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IL CASO

La lebbra, origini e mistero di un morbo

Ogni giorno si ammalano circa 700 persone. Da Raul Follereau a Madre Teresa, oggi la Chiesa gestisce circa 700 lebbrosari sparsi nel mondo.

Attualità 01_02_2011
Raul Follereau

Fu il poeta e letterato francese Raoul Follereau – che dedicò la sua vita a servizio di coloro che chiamava "la sofferente minoranza oppressa del mondo" - a ideare e promuovere, nel 1954, la Giornata Mondiale dei Malati di lebbra, di cui si è celebrata domenica scorsa, la 58ma edizione.

Da millenni, la lebbra – parola che deriva dal greco "lepròs", che vuol dire scabroso - è considerata la malattia dei dannati della terra. I lebbrosi, nell’antica terra di Israele, erano oggetto di sommo orrore: esclusi per la legge mosaica dal consorzio umano, avevano l’obbligo di mantenersi appartati in luoghi solitari. Sono moltissimi, nell’Antico Testamento, i riferimenti alla malattia: dagli interi capitoli XIII e XIV del Levitino – che prescriveva gli atti di purificazione che la persona guarita era tenuta a compiere e il sacrificio che doveva offrire - all’Esodo (capo IV, versetto 6), dal Libro dei Numeri (capo XII, versetti 10- 13) al Libro IV dei Re (capo V).

Sebbene sia conosciuta come la malattia più antica del mondo, non si sa con certezza l’epoca della sua comparsa. Il reperto più antico con resti umani con segni certi di lebbra risale al VI secolo a.C.: quattro crani di epoca tolemaica dall'oasi di Dakleh nell'alto Egitto. Si ritiene che abbia avuto origine in India o in Africa. Nelle leggi di Manu, nei libri dei Veda indiani (XV secolo a.C.), sono riportate istruzioni per la prevenzione della lebbra. Verso il 400 a.C., fece la sua comparsa in Cina: Da Feng, nel "Nei Jing", intorno al 190 a.C., segnalava le tipiche lesioni cutanee anestetiche della lebbra.

In Europa – dove fu introdotta dai soldati di Alessandro Magno di ritorno dall’India (320 a.C.) – il numero dei malati di lebbra iniziò a ridursi gradatamente verso la fine del settecento e i focolai si localizzarono in zone povere, per scomparire nella seconda metà del novecento. E’ una malattia infettiva a decorso cronico, causata dal Mycobacterium lepre, bacillo alcol-acido resistente, a lenta crescita, non coltivabile in vitro. In condizioni di caldo-umido e al riparo dal sole, il bacillo può rimanere vitale nell’ambiente fino a circa trenta giorni. Fu isolato nel 1873 da Gerhard Armauer Hansen e da allora la malattia è definita Hanseniasi o Morbo di Hansen ed i malati hanseniani.

Inizialmente distrugge i nervi periferici provocando insensibilità; vengono, quindi, danneggiati i tessuti. Si determinano, così, le mutilazioni. Se non trattata, provoca danni progressivi e permanenti a pelle, nervi, arti ed occhi. Il 95% della popolazione mondiale mostra una naturale resistenza allo sviluppo della malattia. Il contagio avviene per via respiratoria e attraverso lesioni di continuo della cute. Il periodo di incubazione è molto lungo, da poche settimane a molti anni (fino a venti). Prima del 1940, non esistevano farmaci efficaci contro la malattia. Il primo farmaco attivo fu il Dapsone (o DDS), un sulfone e si cominciò ad avere una cura, ma il farmaco andava assunto per tutta la vita ed aveva il solo effetto di rallentare l'avanzata della malattia.

È dai primi anni ‘80, con l'introduzione della polichemioterapia (rifampicina, clofazimina e dapsone), che finalmente dalla lebbra si può guarire. Poiché, come per la Tbc, la terapia con un solo farmaco può indurre facilmente resistenza, dal 1982 l’OMS ha indicato due schemi terapeutici di polichemioterapia, uno per le forme paucibacillari ed uno per le multibacillari. Il primo contempla la somministrazione di Dapsone e Rifampicina per sei mesi, il secondo di Dapsone, Rifampicina e Clofazimina per due anni, secondo ritmi precisi. I controlli post-terapeutici (per due-cinque anni rispettivamente), hanno lo scopo di controllare la funzionalità dei nervi periferici, evidenziare la comparsa di nuove lesioni attive (recidive) e lo sviluppo di leproreazioni.

L’OMS ha indicato successivamente schemi di terapia e periodi di controllo post-terapeutici di minor durata per favorire il trattamento della malattia nei Paesi sotto-sviluppati. Infatti, la lebbra è diffusa essenzialmente in quella che viene definita la cintura della povertà, l’area in cui vivono un miliardo e 300 milioni di persone che sopravvivono con meno di un euro al giorno. L’America Latina, l’Africa, l’Asia, in particolare l’India, dove vive circa il 70% dei casi al mondo e la Cina. I Paesi più colpiti sono: Angola, Brasile, Congo, Costa d’Avorio, Guinea, Liberia, Madascar, Mozambico, Nepal e Tanzania, dove la malattia colpisce una persona ogni 10mila abitanti. Circa settecento persone si ammalano ogni giorno di lebbra. Si stima che siano almeno altrettanti, quotidianamente, i casi non identificati.

In realtà nessuno può dire esattamente quanti siano i malati nel mondo. Di fatto, quando si avviano piani di ricerca dei casi di lebbra in aree poco raggiungibili, si continuano a scoprire numerose persone affette dalla malattia. Tra loro, la percentuale dei bambini rimane alta e questo indica un alto livello d’infezione. Nel 2009, sono stati registrati 244.796 nuovi casi nel mondo, mentre i casi in trattamento ammontavano il 31 dicembre 2009 a 211.903. Si stima che circa 10 milioni di persone subiscano oggi le conseguenze fisiche e sociali della malattia, che anche se perfettamente curabile, ancora oggi è spesso accompagnata da un pesante stigma sociale che vede le persone che ne sono state affette, anche se guarite completamente, come “diverse” e socialmente emarginate.

Secondo i membri dell’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo), per debellare la malattia è necessaria una ricerca dei casi più precoce, una formazione del personale sanitario nei più Paesi colpiti dalla malattia e soprattutto un’informazione efficace della popolazione. Straordinaria è l’opera delle missioni cattoliche nel dare conforto ed assistenza medica ai sofferenti di questa malattia. La Chiesa gestisce 648 lebbrosari, secondo i dati dell’Annuario Statistico della Chiesa del 2007.

Questa la ripartizione per continente, con indicato tra parentesi il paese con il maggior numero di centri: Africa 236 (Nigeria 47). America 66 (totale del continente); America centrale continentale 9 (Messico 4), America centrale Antille 8 (Haiti 5), America del Sud 49 (Brasile 30). Asia 341 (India 261). Europa 3 (Italia, Spagna, Belgio). Oceania 2 (Papua Nuova Guinea 2). Diceva Madre Teresa di Calcutta: «Lo stesso vale per i nostri lebbrosi, per i nostri storpi, per coloro che non sono amati, per i deleritti. E’ la stessa cosa; hanno bisogno di amore, hanno bisogno di compassione, hanno bisogno di un contatto umano. Toccate il lebbroso con la vostra bontà».