«La famiglia contro la desertificazione delle nostre città»
Consueta udienza generale del mercoledì con la catechesi di Papa Francesco sulla famiglia. Nel suo intervento, il Pontefice ha parlato della famiglia come antidoto «alla desertificazione delle nostre città» e ha affrontato la modalità in cui essa vive la responsabilità di comunicare la fede agli uomini di oggi.
È proseguita oggi in Piazza San Pietro, nel corso della consueta udienza generale del mercoledì, la catechesi di Papa Francesco sulla famiglia. Nella catechesi odierna, ancora una volta dedicata al tema della famiglia, Papa Francesco ha affrontato la modalità in cui essa vive la responsabilità di comunicare la fede, e per fare questo si è inizialmente soffermato su un brano del Vangelo che illustra come «ci possono venire alla mente alcune espressioni evangeliche che sembrano contrapporre i legami della famiglia e il seguire Gesù. Per esempio, quelle parole forti che tutti conosciamo e abbiamo sentito: “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me” (Mt 10,37-38)».
Naturalmente, pronunciando queste “parole forti” Gesù «non vuole cancellare il quarto comandamento», onora tuo padre e tua madre” (Es 20,12), che come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, «apre la seconda tavola della Legge» e «indica l’ordine della carità» (n. 2197). Laddove i primi tre comandamenti riguardano Dio, il quarto «è il primo grande comandamento verso le persone». Nota a tal proposito Papa Francesco: «neppure possiamo pensare che il Signore, dopo aver compiuto il suo primo miracolo per gli sposi di Cana, dopo aver consacrato il legame coniugale tra l’uomo e la donna, dopo aver restituito figli e figlie alla vita famigliare, ci chieda di essere insensibili a questi legami! Quella non è la spiegazione, no».
Al contrario, aggiunge il Santo Padre, «quando Gesù afferma il primato della fede in Dio, non trova un paragone più significativo degli affetti familiari». All’interno dell’esperienza della fede e dell’amore di Dio, infatti, questi stessi legami familiari vengono trasformati, assumono un senso più grande e «diventano capaci di andare oltre sé stessi, per creare una paternità e una maternità più ampie, e per accogliere come fratelli e sorelle anche coloro che sono ai margini di ogni legame». Anche in questo caso, onde illustrare tale insegnamento, il Papa ricorre a un’altra pagina evangelica. «Un giorno, a chi gli disse che fuori c’erano sua madre e i suoi fratelli che lo cercavano, Gesù rispose, indicando i suoi discepoli: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre” (Mc 3,34-35)».
Ecco allora che «la sapienza degli affetti che non si comprano e non si vendono è la dote migliore del genio familiare. Proprio in famiglia impariamo a crescere in quell’atmosfera di sapienza degli affetti. La loro “grammatica” si impara lì, altrimenti è ben difficile impararla. Ed è proprio questo il linguaggio attraverso il quale Dio si fa comprendere da tutti». Non accontentandosi di rilevare l’importanza della funzione di trasmissione della fede e di circolazione e apprendimento di questa “grammatica” di sapienza degli affetti all’interno dell’ambito familiare, papa Francesco ha inoltre offerto uno sguardo sulla funzione esterna, pubblica e comunitaria della vita familiare: «La circolazione di uno stile familiare nelle relazioni umane è una benedizione per i popoli: riporta la speranza sulla terra. Quando gli affetti familiari si lasciano convertire alla testimonianza del Vangelo, diventano capaci di cose impensabili, che fanno toccare con mano le opere di Dio, quelle opere che Dio compie nella storia, come quelle che Gesù ha compiuto per gli uomini, le donne, i bambini che ha incontrato».
«La famiglia che risponde alla chiamata di Gesù», ha proseguito il Santo Padre, «riconsegna la regia del mondo all’alleanza dell’uomo e della donna con Dio. Pensate allo sviluppo di questa testimonianza, oggi. Immaginiamo che il timone della storia (della società, dell’economia, della politica) venga consegnato – finalmente! – all’alleanza dell’uomo e della donna, perché lo governino con lo sguardo rivolto alla generazione che viene». Per «contrastare la desertificazione comunitaria della città moderna», occorre dunque ricominciare a dare «protagonismo – a partire dalla Chiesa – alla famiglia che ascolta la parola di Dio e la mette in pratica».
Ecco dunque ritornare, nella catechesi del Papa, un richiamo alle modalità in cui la famiglia vive la responsabilità di comunicare la fede, nella sua dimensione interna e nella sua capacità senza eguali di proiettare all’esterno i frutti dell’alleanza con Dio. Se è certo che nessuna ingegneria economica e politica è in grado di sostituire l’apporto delle famiglie, «il sorriso di una famiglia è capace di vincere questa desertificazione delle nostre città. E questa è la vittoria dell’amore della famiglia».