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LA LETTERA

La fragilità dei nostri giovani e il dovere di noi adulti

Oggi si pensa di proteggere bambini e ragazzi in modi “petalosi”, ma non è così che li si aiuta ad affrontare la vita. Una madre ci scrive.

Alcuni giorni fa, su un quotidiano online, ho trovato un articolo che titolava: “Fedez e la generazione fragile: il rapper sarà a Torino per parlare di salute mentale agli studenti”. Non voglio entrare nel merito delle vicende personali del rapper, ma il titolo mi ha portato a fare alcune considerazioni e a pormi delle domande.

Leggo che nei giovani tra i 15 e i 24 anni la prima causa di morte, dopo gli incidenti stradali, sono i suicidi. In questi ultimi decenni siamo passati dalla “Snowflake Generation” alla “Strawberry Generation”: diverse sfumature, ma la fragilità psicologica ed emotiva pare essere il comune denominatore.

Alla scuola elementare, o primaria che dir si voglia, da qualche anno non sono ammesse le valutazioni negative: l’insufficienza è stata sostituita da un (a mio avviso) ridicolo “in via di prima acquisizione” (anche se per il prossimo anno scolastico pare si voglia tornare al tradizionale giudizio sintetico). Tutto questo per il timore di sottoporre i nostri piccoli a valutazioni che per loro potrebbero risultare frustranti e stigmatizzanti. Poco importa che prima o poi sarà inevitabilmente la vita stessa a ferirli, magari pesantemente.

Allora non sarebbe più sensato pensare a rafforzarli, questi nostri bambini e ragazzi? A fornire loro tutti gli strumenti necessari per affrontare con coraggio e vigore le sfide della vita e a mostrare loro con il nostro esempio che dopo una caduta ci si può sempre rialzare? O forse siamo proprio noi adulti il problema? Tutti questi neologismi e perifrasi “petalose”, con le quali pensiamo di proteggerli, non saranno forse solo un paravento per le nostre stesse fragilità e il nostro senso di inadeguatezza? Dove stiamo conducendo i nostri giovani?

Sono tutte domande che rivolgo innanzitutto a me stessa, perché con tre figli adolescenti il tema mi sta particolarmente a cuore.

Manuela Pantazis