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LA PROTESTA

La Germania ha un problema. Ed è l'islam, non il nazismo

Si fa un gran parlare di Germania, e a leggere gli editoriali pare che siano tornati i nazisti. La Germania ha sì un problema, ma non il nazismo di ritorno. Il problema è l'arrivo di un'immigrazione islamica che non si integra e fa impennare gli omicidi. E' contro questo nuovo disordine che i tedeschi protestano a Chemnitz, dopo l'ennesimo delitto.

Esteri 04_09_2018
La manifestazione di Chemnitz

Si fa un gran parlare ultimamente di Germania, e a leggere gli editoriali sulla stampa internazionale pare che siano tornati i nazisti. È questo il vero problema che i media hanno estrapolato dalle manifestazioni che si stanno susseguendo in casa Merkel. Per recuperare un resoconto più lucido ed equilibrato di quanto sta avvenendo nei confini tedeschi bisogna, invece, sfogliare il Financial Times.

Nella terza più grande città della Sassonia, a Chemnitz, da giorni, si susseguono manifestazioni e scontri. La goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno da tempo è stato l’omicidio di un trentacinquenne tedesco per mano di due immigrati musulmani richiedenti asilo. La morte dell’uomo identificato come Daniel H., avvenuta nel centro cittadino domenica scorsa, ha così divelto gli argini. E gli scontri si sono fatti subito talmente prepotenti da lasciare la polizia incapace di fermare la violenza dilagante. Tra l’insofferenza, la disillusione e il senso di abbandono della popolazione verso i politici locali e nazionali della CDU, criticati aspramente per la loro ipocrisia e le politiche su immigrazione e sicurezza, è viva l’istantanea di un Paese che se non è già in pieno clima da guerra civile, respira un’amara aria di tempesta.

Se, infatti, la stampa continua a ridurre i fatti a populismo, xenofobia e fake news, Chemnitz, è diventata nel frattempo il simbolo del malessere dell’intero Paese. E quando giovedì il primo ministro della Sassonia e stella nascente dell’Unione Cristiano Democratica (CDU) di Angela Merkel, Kretschmer, è andato proprio a Chemnitz per tenere un comizio e dimostrare attenzione ai problemi manifestati, sapeva di star entrando nella tana del leone, ma forse non aveva compreso quale fosse l’entità della situazione. È così che, completamente impreparato a fischi, grida e contestazioni in una città in ebollizione tra rabbia e dolore, ha dovuto lasciarla con la coda tra le gambe. “La Merkel parla di mantenere il diritto e l’ordine, ma la gente viene massacrata nelle strade. Se le cose continuano così, stiamo andando verso una guerra civile”, gridavano i manifestanti come ha fatto notare proprio il principale giornale economico-finanziario della City.

D’altronde le tensioni latenti sull’immigrazione, l’identità, la razza e la religione hanno intorbidito la Germania da quando la cancelliera ha inaugurato la politica delle porte aperte lasciando entrare oltre un milione di immigrati. I problemi che hanno iniziato a manifestarsi entro i confini nazionali hanno portato  all’ascesa di Alternativa per la Germania (AfD), il partito di destra che ha guadagnato 92 seggi parlamentari nelle elezioni dell’anno scorso e che adesso, nonostante sia una forza politica nuova e giovane, è il più grande partito di opposizione al Bundestag. E le tensioni che le urne hanno manifestato per la prima volta lo scorso anno, adesso sono esplose al punto da trasformare una città in un campo di battaglia.  

Mai come oggi infatti ci si domanda se la Germania ha davvero un problema con l’islam importato e se sarà capace di sopravvivergli. Quesiti che sono al centro delle proteste e del dibattito pubblico, ma non politico, come denuncia anche Politico. Che, allo stesso tempo, condanna l’incapacità del governo di tenere a bada l’estrema destra e i neo-nazisti e di non autocelebrarsi a dovere sull’età dell’oro che in realtà starebbe vivendo la Germania. “A chi dovrebbe essere consentito entrare?”, si chiedevano allo Spiegel, in copertina, la scorsa settimana. Mentre la copertina di questa settimana, dedicata alla Sassonia, lo stato teatro dell’omicidio e degli scontri, recita: “Quando la destra prende il potere”.

Thilo Sarrazin, ex funzionario della Bundesbank, ha scritto “Hostile Takeover” con l’intendo di interpretare il disagio della Germania per l'afflusso di rifugiati con una previsione di ciò che spetterà all’Europa. Nel descrivere l'islam come “un'ideologia della violenza mascherata da religione”, Sarrazin sostiene che se l'Europa non intraprenderà azioni tempestive per fermare la migrazione musulmana verso l'Ue, la società europea alla fine sarà annichilita fino alla distruzione. Il volume ha debuttato al numero uno della classifica dei bestseller tedeschi.

Sulle stesse frequenze ha deciso di sintonizzarsi anche Marco Wanderwitz, segretario di Stato del ministero dell'interno che in queste ore ha dichiarato, “per troppo tempo non abbiamo riconosciuto la dimensione del problema o non eravamo disposti a farlo”. Qualcuno potrebbe domandare dell'opportunità di sovrapporre sempre rifugiati e immigrati all'islam. Ebbene la Germania che oggi protesta, lamenta proprio l'incompatibilità con l'islam importato. Persino sulle pagine di Politico, nel commentare la cronaca di questi giorni, si sono resi conto che il problema è tutto là e hanno aperto il pezzo con una domanda per loro retorica, “può la Germania sopravvivere all'islam?” Per non parlare, poi, del legame con l'epidemia di violenze sessuali. E' ormai noto che i carnefici rivendicano l'opportunità dei loro gesti sostenendo che le “donne bianche e occidentali meritano di essere violentate”: è la visione islamica del mondo a parlare.

E sebbene i media continuino a decantare la sicurezza tedesca, l’impennata di crimini violenti perpetrati da rifugiati e le percentuali di stupri ed omicidi stanno sconvolgendo il Paese. Peculiarità di casa Merkel è, per esempio, la crisi di stupri. Il rapporto trimestrale, pubblicato il 16 gennaio dall'ufficio federale della polizia criminale tedesca (BKA), dimostra che i 'zuwanderer' (richiedenti asilo, rifugiati, immigrati clandestini) hanno commesso esattamente 3466 reati sessuali nei primi mesi del 2017, circa tredici al giorno. Ma per avere un quadro completo occorrerà aspettare il secondo trimestre del 2018. Nel frattempo quel che è certo è che nel 2016 i migranti hanno commesso 3404 reati sessuali; nel 2015, 1683; nel 2014, 949 reati sessuali e nel 2013, 599, circa due al giorno. A giugno, lo stupro e l'omicidio di una ragazza di 14 anni, presumibilmente per mano di un richiedente asilo iracheno, hanno fatto infuriare la nazione. Detto ciò, il direttore della Criminal Police Association (Bund Deutscher Kriminalbeamter, BDK), Andrè Schulz, stima che addirittura fino al 90% dei reati sessuali commessi in Germania non compaiono nelle statistiche ufficiali. “Esiste un rigido ordine da parte delle autorità di non denunciare i crimini commessi dai rifugiati”, ha detto alla Bild un alto funzionario della polizia di Francoforte.

A gennaio è stato pubblicato un importante studio che ha rappresentato uno dei primi tentativi di misurare l'effetto che l'ondata di rifugiati del 2015 e del 2016 in Germania e il reale aumento, o meno, di crimini violenti. Condotto da Christian Pfeiffer, Dirk Baier e Soeren Kliem dell'Università di Scienze Applicate di Zurigo, lo studio commissionato dal governo utilizza materiale proveniente dal quarto stato più popoloso della Germania, la Bassa Sassonia.

I ricercatori hanno richiesto dati che riguardavano specificamente i richiedenti asilo che erano arrivati nel 2015 e 2016. La polizia di Stato - in linea con il tabù del “non denunciare” - non aveva pubblicato tali statistiche, e si è scoperto allora per la prima volta che i richiedenti asilo avevano invertito la tendenza alla diminuzione di crimini violenti in Bassa Sassonia. E mentre era stata segnalata una diminuzione del 21,9% tra il 2007 e il 2014, le percentuali si sono ribaltate nel 2016 con un incremento di “violenza” del 10,4%. Lo studio ha rivelato che il 92,1% dei casi era da attribuire “ai nuovi arrivati”. Tra il 2014 e il 2016, la percentuale di reati violenti risolti e attribuiti ai richiedenti asilo è aumentata al 13,3% dal 4,3% - una quota sproporzionatamente alta rispetto alla popolazione straniera dello stato.

E se il governo tedesco avesse ammesso questa cruda realtà, fa notare Bloomberg, “la punizione politica della Merkel per la sua generosità verso i rifugiati avrebbe potuto essere più dura e l'AfD avrebbe potuto fare ancora meglio”. Le agenzie governative tedesche non erano attrezzate a far fronte a un simile afflusso di richiedenti asilo e la società tedesca ne sta oggi pagando il prezzo. L'anno scorso i rifugiati erano sospettati di circa il 15% degli omicidi in Germania, secondo le statistiche ufficiali, e ciò sebbene rappresentino solo il 2% della popolazione.

Molti dei sospettati, tra cui l'iracheno accusato di aver pugnalato la vittima di Chemnitz e il terrorista dei  mercatini di Natale di Berlino nel 2016, godono di uno status di immigrati classificato come duldung, o "tollerato". Ciò significa che, nonostante le domande di asilo vengano negate, il governo permette di rimanere in Germania. Sarebbero oggi circa 170.000 gli immigranti duldung in Germania. Altre 350.000 persone risiedono nel paese senza alcuno stato di immigrazione ufficiale e molti di loro sono in attesa di una sentenza su una domanda di asilo.

I critici affermano che la presenza di così tanti immigrati senza il diritto di rimanere nel paese dimostra che il sistema di asilo tedesco sia una messainscena. E come se non bastasse il giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung ha rivelato uno studio secondo il quale su oltre 280mila immigrati partecipanti ad un “corso di integrazione” promosso nel 2017 in Germania, il 52% non ha superato i requisiti minimi di conoscenza della lingua, cultura e valori tedeschi. E, allora, è vero o no che la Germania ha un problema con l’immigrazione islamica?