La famiglia di Paglia non è quella di Müller
Su matrimonio, divorzio, famiglia dibattito a distanza tra il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e il presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia ed ex vescovo di Terni. Il quale rifiuta paletti e norme, in nome di "freschezza e gioia".
La copia dell'Osservatore Romano di mercoledì non deve essere finita sulla scrivania di monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia e già vescovo di Terni. In quell'edizione dell'organo ufficiale della Santa Sede, il giornale del Papa, c'erano due lunghe e dense pagine firmate dal prefetto della congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, in cui si fissavano paletti robusti e precisi su matrimonio, divorziati, famiglia. L'Osservatore Romano presentava il documento come "contributo" in vista del Sinodo sulla pastorale della famiglia annunciato e convocato da Francesco per l'autunno del 2014.
Eppure, a leggere la dotta lezione di Müller, quelle parole sembravano ben di più che un semplice contributo: era dottrina, chiara e netta, emessa da quello che un tempo era il Sant'Uffizio. Vincoli ben determinati su ciò che è ammesso e ciò che è contrario alla volontà di Dio. Su ciò che è nella disponibilità dell'uomo e ciò che non è più nel suo libero arbitrio. Non a caso, nei settori progressisti più allergici ai recinti dottrinali e tutto ciò che sa di depositum fidei, è già partita la campagna per fare del testo del prefetto tedesco niente di più che un parere personale. Due le strategie: o derubricare il documento a piccola dichiarazione da allegare al kit dei padri sinodali, o non dare a esso troppa pubblicità.
Che delle parole di Müller si possa fare a meno, sembra convinto anche monsignor Paglia, che sul tema è intervenuto con un'intervista concessa venerdì ad Avvenire. Da parte sua nessuna lezione di teologia sacramentale, naturalmente. Semplicemente, un copia-incolla del lessico più usato da Francesco, nel maldestro tentativo di far proprie le immagini lanciate da Bergoglio che tanto piacciono e sono di moda – in curia è tempo di nomine, e il titolare del Pontificio consiglio per la famiglia non è stato ancora confermato.
Mons. Paglia parla di "ferite" da curare (ecco l'ospedale da campo che torna), invoca "semplicità, trasparenza, stile accogliente e linguaggio di immediata comprensione". Spera che attorno a queste parole d'ordine si sviluppi la discussione sinodale. E questo perché "si tratta con tutta evidenza di un'urgenza assoluta non solo dal punto di vista pastorale, ma anche sociale, culturale, politico". Ma Paglia va oltre, e siccome a bordo di un aereo e parlando a braccio il Pontefice aveva detto che del problema dei divorziati risposati bisognava discutere, l'ex vescovo di Terni tenta la fuga in avanti e arriva a dire che "la nostra attenzione deve essere rivolta a tutte le famiglie, e dico davvero a tutte, senza esclusioni di sorta".
Su cosa intenda per "tutte", è più chiaro qualche riga dopo: "La famiglia è la cosa più bella del mondo". E lo sguardo della chiesa "deve comprendere e accogliere persone separate, divorziati non risposati e divorziati risposati, persone chiedono di verificare la nullità del loro matrimonio, conviventi". Una sfida che il prelato definisce "globale", ma d'altronde, "cosa c'è di più globale della famiglia?". Famiglia, che, dice Paglia, "è la cosa più bella del mondo". Parla di misericordia, l'ex vescovo di Terni, come se la misericordia fosse una specie di colpo di spugna che cancella ogni cosa.
Ma anche qui, a chiarire come stiano le cose per la dottrina cattolica, è intervenuto Müller: "Attraverso quello che oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia si incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di Dio, secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare. Al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia; se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia".
E la famiglia è una sola, e risponde alla chiamata di Dio che si concretizza – per citare il Papa ad Assisi – nella "vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita". Il prefetto custode della fede recepisce l'indicazione di Bergoglio e la amplia, irrobustendola di teologia: "Il matrimonio è inteso come una completa comunione corporale e spirituale di vita e di amore tra uomo e donna, che si donano e si accolgono l’un l’altro in quanto persone. Attraverso l’atto personale e libero del reciproco consenso viene fondata per diritto divino un’istituzione stabile, ordinata al bene dei coniugi e della prole, e non dipendente dall’arbitrio dell’uomo: questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità".
E' chiaro mons. Muller, anche nel chiarire che neppure il pentimento può consentire ai divorziati risposati l'accostamento ai sacramenti. La Chiesa cattolica non è la Chiesa ortodossa, e la prassi della "seconda possibilità", pure citata nell'intervista aerea dello scorso luglio direttamente da Papa Francesco, non è possibile: "Questa prassi non è coerente con la volontà di Dio, chiaramente espressa dalle parole di Gesù sulla indissolubilità del matrimonio, e ciò rappresenta certamente una questione ecumenica da non sottovalutare". Insomma, non c'è molto da discutere. Se questa è la volontà di Dio, dice Müller, non si può innovare né inventare alcunché.
Una linea che tutti (a cominciare dai responsabili di curia in materia) dovrebbero seguire e osservare. Ma mons. Paglia, sempre su Avvenire, non ci sta e dice che "non abbiamo bisogno di nuovi interventi normativi, ma di freschezza e di gioia". I vescovi, aggiunge, "avranno senz'altro l'opportunità di approfondire le questioni dottrinali più urgenti, ma l'urgenza è un'altra: "Accogliere e ascoltare le famiglie così come sono, tutte le famiglie, nella complessità delle varie situazioni". Il motivo lo spiega lo stesso prelato: "La pastorale familiare deve essere profondamente ridefinita in un'ottica di semplicità e di immediatezza. Dobbiamo essere sempre più in grado di parlare a tutti, con un linguaggio capace di coniugare verità e misericordia". Insomma, per il presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, basta paletti e vincoli fastidiosi: più che dottrina, servono freschezza e gioia.
Oltre al testo di Müller, evidentemente, non aveva letto in anticipo neppure il testo che il Papa avrebbe letto venerdì a mezzogiorno davanti alla plenaria dell'organismo presieduto proprio da Paglia: "La famiglia – chiariva Francesco – si fonda sul matrimonio. Attraverso un atto d’amore libero e fedele, gli sposi cristiani testimoniano che il matrimonio, in quanto sacramento, è la base su cui si fonda la famiglia e rende più solida l’unione dei coniugi e il loro reciproco donarsi. Il matrimonio è come se fosse un primo sacramento dell’umano, ove la persona scopre se stessa, si auto-comprende in relazione agli altri e in relazione all’amore che è capace di ricevere e di dare".