La diga rotta. Fiducia supplicans e la lobby arcobaleno
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Un volume della TFP spiega come la controversa dichiarazione vaticana sulla benedizione alle coppie gay sia il punto di rottura dopo decenni di infiltrazioni omosessualiste volte a cambiare la prassi e la dottrina della Chiesa.
Se un tempo si temeva che i cavalli dei cosacchi giungessero ad abbeverarsi in piazza San Pietro, oggi cavalli e cosacchi rischierebbero di essere travolti con tutta la piazza da un’esondazione: non è il “biondo Tevere”, bensì la marea montante di lobby arcobaleno attive dentro e fuori il sacro recinto, evocata dall’immagine di copertina così come dal titolo del volume La diga rotta. La resa di Fiducia supplicans alla lobby omosessuale, di José Antonio Ureta e Julio Loredo, pubblicato dall’associazione Tradizione Famiglia Proprietà (TFP), con prefazione di mons. Rob Mutsaerts, vescovo ausiliare di ‘s-Hertogenbosch. A rompere la diga è stata la recente e controversa dichiarazione Fiducia supplicans (FS) del Dicastero per la Dottrina della Fede. Ma la struttura era minata da decenni, come spiega Julio Loredo a La Bussola.
«Le rivoluzioni sono come la rottura di una diga», leggiamo nell’introduzione del volume che Lei ha scritto insieme a José Antonio Ureta. FS è molto più di un semplice documento?
Quando una diga si rompe gli ingegneri si domandano cosa si fosse già indebolito nelle strutture. FS è la rottura della diga, ma non vi si è giunti da un momento all'altro: c'è stata tutta una preparazione, un'infiltrazione voluta da lobby o movimenti omosessualisti nella Chiesa che da decenni lavorano per cambiare prima la prassi e poi la dottrina in tema di omosessualità.
Ma sullo stesso argomento non si era espresso appena due anni prima lo stesso Dicastero e in modo completamente diverso?
Anche se il responsum ad dubium del 2021 ribadisce la dottrina tradizionale, è un'eccezione nel pontificato di Papa Francesco. Nei pontificati precedenti tutti i documenti e la prassi della Chiesa – elencati nel libro – erano volti ad arginare la marea montante del movimento omosessualista. L’infiltrazione già c'era, ma nella sua pastorale e dottrina la Chiesa manteneva la linea di sempre. Il cambiamento comincia con l'attuale pontificato, sin da quella prima intervista del 2013: «Chi sono io per giudicare?». Si può discutere sulla reale portata della frase, presa nel contesto, ma come sappiamo a contare non è il fatto bensì la notizia, che è stata più importante della frase in sé. Poi c’è stato un cambio assai radicale di atteggiamento. Se nel 2021 il cardinale Ladaria aveva detto che assolutamente non si possono benedire le coppie omosessuali, due anni dopo lo stesso dicastero con il cardinale Fernández ha detto l'opposto.
Rifiutare queste benedizioni significa forse discriminare, come pensano alcuni?
L’intento del libro non è condannare nessuno bensì esporre la dottrina cattolica che, come abbiamo chiarito sin dalle prime pagine, distingue da sempre fra le tendenze e la condotta omosessuale. La tendenza omosessuale non è un peccato e queste persone hanno tutto il nostro rispetto, la nostra benevolenza e il nostro appoggio, umano e spirituale. A far problema è la condotta di chi coscientemente pratica questi atti – problema che raggiunge l'apice quando si trasforma in un movimento, in quelle che genericamente chiamiamo lobby omosessualiste.
Anche lobby intraecclesiali?
Dagli anni ‘50-‘60 si era diffuso in ambienti ecclesiastici un clima di relativa tolleranza verso condotte omosessuali, un cedimento a livello pratico, cui è seguita una vera e propria infiltrazione, già denunciata dal cardinale Ratzinger. Sin dai primissimi Pride – ho visto foto di quello del 1972 a New York – c’erano interi settori cattolici, compresa una fila di gesuiti con tanto di clergyman. Segno evidente che da molto tempo prima c'era già chi lavorava in tal senso all'interno della Chiesa.
Solo nella prassi o anche a livello di teorizzazione?
Il quarto capitolo del libro («La quinta colonna») delinea le nuove teorie teologiche con cui si era cominciato a picconare la diga. Negli anni ‘70 non cercavano più di cambiare la prassi, ma la dottrina della Chiesa. Un grosso contributo, dopo il 1980, è venuto nell’ambiente della teologia della liberazione: poiché il marxismo stava morendo sono andati alla ricerca di altre categorie di “oppressi” da liberare.
Un indizio della portata di FS si coglie anche vedendo le reazioni contrastanti: chi esulta e chi invece (comprese intere conferenze episcopali che non si possono certo accusare di essere scismatiche) ne prende le distanze.
Mi meraviglio quando sento dire che in fondo ci sono sempre state controversie nella Chiesa: è vero, ma il punto è che un tempo erano i nemici della Chiesa a reagire contro; oggi invece le lobby omosessualiste esultano, mentre i “buoni” si sono sentiti colonizzati.
Ma come ci si pone di fronte a un documento problematico che però è uscito dal Dicastero per la Dottrina della Fede ed è approvato dal Papa?
Il problema è comprendere il ruolo di Pietro. Al riguardo giova rileggere un documento sul Primato del successore di Pietro nel mistero della Chiesa, del 1998, a sua volta firmato da Ratzinger e approvato da Giovanni Paolo II, proprio sull’autorità del Papa e sui suoi limiti. Il Papa è vicario di Cristo, non si può sostituire a Lui. Pur avendo un potere molto ampio, deve sottostare alla Scrittura e alla Tradizione della Chiesa. Lo stesso dogma dell'infallibilità pontificia pone paletti chiari. Ciò che un Papa dice (chiunque sia, che ci piaccia di più o di meno) va letto nell'insieme del magistero bimillenario della Chiesa. Altrimenti ogni Papa rischierebbe di ripartire da zero e farsi una nuova rivelazione.
Alla luce di questo scenario come si rimette in piedi la diga?
Oggi stiamo vivendo un momento “privilegiato” per certi versi: riprendendo una celebre metafora, finalmente la rana si è resa conto che l'acqua è bollente. Ci si è tranquillizzati a lungo dicendo che in fondo non ci si doveva preoccupare più di tanto. Poi con FS scoppia una bomba e le persone si sono rese conto che l'acqua scotta e reagiscono. Oggi è palese che c'è un movimento che da molto tempo lavora all'interno della Chiesa e che sta portando verso indirizzi opposti a quelli voluti da Nostro Signore. Come reagire? Preghiera e sacrificio, come ha chiesto la Madonna a Fatima. E testimonianza, cioè manifestare pubblicamente la verità. La “resistenza” di Paolo nei confronti di Pietro (Gal 2,11) non implicava una mancanza di rispetto e di obbedienza, né ribellione o scisma: è una resistenza mossa dall'amore per il Papato.
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