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L’INSEGNAMENTO

La lode e il canto a Dio, spiegati da san Tommaso

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Ricorre oggi il settimo centenario della canonizzazione di Tommaso d’Aquino. Il quale nel suo capolavoro, la Summa Theologiæ, dedicò due articoli alla musica in rapporto a Dio, rispondendo a obiezioni comuni.

Ecclesia 18_07_2023

Si compie oggi il settimo centenario da quando quel fedele servitore della verità che risponde al nome di Tommaso d’Aquino († 1274) fu iscritto nell’albo dei Santi. Avvenne il 18 luglio 1323 ad opera di Papa Giovanni XXII († 1334), che, dopo aver predicato intorno al Salmo 85 e aver cantato il Veni Creator e prima di cantare Te Deum, In medio Ecclesiæ e Os iusti, canonizzò san Tommaso nella Cattedrale Metropolitana di Notre-Dame des Doms in Avignone (L. V. GERULAITIS, The Canonization of Saint Thomas Aquinas, Vivarium 5, 1967, p. 41). Già parlando ai Cardinali in Concistoro, aveva onorato sia le virtù, sia la dottrina di Tommaso: «Egli illuminò la Chiesa di Dio più di qualunque altro Dottore; e ricava maggior profitto chi studia per un anno solo nei libri di lui, che chi segua per tutto il corso della sua vita gl’insegnamenti degli altri». Parole che fanno eco a quelle di Papa Alessandro IV († 1261), che scriveva al santo vivente: «Al diletto figlio Tommaso d’Aquino, uomo eccellente per nobiltà di natali e onestà di costumi, che per grazia di Dio si acquistò un vero tesoro di coscienza e dottrina» (cfr. PIO XI, Studiorum Ducem, 1923).

Una delle 512 questioni e in particolare due dei 2669 articoli del suo capolavoro, la Summa Theologiæ, quell’opera monumentale rimasta incompiuta, si occupano anche di musica. Nella II-II, q. 91, a. 1-2, l’Aquinate si pone due quesiti: se Dio vada lodato con le labbra e se nella lode di Dio si possa fare uso del canto.

Il primo interrogativo fa affiorare alla mente gli argomenti un po’ sempliciotti del giornalista e scrittore Corrado Augias: «Pregare perché dio faccia o non faccia una certa cosa implica che la sua volontà possa essere influenzata, è la stessa logica di chi invoca un miracolo». Inoltre, Augias prosegue dicendo che «ogni dio è, per il suo credente, molto buono e onnipotente. Perché dunque volerne piegare la volontà secondo i nostri interessi?» (Ne La Repubblica, 4 aprile 2012). A lui, che si definisce credente «in una specie di armonia universale che ci unisce tutti», e a coloro che la pensano come lui, risponde san Tommaso: «La ragione per cui rivolgiamo la parola a Dio è diversa da quella per cui la rivolgiamo a un uomo. […] A Dio [la] rivolgiamo [...] non per manifestare il nostro pensiero a lui, scrutatore dei cuori; ma per indurre noi stessi e coloro che ci ascoltano ad onorarlo. Perciò la lode delle labbra è necessaria non a motivo di Dio, ma a motivo di chi la pronunzia, perché in tal modo i suoi affetti vengono dalla lode eccitati verso il Signore […]. E l'uomo, per il fatto che con la lode divina si innalza verso Dio, per ciò stesso viene distolto dalle cose a lui contrarie» (II-II, q. 91, a. 1, in Somma Teologica, Nuova Edizione Italiana a cura di P. Tito S. Centi e P. Angelo Z. Belloni). In tal senso la musica ha la possibilità di esortare, risvegliare e purificare, stimolare gli animi ad compunctionem, ad affectum Dei.

Dopo questo chiarimento intorno all’utilità per il cristiano della preghiera vocale e della lode divina, il santo Dottore s’interroga circa l'utilità del canto e dell’uso degli strumenti musicali durante la preghiera: «Come si è visto nell'articolo precedente, la lode vocale ha il compito di eccitare l'affetto dell'uomo verso Dio. Perciò tutte le cose che possono servire a tale scopo possono convenientemente essere usate nelle lodi divine. Ora, è risaputo che l'animo umano viene disposto diversamente secondo le varie modulazioni dei suoni, come han fatto notare Aristotele e Boezio. Perciò fu opportunamente stabilito che nelle lodi divine si facesse uso del canto, per eccitare in modo più efficace alla devozione le anime meno progredite» (II-II, q. 91, art. 2, ibidem). E ai cantanti che cadono nella tentazione del protagonismo, san Tommaso ricorda che «san Girolamo non riprova il canto in modo assoluto, ma rimprovera coloro che in chiesa cantano come si è soliti fare in teatro, non per eccitare la devozione, ma per ostentazione, o per il solo godimento» (II-II, q. 91, art. 2, ad 2, ibidem).

Quale prezioso insegnamento viene da questo «maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia» (GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, n. 43) ai molti illusi che, da oltre cinquant’anni, lo hanno sostituito con Karl Rahner († 1984) e la sua «svolta antropologica»! Quale forza possiamo ricevere noi, musicisti, compositori, cantori delle Cappelle liturgiche, organisti e strumentisti di chiesa, dalle parole del Doctor communis! Vogliamo concludere facendo nostre le parole pronunciate da Papa Pio XI, durante l’udienza ai membri della Pontificia Accademia Romana di San Tommaso d’Aquino, il 18 marzo 1923, prima del sesto centenario della canonizzazione dell’Angelico Dottore: «Celebreremo questo centenario rendendo gloria a Dio, ringraziandolo di averci dato in Tommaso d’Aquino una così larga rivelazione della sua infinita bellezza, degli infiniti splendori di quella Sapienza che è Lui stesso. Ci edificheremo agli esempi di quel grande da Dio suscitato e che da Dio mai tolse lo sguardo dedicando tutta la sua vita alla gloria della Chiesa di Dio» (in COLLEGIO URBANO DE PROPAGANDA FIDE, Alma mater, 5, Roma 1923, p. 130).