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SCENARI

La guerra contro famiglia e vita comincia all'ONU

Campagne per la contraccezione, aborto come diritto umano, coinvolgimento delle religioni, indottrinamento nelle scuole. Sono i quattro obiettivi su cui puntano le agenzie dell'Onu da qui al 2030, inseriti nei programmi di lotta alla povertà. Una casta di burocrati, finanziata da potenti Fondazioni private, decide l'etica mondiale.

Vita e bioetica 09_02_2015
Global Governance

Global Governance

Quando constatiamo che l’ideologia gender entra nella classe di nostro figlio, oppure che si preme per distribuire senza ricetta alle nostre ragazze la pillola del giorno dopo, oppure che la tale associazione di volontariato per lo sviluppo si è dichiarata a favore dell’aborto, di solito non pensiamo di essere davanti a fatti che hanno la loro origine ben più a monte, che sono stati pianificati molto prima e per cui sono state spese ingenti somme di denaro. Eppure è così.

Nel 2014 appena trascorso si era concluso il ventennio del programma fissato al Cairo nel 1994 sui “diritti alla salute sessuale e riproduttiva”. Tra questi diritti ce ne sono alcuni di buoni, come per esempio l’accesso alle medicini anti Aids o la promozione dell’allattamento al seno, ma ce ne sono altri di malvagi come la contraccezione, la sterilizzazione, l’aborto e l’inclusione dei “nuovi diritti” LGBT. Secondo le Nazioni Unite gli obiettivi del Cairo non sono stati pienamente raggiunti, quindi l’Assemblea generale ha approvato il programma Cairo Beyond 2014, e lo ha collegato con gli Obiettivi del Millennio (Millennium Development Goals) che scadono nel 2015. Il tutto viene rilanciato quindi fino al 2030.

Il collegamento tra obiettivi del Cairo ed Obiettivi del Millennio è un capolavoro strategico per i fautori dei “diritti alla salute sessuale e riproduttiva”. Per una ragazza di un Paese povero poter accedere gratuitamente alla pillola del giorno dopo o all’aborto verrà considerato un diritto tale e quale poter frequentare la scuola o accedere all’acqua potabile. I cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi saranno equiparati ai diritti umani legati allo sviluppo.

Marguerite Peeters, in due articoli pubblicati sul “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân, ha ben spiegato come l’ONU vuole procedere nel quindicennio da qui al 2030 nel campo dei “nuovi diritti”.

Il primo punto è che si insisterà ancora più a fondo sulla contraccezione, puntando però in particolare sulla diffusione della pillola del giorno dopo che, secondo gli esperti ONU, finora non è stata adeguatamente promossa.

In secondo luogo, le Nazioni Unite e le sue agenzie si daranno da fare per inserire i nuovi diritti alla salute sessuale e riproduttiva nei diritti universali dell’uomo in quanto tali, in modo che gli Stati che non li rispettano possano essere denunciati e condannati e l’obiezione di coscienza impedita o addirittura vietata.

In terzo luogo, si è deciso di favorire un cambio culturale e religioso “dall’interno”, ossia coinvolgendo come partners le associazioni culturali e le famiglie religiose. La strategia è molto semplice ed astuta: siccome, come abbiamo visto, accanto a contraccezione ed aborto, l’agenda presenta anche obiettivi moralmente condivisibili, li si presenta come un pacchetto unico e così si ingaggiano anche le ong religiose o il volontariato missionario e nel frattempo si cambia dall’interno la loro visione a riguardo. 

Infine, è previsto un ingresso massiccio nelle scuole, a cominciare da quelle dell’infanzia.

Come si vede, queste indicazioni che la Peeters ha estrapolato dai documenti ufficiali delle Nazioni Unite e dai Rapporti delle sue agenzie, dimostrano che quello che stiamo constatando a valle viene deciso a monte. E da chi? Da una casta di persone che non sono elette democraticamente in quanto o vengono designate dai governi o sono il frutto della burocrazia del Palazzo di Vetro. Una casta che decide l’etica mondiale ed elabora dei progetti finanziati da potenti Fondazioni private, da corporations globali o da gruppi farmaceutici internazionali. 

La stessa Marguerite Peeters, nel suo libro recentemente pubblicato in Italia “Il gender. Una questione politica e culturale” (San Paolo) spiega molto bene che attorno ai Vertici come quello dal Cairo ruotano molti attori non governativi, «una potente rete di partner ideologicamente allineati …  che ampliano in maniera esponenziale e capillare il campo di influenza e di applicazione delle sue norme. Scuole, movimenti femminili, autorità locali, sindacati, associazioni giovanili, Ong di sviluppo, organizzazioni caritative, media, ambulatori locali e istituzioni sanitarie, mondo della moda e del divertimento, circoli culturali, imprese, comunità religiose ecc. sono inesorabilmente esposti».

Con ciò il quadro è completo. Una volta si distingueva tra governo e governance. La Dottrina sociale della Chiesa parla della necessità di una autorità mondiale, ma l’ha sempre intesa come una governance e non come un governo, a parte la Nota sulla finanza pubblicata nel 2011 dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace che però ha suscitato anche molte critiche. La parola governance ha sempre richiamato la pluralità sussidiaria. Ora però ci troviamo di fronte ad una governance che è peggio di un governo mondiale. Esiste una pianificazione centralizzata e poi diffusa e diramata. Si parla di consenso, ma si tratta di un consenso estorto con l’indottrinamento, le pressioni sugli Stati, l’omologazione dal basso, i ricatti verso i governi dei Paesi poveri e un fiume di denaro.