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MARIA MADDALENA DELL’INCARNAZIONE

La fondatrice delle Sacramentine, un carisma nato di giovedì grasso

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È in corso l’anno giubilare in onore della beata Maria Maddalena dell’Incarnazione, per i 200 anni dalla sua morte. Grande mistica, con il dono della profezia, fondò le Sacramentine: un istituto dalle origini particolari.

Ecclesia 07_02_2024
Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione

«Come sarebbe bello che fosse sempre giovedì grasso». Siamo nei giorni di Carnevale, giorni in cui potremmo sentire pronunciare queste parole da qualsiasi persona più o meno spensierata dei nostri tempi. Ma, probabilmente, non con il senso che dava loro, sul finire del XVIII secolo, una fanciulla originaria della Toscana, di bell’aspetto, curiosa e vivace, Caterina Sordini (16 aprile 1770 – 29 novembre 1824), che più tardi avrebbe assunto il nome religioso di Maria Maddalena dell’Incarnazione.

Caterina era nata e cresciuta in una famiglia che aveva una salda fede cattolica. In particolare, il padre Lorenzo si adoperava perché l’Eucaristia venisse esposta, in alcune circostanze, al culto dei fedeli. Una di queste circostanze, con il fine di fare compagnia a Gesù e riparare certi eccessi carnevaleschi, era proprio il giovedì grasso. E la quartogenita dei coniugi Sordini esprimeva appunto, con quelle parole richiamate all’inizio, la sua gioia di stare alla presenza del Signore e offrirgli consolazione.

In quel semplice atto di amore per Dio, c’era già in nuce tutto il carisma dell’istituto che l’oggi beata avrebbe fondato nella sua piena maturità: le Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento, comunemente dette Sacramentine. I cui fini, tra loro collegati, sono in sintesi due: riparare le offese all’Eucaristia e suscitare la conversione delle anime proprio attraverso l’adorazione perpetua di Gesù Sacramentato. E ciò sia grazie alla contemplazione nella clausura, sia all’attrazione dei laici verso questa pratica di salvezza.

L’istituto nacque nel 1807, quando Maria Maddalena dell’Incarnazione aveva 37 anni, ma la sua ispirazione risale ai primissimi mesi da novizia nel monastero di terziarie regolari francescane di Ischia di Castro, nell’alto Lazio. Era il 1789. Il 19 febbraio di quell’anno, lo stesso in cui sarebbe iniziata la Rivoluzione francese, cadeva il giovedì grasso. Quel giorno, l’ancora diciottenne suor Maria Maddalena era impegnata a pulire il refettorio, quando la badessa le diede un pezzo di pane dicendole di fermarsi per fare colazione. Fu allora che la beata, rimasta sola, ebbe un’esperienza mistica (non la prima per lei), che divenne nota come “Giorno del Lume”. Il suo padre spirituale e biografo, don Giovanni Antonio Baldeschi, scrive che la novizia «fu all’istante investita da una luce divina, che la rapì in Dio con deliqui di amore, ed in questa intima unione le si manifestò Gesù, che le fece conoscere la sua santissima volontà, ch’era quella di fare una fondazione di Perpetue Adoratrici, che giorno e notte lo adorassero rinchiuso nel divin Sacramento dell’Altare prestandogli i loro umili ossequi, lodi e adorazioni nel giorno esposto a pubblica venerazione, e nella notte chiuso nel Tabernacolo. Le fece altresì conoscere il tempo, in cui avrebbe potuto farla, ed i mezzi che gliene avrebbe dato».

Questo episodio fu confermato da diverse testimonianze nella causa di beatificazione, tra cui quella di suor Maria Cherubina della Passione. Questa religiosa, nipote della beata, riferì che «mentre suor Maria Maddalena stava ancora in estasi, circondata da gran luce, ripassarono dal refettorio la madre abbadessa e la sua vicaria, che furono sorprese di trovarla in tale stato, immobile, col pane alla bocca e la scopa in mano, insensibile a ogni richiamo. Solo il comando dell’ubbidienza riuscì a scuoterla e farla ritornare in sé. Suor Maria Maddalena allora, interrogata dall’abbadessa, espose con semplicità ciò che Dio le aveva manifestato riguardo all’istituzione della nuova fondazione».

Non era la prima esperienza mistica, né sarebbe stata l’ultima. Suor Maria Maddalena operò vari miracoli già in terra, dal prodigio della moltiplicazione del pane (esaminato dalla diocesi di Acquapendente ai primi di luglio del 1802, pochi giorni dopo il suo verificarsi) a diverse guarigioni, che nascevano chiaramente dalla sua grande fede nella Provvidenza.

Il tempo per iniziare a dare forma concreta alla missione che Dio le aveva affidato arrivò appunto nel 1807, dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni e i primi fondi per il nuovo istituto. Tra coloro che ne apprezzarono particolarmente l’opera, vi fu Pio VII, il papa e servo di Dio che, come già il suo predecessore, subì la persecuzione di Napoleone. Proprio a Pio VII, durante un’udienza, madre Maria Maddalena rivelò una profezia che lo riguardava: «Padre Santo, alla Santità Vostra non manca il coraggio; ma i francesi l’assaliranno come agnello in mezzo ai lupi e [la] deporteranno; ma alla fine tornerà ancora glorioso, trionferà sui suoi nemici». Deportazione che effettivamente avvenne nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1809, quando Pio VII venne fatto prigioniero dai francesi, nonostante il nuovo e preciso avvertimento profetico che la beata aveva riferito il giorno precedente a due persone vicine al pontefice.

La stessa fondatrice delle Sacramentine divenne una sorvegliata speciale della polizia napoleonica, perché accusata di congiurare contro Bonaparte per via delle profezie di «avvenimenti faustissimi al Pontefice e alla Chiesa. Fu per di lei consiglio – recitava una nota informativa della polizia – che il Papa ha ordinato in tutti i monasteri l’adorazione perpetua del Sacramento». Anche lei sarà costretta all’esilio e anche lei, nel 1814, con il declino del potere di Napoleone, potrà tornare a Roma, rientrando nella Città Eterna un paio di mesi prima del ritorno trionfale di Pio VII.

Pur in mezzo ad altre opposizioni, negli ultimi dieci anni della sua vita terrena la beata riuscì a consolidare l’istituto, con le solenni vestizioni, nel 1817, delle prime Adoratrici, vestite con tunica bianca e scapolare rosso. Negli ultimi quattro anni la sua salute fu sempre più gravata dalle malattie del corpo, ma il suo animo rimase esemplare. Al riguardo, suor Maria Clotilde testimoniava: «Dimostrò la virtù della fortezza nel sopportare non solo con pazienza, ma anche con ilarità d’animo i lunghi e dolorosi incomodi di salute, in cui ella non dimostrò mai impazienza o cattivo umore; anzi, interrogata dalle infermiere se ella molto soffrisse, null’altro rispondeva che: “Facciamo la volontà di Dio”».

È una beata che ha lasciato anche tanti scritti e merita di essere maggiormente conosciuta. L’occasione ci viene dall’anno giubilare in suo onore, che si chiuderà il prossimo 29 novembre, quando ricorreranno i 200 anni dalla sua morte. Fino ad allora è possibile lucrare indulgenze plenarie, per sé o per i defunti, visitando una chiesa delle Sacramentine e adempiendo le condizioni richiamate nell'apposito decreto della Penitenzieria Apostolica.



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