La Dottrina Sociale della Chiesa secondo Paul Ryan
È cattolico, dunque liberista. Paul Ryan, ex candidato alla vicepresidenza con i Repubblicani, è uscito politicamente indenne dalla sconfitta del 2012. Ed oggi è premiato da destra e sinistra per il suo realismo in un momento di scontro duro.
L’uomo più di buon senso oggi negli Stati Uniti? Il deputato Repubblicano Paul Ryan, che la disavventura delle presidenziali dell’anno scorso al fianco di Mitt Romney non ha affatto travolto. È da sempre l’avversario più agguerrito e partigiano dello statalismo di Barack Obama, e ora lo lodano tutti perché, di fronte, all’impasse sulla legge finanziaria che per diversi giorni ha costretto il Paese allo shutdown, minacciando addirittura il default per il 17 ottobre, coniuga rigore e disponibilità, fermezza ed equilibrio. Dire che lo lodano tutti non è una boutade: The Wall Street Journal, la casa madre dei “falchi liberisti”, gli concede ampio spazio per spiegarsi e, sul fronte opposto, persino The Washington Post, la “bibbia” dei liberal, ne applaude il realismo.
Ricapitolando: l’accordo tra Democratici e Repubblicani raggiunto in extremis alla Camera federale il 16 ottobre (alla vigilia cioè del minacciato default) congela il Paese in una tregua armata che durerà fino al 15 gennaio 2014 per quanto riguarda la tenzone sullo shutdown e al 7 febbraio per quella relativa al tetto legale del debito pubblico, appena innalzato, e l’eroe del giorno è Ryan il cattolico. Fa la differenza? La fa eccome. Non è scontato, infatti, che, in una situazione di scontro politico così serrato e su questioni che parrebbero riguardare solamente l’“arida” economia, prevalga la cristallina capacità di vedere, oltre le nebbie del cerchiobottismo, quale sia il bene comune. Ma Ryan è capace, e così è perché il motore della sua azione politica è quel cattolicesimo incarnato anche in una precisa cultura, che nel campo dell’agire politico prende il nome di Dottrina Sociale della Chiesa. Ryan la dottrina sociale cattolica la conosce bene, e mai ha nascosto di attenervisi. Liberista intransigente in economia, Ryan si fa ispirare dalla Dottrina Sociale della Chiesa anche (soprattutto?) il proprio liberismo economico.
Invece dei tagli a casaccio su certi capitoli di spesa pubblica praticati pescando di volta in volta dove capita solo per accontentare i due partiti rivali nell’immediato, suggerisce ai Repubblicani di acconsentire al rinvio di certi tagli meno strutturali in cambio dell’impegno dei Democratici a riformare seriamente le voci più urgenti. La previdenza sociale e la tassazione anzitutto, le quali, se nulla muterà, porteranno il Paese al collasso. Lo dimostra del resto perfettamente l’analisi pubblicata in settembre dall’Ufficio di bilancio del Congresso federale; Ryan è fra coloro che giudicano l’assistenzialismo una cura peggiore della malattia (sia sul piano economico, sia sul piano morale); e però i liberal di The Washington Post sono per una volta d’accordo. Aggiunge Ryan che la revisione profonda e completa del ruolo dello Stato nell’aiuto (indispensabile) ai cittadini più vulnerabili potrà scongiurare la bancarotta, far fuoriuscire il Paese dal clima di “governo d’emergenza” permanente in cui versa (e in cui i compromessi di piccolo cabotaggio lo mantengono), innescare nei meno abbienti uno spirito di liberazione dalla sindrome di schiavitù dagli apparati pubblici, e iniziare una razionalizzazione fiscale che consentirà ai cittadini prospettive di più lungo termine e maggior certezza del diritto. È insomma l’offerta di un terreno di lavoro non cedevole per entrambe le parti politiche.
Ebbene, il cattolico Ryan, che è anche il liberista Ryan, fa politica di respiro ampio perché il suo “liberismo” è una visione della cosa pubblica intrinsecamente cattolica (laddove “intrinsecamente cattolica” significa inamovibilmente tale, ma senza bisogno di esplicitarlo di continuo con modi che possono alla fine risultare persino stucchevoli). I cattolici americani lo salutano infatti con fervore. Verrebbe da dire i cattolici “integrali”, “seri”, persino “conservatori”, ma sarebbe pleonastico e alla fine addirittura controproducente. È sufficiente intendere i cattolici americani che prendono sul serio il cattolicesimo, e che lo fanno lasciandosi orientare in politica dalla Dottrina Sociale della Chiesa: per esempio quelli di CatholicVote, una organizzazione nata nel 2008 e presieduta da Brian Burch il cui ambito di apostolato è quello di spingere i cattolici a muoversi nell’arena pubblica anche con il mero voto, ma coerente con la verità in cui si riconoscono. «Per la prima volta in troppi anni», scrivono di Ryan quelli di CatholicVote, «sembra che dietro a un progetto politico, non inteso soltanto come polpetta avvelenata per questo o per quello, vi sia uno slancio. Stiamo cioè vedendo una cosa che di questi tempi scarseggia molto. Stiamo vedendo alzarsi da Washington la vera arte del governare».