La lobby gay all'assalto del Mulino Bianco
La prepotenza della minoranza gay è tale da rendere ormai ridicola ogni pretesa, come quella di voler imporre a Barilla spot con "famiglie" gay. Ma il modo in cui è nato il caso dovrebbefar riflettere sul cinismo di certi giornalisti che per un lettore o ascoltatore in più ucciderebbero la madre in diretta. Chissà se Barilla cederà al ricatto della lobby gay come hanno già fatto alcuni suoi concorrenti. Quel che è certo è che è in arrivo la dittatura più grottesca della storia.
Chi si aspetta che chi qui scrive si lanci in una diatriba contro l’ideologia gay per il boicottaggio internazionale della Barilla resterà deluso. La prepotenza della mini-minoranza omo è ormai tale da avvolgere di ridicolo ogni sua ennesima pretesa. Del resto, alle carnevalate è avvezza, basta guardarla in parata nei cosiddetti Gay Pride («orgoglio»: ma de che? boh).
No, mi pare piuttosto il caso di concentrare l’attenzione sull’origine del caso. Infatti, il vero responsabile dell’attuale bailamme-tempesta sulla Barilla è il cinismo di certi giornalisti che per un lettore in più o un punto di share sgozzerebbero la mamma in diretta. Partendo dalle dichiarazioni della solita Boldrini (enfatizzate dalla solita stampa, anziché trattate da quel che meritano: un’alzata di spalle e poi via ad occuparsi di cose serie), la quale lamentava gli spot pubblicitari dei prodotti casalinghi che vedono sempre una donna a servire a tavola, un paio di conduttori radiofonici hanno provocato Guido Barilla: perché non fate mai spot con «famiglie» (le virgolette sono mie) gay?
E quello ha risposto, in pratica, che ognuno i suoi spot, coi suoi soldi, li fa come gli pare. Ma i summentovati conduttori avevano ormai trovato l’argomento da sicuro share e a quel punto non hanno smesso di incalzare il presidente del gruppo Barilla fino all’esasperazione e allo sfinimento, stringendolo all’angolo con una raffica di domande tendenziose (ben sapendo di metterlo in difficoltà, dato il trend politicamente corretto). Alla fine il Barilla ha dovuto dire quel che gli si stava cercando di strappare di bocca fin dal primo momento: se a un gay non piace il mio spot può comprarsi un’altra marca di pasta.
Bingo. «Malanno, tu sei scatenato, prendi il corso che vuoi», dice l’Antonio shakespeariano dopo avere aizzato il popolo di Roma contro gli assassini di Cesare. Adesso i conduttori-seminatori di zizzania, sazi e appagati, possono tornare a casa ad abbracciare i loro pargoli. Hanno fatto il loro mestiere, li pagano per questo. Bel mestiere, verrebbe da dire. Eppure è un mestiere ambitissimo, per il quale molti sarebbero disposti a tutto (ma proprio a tutto). E, se azzecchi la zizzania giusta, ci fai pure una folgorante carriera, finendo magari in prima, pagatissima, serata, attorniato da altri famelici che ti intervistano, ti fotografano mentre sei in vacanza, ti mettono in copertina mentre ti cambi il costume da bagno, invitano tua madre ai talkshow.
Avete mai visto quei film «giudiziari» americani in cui uno esce dal tribunale e, sulle scale, è assalito da una torma di reporter alla disperata ricerca di una dichiarazione? Spintoni, gomitate, microfoni che sbattono tra loro, una turba scalmanata che corre dietro a quello, mentre lui cerca di guadagnare l’auto e magari li manda al diavolo a male parole. Giovani, è questo il mestiere che sognate? Contenti voi…
Ora, l’«incauto» Barilla probabilmente si mangia le mani per avere accettato l’invito alla trasmissione. La lobby gay mondiale gliel’ha giurata e già i concorrenti di mercato si preparano a fargli le scarpe con spot gay-friendly. Ikea, Eatitaly e Benetton si sono adeguati da tempo, ora affilano le armi Buitoni e Garofalo, anche loro pastai internazionali. Ma per questi ultimi si apre il dilemma, sul quale faranno bene a riflettere prima di cedere al primo impulso: quanta pasta mangiano i gay e i loro amici ideologici? I favorevoli alla famiglia naturale sono ancora tanti e non so quanto uno spot in cui lui serve amorevolmente, con tanto di grembiulino, la pastasciutta al suo partner farà passare l’appetito a tutti gli altri. Ma vabbe’, prepariamoci.
Prepariamoci, noi cattolici, tacciati di «omofobia», a un periodo di persecuzione. Ci siamo abituati: sempre le minoranze agguerrite e instancabili l’hanno avuta vinta e hanno imposto la loro dittatura sugli altri. Solo che le dittature giacobina, nazista e sovietica erano tetramente serie. Quella che si prepara è invece grottesca, e ritrovarsi in galera perché contrari alla «famiglia arcobaleno» sarà quanto meno imbarazzante da raccontare ai posteri.