stimata in oltre 250 milioni di euro, l'attività di pellegrinaggi è affidata a circa quaranta agenzie di viaggio musulmane approvate direttamente dal Ministero dell'hajj dell'Arabia Saudita. Si dice che molte agenzie di viaggio musulmane operino illegalmente, e facciano pagare prezzi esorbitanti per un cattivo servizio. Quindi, Macron vorrebbe riformare e dare al sistema un'apparenza di "normalità": questi la "struttura" e le "leggi" di cui parla Macron.
Ma la vera domanda è: chi dirigerà e gestirà questa struttura? La Fratellanza Musulmana che controlla più di 2.000 moschee in Francia? O una squadra di tecnocrati musulmani vicini al presidente ma senza legami con moschee, imam e la comunità musulmana? Ma soprattutto è compito dello Stato organizzare e formare i musulmani di domani? Lo scopriremo presto, intanto si sta diffondendo la voce che Tareq Oubrou, imam di Bordeaux, e noto per essere una figura di spicco della Fratellanza Musulmana, potrebbe diventare il "Grand Imam of France".