La Francia non può darci lezioni sull'immigrazione
Il sistema di immigrazione e soprattutto quello di integrazione francese sta fallendo. Sta collassando sotto i grandi numeri. La Francia non è direttamente esposta ai flussi dal Mediterraneo, ma è uno dei maggiori Paesi di destinazione. Fra i molti emigranti economici, si moltiplicano i clandestini e con loro le sacche di illegalità a tutti i livelli.
“Aumento del comunitarismo, minacce islamiste, insicurezza, proliferare di campi improvvisati, disintegrazione dei quartieri, dislocazione dei sistemi scolastici e sanitari, nonostante miliardi pagati generosamente dallo Stato per anni: i meccanismi dell'integrazione stanno fallendo”, un editoriale de Le Figaro in questi giorni condanna il sistema d’immigrazione e integrazione francese e scrive di “tabù migratorio”.
Così, mentre la Francia si fa paladina dei diritti e regala onorificenze, mentre il Pantheon viene occupato dagli immigrati e gli Champs-Elysees, in fiamme, vengono evacuati con la forza in seguito a tensioni con i gilet gialli, ci si accorge che le cose nel Paese stanno peggio di come le raccontano. La Francia è nel mezzo di un'emergenza immigrazione. A differenza del resto d’Europa subisce nell’ultimo periodo una pressione legata all’immigrazione che non è scemata, anzi. Da gennaio sono state depositate 10.000 domande d’asilo per georgiani e albanesi. Solo per i georgiani gli ultimi sei mesi hanno significato un aumento degli ingressi dell’86% rispetto allo stesso periodo del 2018, per gli albanesi invece siamo al 32%. Dati che preoccupano il governo perché per questi paesi non si può parlare di “status di rifugiati”: sono territori non in guerra. Rientrano, pertanto, nella definizione di “immigrati economici” e che quindi, salvo in rarissime eccezioni, non possono rivendicare la protezione internazionale garantita dagli accordi di Ginevra. Si tratta di una situazione aggravata dal fatto che, già con l’ex ministro Gérard Collomb, Parigi aveva provato, siglando accordi con Tbilisi e Tirana, a porre un argine a questo flusso considerato ingiustificato.
E intanto, sempre da gennaio, per la Guinea si registra un aumento di richieste pari al 33%, per il Mali, all’85%, per Haiti del 69%. Confrontando il mese di aprile 2018 con quello del 2019 si scopre anche per l’immigrazione proveniente dall’Afghanistan un brusco aumento. Secondo i dati recuperati da Le Figaro, l’OFPRA – l’ufficio francese di protezione dei rifugiati – in soli quattro mesi di quest’anno ha registrato 41.000 richieste, una media di oltre 10.000 al mese. E questo è solo l’inizio. Nell’elenco delle domande di asilo in Francia, per dieci nazioni, da gennaio ad aprile, è stato constatato un aumento complessivo del 27%.
In una relazione circa l’integrazione e l’asilo, due parlamentari di Macron, Barrot e Holroyd, dimostravano per il 2018 un aumento del 15%, da un anno all’altro, di benefit – per una coppia significano 300 euro mensili più 220 se non viene offerta una soluzione di alloggio – per i richiedenti asilo. Che cosa succederà nel 2019?, si chiedevano. Perché, al di là di ogni altra considerazione, l’immigrazione in Francia pesa, e non poco, nel bilancio dello Stato. E se qualcuno fa notare che dal 2016 c’è stata una diminuzione degli sbarchi e che il 2019 dovrebbe addirittura raggiungere la quota del meno 60%, un prefetto francese alza la mano e prova che il Paese è caratterizzato, a differenza del resto d’Europa, da una immigrazione in ripresa, complici gli arrivi dall’Italia, dalla Grecia e dalla Spagna, oltre a quelli che Belgio e Germania rispediscono a Macron.
Secondo le stime recenti la polizia francese monitora oltre 100.000 clandestini all’anno sul proprio territorio, e nel frattempo il sistema sanitario è pagato per 330.000 irregolari, e non tutti si presentano per beneficiarne. Oggi in Francia l’immigrazione è davvero fuori controllo e l’esecutivo promette in questi giorni un dibattito parlamentare per settembre. E allora si potrebbe persino parlare delle “quote dell’immigrazione”, promette l’attuale ministro degli Interni che non perde occasione, da tempo, di sottolineare lo stato di illegalità per centinaia di migliaia di persone sul territorio nazionale.
Del resto solo un anno fa, esattamente di questi tempi, si assisteva ad un aumento del 17% delle domande d’asilo e venivano registrati numeri record che riguardavano la gestione di circa 120.000 immigrati già registrati in altri paesi dell’Unione, ma che volevano solo la Francia. Il 2018 è stato l’anno dei record: tra i dati più significativi un aumento del 71% per gli immigrati dall’Afghanistan e del 306% dalla Georgia. A seguire ingressi Albania, Guinea, Costa d’Avorio, Sudan. E per come è iniziato il 2019, il record potrebbe essere battuto. Già parecchio tempo fa, Eric Ciotti, deputato de Alpes Maritimes, denunciava la deriva immigrazionista, “la domanda si sta spostando sempre di più dalle zone di guerra all’immigrazione puramente economica. È chiaro che la politica attuata è inefficace e che l’immigrazione legale e illegale non è mai stata così aggressiva”.
In questo contesto mutevole, la Francia non è certo direttamente esposta ai flussi di arrivi, a differenza di Grecia, Italia e Spagna. Tuttavia, dicevamo, ne subisce le ripercussioni come paese di destinazione: dopo la tratta Marocco-Spagna, per esempio, è alla Francia che gli immigrati puntano. Un viaggio abbastanza facile, spesso in autobus e che dai Pirenei francesi porta prima a Bayonne e poi a Parigi. Anche se il traffico grazie agli sforzi sia marocchini che spagnoli è in diminuzione, non è la sola traiettoria tenuta sotto osservazione. Tra i più famosi c’è anche il passo di Monginevro, ma il PAF – la polizia di frontiera francese – è arrivata a contare fino a 321 canali nel 2018 capaci di forare le frontiere ed elaborati dai “contrabbandieri di immigrati”. Si parla di un aumento dell’80% in sei anni dei percorsi alternativi dell’immigrazione clandestina.
L’Ocriest – l’ufficio centrale per la repressione dell'immigrazione irregolare in Francia – lo scorso anno contava circa 1500 trafficanti di esseri umani arrestati. “Dal semplice autista fino alle reti criminali”, ha dichiarato Julien Gentile, a capo dell’ufficio. Sempre quelli dell’Ocriest hanno denunciato, due mesi fa, l’esistenza di una banda con sede nel Regno Unito che ha portato, stipati nei furgoni, in Francia 600 clandestini – afghani, pakistani e vietnamiti – per un profitto stimato 6 milioni di euro. E in sette sono stati arrestati oltralpe.
Eppure con la stessa rapidità con cui si tenta di smantellarle, le reti si vanno ricostruendo e la Francia ormai non riesce a fingere più che non sia un problema per le casse dello Stato, per l’integrazione e per la sicurezza. E proprio in queste ore la stampa francese denuncia lo stato delle cose a Nantes. Dove il braccio di ferro tra autorità e immigrati va avanti da anni e, dopo l’occupazione di una palestra, hanno provato ad occupare una piazza perché “al chiuso fa troppo caldo”, dicono. “Da gennaio 2017 c’è un flusso costante di circa 400 persone che arrivano in città”, ha detto Serge Boulanger, segretario generale della prefettura della Loira. Lamentandoti poi con i collettivi e le associazioni a favore dell’immigrazione del tentativo costante di rendere attraente per gli immigrati la zona e condannarla ad un eterno degrado.
Il governo francese sembra davvero disarmato di fronte all’immigrazione. E difficilmente può dare lezioni.