La famiglia Ulma, trucidata per aver aiutato gli ebrei
Durante l’occupazione nazista della Polonia circa un milione di polacchi, malgrado il rischio della pena di morte, aiutarono gli ebrei. Tra loro i coniugi Józef e Wiktoria, proclamati “Giusti tra le Nazioni”, massacrati con i loro sette bambini e otto ebrei a cui avevano offerto aiuto. La Chiesa cattolica ha iniziato nel 2003 il loro processo di beatificazione e, ad oggi, sono Servi di Dio. Ecco la loro storia...
Il 27 gennaio del 1945 il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau fu liberato dall’Armata Rossa. Sessant’anni dopo, l’1 novembre del 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il giorno del 27 gennaio come Giornata della Memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto. Ma il Giorno della Memoria consacrato ai milioni di vittime ebree della follia nazista è anche una buona occasione per ricordare tutti coloro che nei tempi terribili della guerra si prodigavano per aiutare gli ebrei. Per indicare quelle persone che in modo eroico, a rischio della propria vita, salvarono anche un solo ebreo dalla Shoah si usa il termine “Giusti tra le Nazioni”.
Dal 1962 il Memoriale Yad Vashem conferisce in modo ufficiale tali titoli a tutti i non ebrei riconosciuti come “Giusti”. All’1 gennaio 2018 i “Giusti” riconosciuti sono stati 26.973 di cui 6.706 polacchi. Durante l’occupazione nazista della Polonia circa un milione di polacchi, malgrado il grandissimo rischio che correvano, aiutarono in vario modo gli ebrei. La Polonia fu l’unico Paese dove l’occupante tedesco introdusse una legge draconiana: qualsiasi tipo di aiuto agli ebrei veniva punito con la pena di morte. Ma malgrado tutto i polacchi sono riusciti a portare aiuto e salvare più di 100.000 ebrei. Tra i “Giusti” polacchi c’è anche la famiglia Ulma, che nascose otto ebrei. Purtroppo, i gendarmi tedeschi lo scoprirono e il 24 marzo 1944 fucilarono gli otto ebrei e l’intera famiglia Ulma: i coniugi Józef e Wiktoria, con i loro sei bambini (più un settimo nel grembo materno).
La Polonia sotto l’occupazione tedesca
L’aggressione della Germania di Hitler alla Polonia, cominciata il 1° settembre 1939, era finalizzata allo sterminio della nazione polacca per colonizzare le sue terre e annetterle al Terzo Reich. Gli occupanti tedeschi implementarono tale piano distruggendo l’élite intellettuale della nazione, appropriandosi delle risorse materiali, agricole e industriali polacche, sfruttando la Polonia come fonte di materie prime e manodopera a basso costo. Durante l’occupazione tedesca la gente veniva spostata forzatamente, arrestata durante le retate e uccisa. Presto cominciò un vero e proprio sterminio della popolazione polacca ed ebraica.
Va ricordato che la Polonia, durante i secoli, è stata uno dei Paesi più accoglienti per gli ebrei che arrivarono ad essere una parte consistente della popolazione polacca: 3,5 milioni, circa il 10% della popolazione.
Dall’inizio dell’occupazione tedesca gli ebrei in Polonia furono colpiti da varie forme di discriminazione: rimozione dal lavoro, divieto di frequentare scuole e università, obbligo di portare sui vestiti una stella gialla, costrizione al lavoro forzato, creazione di distretti isolati (ghetti) che facilitarono lo sterminio per fame, saccheggio delle proprietà ebraiche. Ma la drammatica svolta ebbe luogo quando i tedeschi decisero di eliminare gli ebrei e dal 1942 svilupparono il “piano generale di sterminio” di 11 milioni di ebrei in Europa. Nelle aree occupate della Polonia furono creati dai tedeschi campi di sterminio per gli ebrei, tra cui il famigerato lager di Auschwitz.
La tragedia degli ebrei suscitò una grande reazione dei polacchi che prese forma anche di una vera campagna di aiuto, condotta dalle organizzazioni e associazioni clandestine, tra cui il Consiglio per gli aiuti agli ebrei detto “Zegota” (1942), e dalle popolazioni delle città e dei villaggi. Anche la Chiesa cattolica reagì come poté: da un lato condannando la persecuzione e lo sterminio, dall’altro organizzando aiuti materiali, nascondendo gli ebrei nelle case religiose e nei monasteri. Ma la cosa più importante fu che incoraggiò ogni forma di aiuto, soprattutto attraverso l’esempio personale dei vescovi, dei sacerdoti e delle suore, che realizzavano in quei tempi bui e inumani l’idea dell’amore cristiano per il prossimo.
Ulma: una famiglia semplice e devota
Markowa, che si trova nella Polonia sud-orientale, era uno dei più grandi villaggi polacchi dove abitavano 4442 persone, tra cui anche 120 ebrei. Józef Ulma era un personaggio molto conosciuto in tutto il villaggio perché era una persona dotata di molti talenti e intraprendente: fu il primo a gestire un vivaio di alberi da frutta, diffondeva tecniche di coltivazione, si occupava dell’apicoltura e dell’allevamento del baco da seta, che incuriosiva tutti nel villaggio. Ma Ulma era anche un buon cattolico impegnato in varie attività sociali: lavorava nell’associazione della gioventù cattolica dove era bibliotecario e fotografo. La fotografia era la vera passione di questo contadino “illuminato”. Grazie alle migliaia di fotografie che scattò e che si sono conservate fino ad oggi, abbiamo bellissime immagini sue e della sua famiglia. Józef scelse come moglie una ragazza del villaggio, Wiktoria Niemczak, di 12 anni più giovane di lui. Fu un matrimonio molto riuscito e felice.
Difficile decisione
Dopo aver occupato tutta la Polonia i nazisti crearono una nuova organizzazione territoriale. Per “mantenere l’ordine” nelle campagne e nei piccoli centri serviva tra l’altro la gendarmeria. Gli ebrei venivano raggruppati nei ghetti. Nell’estate e autunno del 1942 i tedeschi ammazzarono la maggior parte degli abitanti ebrei di Markowa. Sopravvissero soltanto gli ebrei che già prima si erano nascosti nelle case dei contadini polacchi. Una delle famiglie che prese l’eroica decisione di nascondere degli ebrei furono appunto gli Ulma. Nella loro casa trovarono rifugio otto ebrei: cinque uomini della famiglia Szall (erano commercianti del bestiame provenienti dalla città di Łańcut) e Golda e Layka Goldman con la piccola figlia. Józef Ulma era conosciuto per la sua simpatia verso gli ebrei. Prima di ospitarli a casa sua, aiutò un’altra famiglia a fare un nascondiglio in una valle della zona. Sicuramente Ulma prese la sua eroica decisione spinto dall’amore verso il prossimo e dalla compassione, essendo cosciente della sorte che veniva riservata agli ebrei catturati dai nazisti.
Il martirio della famiglia
Probabilmente un poliziotto locale avvisò i gendarmi tedeschi che gli Ulma nascondevano gli ebrei. I gendarmi con a capo Eilert Dieken, il comandante dei gendarmi tedeschi a Łancut, organizzarono una spedizione punitiva: all’alba del 24 marzo 1944 entrarono nella fattoria degli Ulma, che si trovava ai bordi del villaggio. I tedeschi, con la copertura della polizia, entrarono nella casa. Subito dopo si udirono gli spari: per primi furono fucilati gli ebrei. I gendarmi chiamarono i cocchieri polacchi che li accompagnavano ad assistere alla fucilazione per far vedere loro come venivano puniti i polacchi che nascondevano gli ebrei. Uno dei cocchieri, Edward Nawojski, spiegò come dalla casa furono fatti uscire Józef e Wiktoria Ulma che in seguito furono trucidati. Il testimone raccontò che “durante le esecuzioni si sentivano grida tremende, il lamento delle persone e le voci dei bambini che chiamavano i genitori fucilati. La scena era veramente raccapricciante”. Dopo l’esecuzione i gendarmi tedeschi cominciarono a discutere cosa fare con i bambini: decisero di ammazzarli. Uno dei gendarmi, un ceco germanizzato, fucilò personalmente tre o quattro bambini. Il cocchiere Nawojski, obbligato ad assistere al massacro, riferì queste parole pronunciate dal gendarme: “Guardate come finiscono i porci polacchi che nascondono gli ebrei”.
I tedeschi non riuscirono a scoprire tutti gli ebrei nascosti nelle case dei polacchi a Markowa: fino alla fine della guerra almeno 17 di loro sopravvissero.
La memoria dei “Giusti” e candidati agli altari
Gli abitanti di Markowa hanno eretto recentemente un monumento ai loro concittadini, polacchi ed ebrei, ammazzati barbaramente dai tedeschi. Sul monumento si trova la seguente scritta: “Salvando la vita degli altri, sacrificarono la loro. Józef Ulma, sua moglie, Wiktoria e i loro figli: Stasia, Basia, Władziu, Franuś, Antoś, Marysia e il figlio non nato. Nascondendo 8 dei nostri fratelli maggiori nella fede, gli ebrei della famiglia Szall e Goldman, perirono insieme a loro a Markowa il 24 III 1944 per mano della gendarmeria tedesca. Che il loro sacrificio sia l’invito a rispettare e amare ogni uomo. Erano figli di questa terra e rimangono nei nostri cuori”. Il 24 marzo è stato dichiarato dal Parlamento di Varsavia “Giornata nazionale della memoria per i polacchi che salvavano ebrei durante l’occupazione tedesca”. La scelta del giorno fa riferimento proprio all’eccidio di Markowa quando vennero assassinati i “giusti” Ulma.
La Chiesa cattolica ha cominciato nel 2003 nella diocesi di Pelplin il processo diocesano di beatificazione di 122 martiri polacchi della Seconda guerra mondiale, tra cui Józef e Wiktoria Ulma e i loro figli. Il 20 febbraio 2017, la Congregazione delle Cause dei Santi ha permesso all’arcidiocesi di Przemyśl di continuare la fase diocesana del processo della sola famiglia Ulma, tenendo conto che vivevano e subirono il martirio in quella diocesi. Va sottolineato che tanti cattolici polacchi, come proprio gli Ulma, aiutavano gli ebrei mossi da sentimenti religiosi e come gesto dell’amore cristiano verso il prossimo. È scritto nel Talmud babilonese: “Chi salva una vita salva il mondo intero”.