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RELIQUIE

La lingua incorrotta di sant'Antonio benedice ancora il Signore

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"O Lingua benedetta, che sempre benedicesti il Signore, e lo facesti benedire dagli altri: ora appare manifesto quanti meriti avesti presso Dio" (San Bonaventura). Di sant'Antonio di reliquie ne restano tante, soprattutto la lingua incorrotta e l'apparato vocale, con cui predicò in vita. 

Ecclesia 13_06_2023
S. Antonio, Cappella delle Reliquie

Il significato letterale del termine reliquia - dal latino reliquia - in generale è: frammento, ciò che resta ed è riferito al corpo umano o ad una sua parte. «Le reliquie nella Chiesa hanno sempre ricevuto particolare venerazione e attenzione perché il corpo dei Beati e dei Santi, destinato alla risurrezione, è stato sulla terra il tempio vivo dello Spirito Santo e lo strumento della loro santità, riconosciuta dalla Sede Apostolica tramite la beatificazione e la canonizzazione», così recita l’Istruzione della Congregazione delle Cause dei Santi su “Le reliquie nella Chiesa: Autenticità e Conservazione” del 16 dicembre 2017.

E di sant’Antonio di Padova, del quale oggi viene celebrata la memoria, di reliquie ne sono rimaste non poche. Testimonianza visibile di tutto ciò è la famosa cappella detta appunta “delle reliquie” (o “del Tesoro”) custodita nella Basilica del Santo a Padova. La cappella fu eretta verso la fine del XVII Secolo in sontuoso stile barocco. Il progetto fu disegnato dall'architetto e scultore Filippo Parodi. Dell’artista barocco sono anche le statue che si ergono sulla balaustra: san Francesco d’Assisi, la Fede, l’Umiltà, la Penitenza, la Carità, e san Bonaventura. Mentre, sopra la nicchia centrale, ecco comparire sant’Antonio nella gloria del Paradiso. La cappella è formata da tre nicchie nelle quali sono esposti decine di reliquiari, calici, ex-voto e autografi di santi. La nicchia centrale è la più importante perché in un affascinante e bellissimo reliquiario del 1436 - opera dell’orefice Giuliano da Firenze - è conservata la lingua incorrotta di sant’Antonio; sopra, vi è esposto alla venerazione dei fedeli il suo mento; subito sotto la lingua, invece, vi è un moderno reliquiario che racchiude l’apparato vocale di sant’Antonio, rinvenuto nell’ultima ricognizione del suo corpo del 1981. Inoltre, sempre nella cappella vengono custoditi: la tonaca di sant’Antonio; l’avambraccio; un dito della mano sinistra; una pietra usata come cuscino dal santo; il suo cilicio e, infine, la cassa in cui era stato deposto il corpo.

Ciò che più sorprende per la loro conservazione sono le reliquie inerenti all’apparato vocale del santo. Antonio di Padova, il mirabile predicatore, il fine teologo che con i suoi Sermones, i sermoni dedicati ai diversi tempi liturgici della Chiesa, affascinava ogni fedele. Antonio di Padova e la sua lingua, il suo mento, il suo apparato vocale, simboli delle sue parole nate dalla Parola. «O Lingua benedicta, quae Dominum semper benedixisti, et alios benedicere fecisti: nunc manifeste apparet quanti meriti exstitisti apud Deum» (O Lingua benedetta, che sempre benedicesti il Signore, e lo facesti benedire dagli altri: ora appare manifesto quanti meriti avesti presso Dio): queste furono le parole pronunciate dall’allora Ministro Generale dell’Ordine francescano, san Bonaventura da Bagnoregio, quando l’8 aprile del 1263 aprì la cassa contenente le spoglie di sant’Antonio di Padova, morto trentadue anni prima e canonizzato ad un anno appena dalla morte. L’intenzione di san Bonaventura era quella di spostare i sacri resti dalla piccola chiesa di Santa Maria Mater Domini, in cui era stato seppellito quattro giorni dopo la morte (13 giugno 1231), alla più grande e maestosa basilica nata in suo onore.

La scena che si presentò agli occhi di san Bonaventura e ai presenti al momento della riesumazione del santo portoghese fu strabiliante: mentre tutto il corpo presentava segni di naturale decomposizione, la lingua invece era rimasta intatta. «Rubiconda et pulchra», vermiglia e bella, così la descrisse lo stesso santo francescano. 

Il 15 febbraio 1350 avvenne un’altra traslazione del corpo: il cardinale Guido de Boulogne, a seguito di un voto fatto a sant’Antonio di Padova, donò un prezioso reliquiario alla basilica. In questo, fu posto anche il mento del santo. E sarà proprio da questa ricognizione che nascerà la tradizionale ricorrenza della cosiddetta “Traslazione delle reliquie del Santo”, popolarmente nota come la “Festa della Lingua”, che viene celebrata non l’8 aprile, il giorno del suo ritrovamento da parte di san Bonaventura, ma appunto il 15 febbraio.

Un’altra ricognizione del corpo del santo avvenne il 6 gennaio 1981. In questa occasione si evidenziò che il suo apparato vocale era rimasto intatto: l’osso ioide e due frammenti delle cartilagini aritenoidee si erano conservati incorrotti. Purtroppo una reliquia in particolare, quella del mento, fu oggetto di un’azione sacrilega: il 10 ottobre 1991 tre banditi mascherati ed armati entrarono nella basilica e rubarono il mento del santo. Si scoprirà poi che era stata un’azione architettata dal boss Felice Maniero, capo della mala del Brenta. L’intenzione era di utilizzare la reliquia come oggetto di scambio per costringere lo Stato italiano a liberare il cugino Giulio e a revocare la misura di sorveglianza a suo carico. La reliquia verrà poi ritrovata settantuno giorni dopo in circostanze ancora non del tutto chiare.

Chiunque si trovi di fronte alle reliquie del suo apparato vocale non può non pensare alle parole che sant’Antonio di Padova ha potuto pronunciare proprio grazie a quella lingua. Parole che a distanza di tempo conservano una freschezza e una forza evangelizzatrice davvero speciale, moderna si potrebbe definire. Davanti a queste reliquie, noi uomini d’oggi, possiamo solo immaginare il suono coinvolgente delle sue omelie, dei suoi sermoni. Basterebbe chiudere gl’occhi, immaginarci catapultati nel 1200 e sentire, ad esempio, l’eco della descrizione dell’Annunciazione del Signore. Non sono semplici parole, ma versi di una poesia teologica: «Osserva che la Vergine Maria fu sole sfolgorante nell’annunciazione dell’angelo, fu arcobaleno splendente nel concepimento del Figlio di Dio, fu rosa e giglio nella nascita di Lui. Nel sole ci sono tre prerogative: splendore, candore e calore, che corrispondono alle tre parti del saluto dell’arcangelo Gabriele. La prima: Ave, piena di grazia; la seconda: Non temere; la terza: Lo Spirito Santo scenderà su di te».