La digitalizzazione ad personam di Casaleggio
Casaleggio accusato di orientare le scelte governative in funzione del suo business. Il Piano quinquennale per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che conteneva un ringraziamento esplicito a Casaleggio, è bloccato da Pd e Leu perché in odore di conflitto di interessi e per il pericolo che poneva alla privacy
Per decenni l’ossessione della sinistra è stata quella del conflitto di interessi di Silvio Berlusconi. Soprattutto in materia televisiva, ma anche sui temi della giustizia, il ritornello dei suoi avversari era quello delle leggi “ad personam”, cioè emanate ad uso e consumo del Cavaliere e dei suoi interessi.
Oggi la sinistra sembra cambiare bersaglio, un po’ perché Berlusconi non fa più paura politicamente, un po’ perché l’alleanza di governo scricchiola. Ora il Pd e gli altri partiti di quell’area politica ce l’hanno con la Casaleggio associati e puntano il dito contro i suoi conflitti di interessi. Ciclicamente in questa legislatura, cioè da quando i grillini sono andati al governo, esponenti dem si sono scagliati contro Davide Casaleggio e la sua azienda, accusata di orientare le scelte governative in funzione del suo business. Insomma, la politica utilizzata per fare affari e incrementare i profitti è un po’ l’immagine che si ricava da oltre un anno e mezzo di presenza del Movimento Cinque Stelle nella maggioranza che guida il Paese (prima con la Lega, poi con la sinistra).
L’ultima polemica in ordine di tempo riguarda il Piano quinquennale per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, presentato due giorni fa in Consiglio dei Ministri da Paola Pisano, Ministro dell’innovazione, e al momento fermo ai box. Il freno è stato imposto dal Pd e da Leu, che si sono rifiutati di inserirlo nel decreto Milleproroghe, preferendo un approfondimento parlamentare sul tema. Sicuramente la digitalizzazione è una delle sfide più avvincenti per il sistema Paese. L’innovazione nel rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione è un obiettivo da coltivare per snellire la burocrazia e potenziare i diritti di cittadinanza, ma non deve diventare un business per chi la promuove. Si tratta di soldi dei cittadini, che devono essere utilizzati per esclusive finalità di interesse pubblico, senza ritorni per nessuno e senza strumentalizzazioni.
In questo caso il piano presentava due punti deboli. Bene ha fatto quindi la sinistra a stopparlo. Anzitutto nel documento si ringrazia Davide Casaleggio per il suo contributo all’elaborazione del piano. Peccato, però, che la sua azienda stia puntando moltissimo sulle consulenze proprio in materia di blockchain e di smart company, vale a dire le aziende che puntano a sviluppare il business su internet grazie all’impatto della quarta rivoluzione industriale. L’imbarazzo è nell’aria perché c’è la fondata preoccupazione che le scelte inserite in quel documento possano in qualche modo favorire gli interessi di Casaleggio e soci. Sarebbe quindi opportuno che la Pisano spiegasse nei dettagli l’effettivo apporto del vero dominus del Movimento Cinque Stelle alla redazione di quel progetto. Quand’anche si fosse trattato di consulenze gratuite, saremmo comunque di fronte a una anomalia, perché presumibilmente le finalità di quel piano rispecchierebbero gli interessi della Casaleggio associati. Ai tempi delle polemiche sul potere mediatico di Berlusconi una storia come questa avrebbe riempito le prime pagine dei giornali e le aperture di tutti i telegiornali. Oggi viene tenuta in sordina, nonostante le potenzialità della Rete rendano ancora più devastante l’impatto di eventuali situazioni di vantaggio per qualcuno.
Il piano della Pisano è stato al momento accantonato anche per il rischio privacy. Pare che nel progetto sia prevista la creazione di un fascicolo digitale per ciascuno di noi, con tanto di dati sensibili, password e credenziali. Dove finirebbe tutta questa massa di informazioni? Si tratta di uno scenario da Grande Fratello, senza vere garanzie per la riservatezza, considerato che i cloud sono privati e non gestiti in modo neutrale da un potere pubblico.
Tanti buoni motivi, quindi, per sospendere l’iniziativa e per individuare altre strade per digitalizzare il sistema Italia. Su questo versante più che mai occorre tenere distanti gli interessi economici dei privati dalla pianificazione strategica pubblica. Anche perché controllo dei dati, in ultima analisi, può anche voler dire manipolazione del consenso elettorale.