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USA IN FIAMME

La difficile lotta di Trump contro gli Antifa(scisti)

Le violenze nelle maggiori città americane ormai non riguardano più l'uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto. Sono diventate violenze politiche, ai danni di comuni cittadini, alimentate da gruppi di Antifa (abbreviazione di "antifascisti"), i black block anarchici americani. Trump li vorrebbe designare "organizzazione terrorista", ma è una partita politica e legale difficile.

Esteri 02_06_2020
Rivolta ad Atlanta

Il 30 maggio, dal quartier generale della Nasa di Cape Canaveral, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha trovato un momento per commentare l’assoluta ingiustizia delle rivolte violente che sono ben presto dilagate in tutta l’America, all’indomani della morte dell’afro-americano George Floyd, morto tragicamente la settimana scorsa durante un arresto brutale della polizia. Trump non ha usato mezzi termini per descrivere gli attacchi incendiari insensati, i saccheggi, la violenza fisica che ha diviso l’America, una nazione che sta ancora soffrendo per tre mesi di lockdown draconiano per la prevenzione dell’epidemia di coronavirus, che ha lasciato sul terreno 40 milioni di disoccupati, paura e fame. Queste rivolte hanno gettato benzina sull’inferno americano, scoppiando in almeno 12 fra le città più grandi, fino ad ora.

Il discorso di Trump, che ha preceduto le sue congratulazioni per lo storico lancio congiunto di Nasa e Space X nello spazio, ha condannato senza riserve le violenze di massa che sono scoppiate a Minneapolis prima di dilagare. Durante il fine settimana, la violenza organizzata ha portato all’incendio di molti più negozi, rasi al suolo dalle fiamme e completamente saccheggiati. Centinaia di auto, furgoni e camion sono stati dati alle fiamme con bombe incendiarie artigianali, compresi veicoli delle forze dell’ordine, autoambulanze, camion dei pompieri e molti altri servizi di primo soccorso. Trump ha mobilitato la Guardia Nazionale per riportare la calma nel caos, aumentato fino al coinvolgimento di passanti innocenti picchiati da uomini mascherati al grido di “morte ai bianchi!”.

“La morte di George Floyd nelle strade di Minneapolis è stata una grave tragedia. Non dovrebbe mai ripetersi. Ha colmato tutta l’America di orrore, indignazione e cordoglio”, ha detto Trump. Durante il suo discorso televisivo, Trump ha confermato di aver telefonato prima alla famiglia Floyd “ed espresso il dolore dell’intera nazione per la sua perdita”. Trump è passato poi in fretta a dire che nessuna violenza commessa come rappresaglia per l’omicidio di Floyd è giustificata. È un disonore totale, ha detto, e trae vantaggio della situazione per spingere altri programmi ideologici sovversivi.

Il presidente ha fatto sue le parole di altri due importanti sindaci neri americani, Melvin Carter di St. Paul, la città gemella di Minneapolis, e Keisha Lance Bottoms, di Atlanta, la cui città, storicamente segregazionista, fu il cuore del movimento per i diritti civili negli anni Sessanta. Bottoms ha detto agli istigatori delle rivolte che non hanno diritto di scendere in strada e “dovrebbero tornare subito a casa”. Anche Alveda King, nipote di Martin Luther King, ha detto a Fox News, in un’intervista esclusiva, che l’eruzione di violenza era una disgrazia totale secondo il suo eroico zio che mirava alla trasformazione pacifica della comunità nera americana. “Dobbiamo fermare la violenza… Se mio zio Martin Luther King (fosse vivo oggi, ndr) andrebbe a casa a pregare”.

“Quel che stiamo vedendo adesso per le strade delle nostre città non ha nulla a che vedere con la giustizia e la pace”, ha ribadito con durezza Trump. “Quelli che prendono scuse per giustificare la violenza non stanno aiutando i più deboli, ma stanno provocando nuovo dolore e angoscia”, ha detto riferendosi alle centinaia di proprietari nelle città, molti dei quali neri, che hanno perso la casa e i risparmi di una vita quando i loro appartamenti e negozi sono andati in fumo.

“La mia amministrazione fermerà la violenza di massa, la fermeremo. Non è al servizio degli interessi della giustizia, né di alcun cittadino di nessuna etnia, colore o credo che il governo si arrenda all’anarchia, abbandoni i presidi di polizia o permetta alle comunità di essere rase al suolo. Non succederà”. Le parole di avvertimento hanno confermato quel che aveva scritto in due tweet sulla risposta da dare ai rivoltosi violenti, se avessero attaccato la Casa Bianca o causato altre distruzioni indiscriminate altrove. I delinquenti rivoltosi sarebbero stati accolti “dai cani più feroci e dalle armi più potenti” e ha ricordato loro che “quando iniziano i saccheggi, si inizia a sparare”. “Io sono qui in veste di alleato, per ogni americano che chiede giustizia e pace. Io mi metto di fronte a voi opponendomi fermamente a chiunque sfrutti questa tragedia per rubare, attaccare e minacciare. Guarigione, non odio, giustizia, non caos, sono le nostre missioni”. Per Trump, la violenza organizzata sta distruggendo il sogno americano: “Proprio ora l’America ha bisogno di chi crea, non di chi distrugge, di cooperazione e non di recriminazione, di sicurezza e non di anarchia. E non prevarrà l’anarchia”, ha detto.

Dobbiamo prestare attenzione a quel che Trump intende dichiarando la sua “ferma opposizione a chiunque sfrutti” l’ingiusta morte di George Floyd. Trump alludeva a quel che avrebbe detto pochi minuti più tardi, accusando “anarchici, Antifa e altri gruppi dell’estrema sinistra che stanno terrorizzando gli innocenti”. Ha poi twittato che gli Antifa saranno ufficialmente designati come organizzazione terrorista interna, garantendo alle agenzie di intelligence statunitensi il potere di spiccare mandati di arresto e di eseguire fermi dei suoi membri. Le prove raccolte sui social media, in questo fine settimana, hanno dimostrato che alcune rivolte fossero finanziate, probabilmente dagli Antifa o da altri gruppi simili. Un video mostra un uomo bianco con la barba che consegna denaro in contanti a un manifestante nero, mentre gli dà ordini su come usare materiale per fare barricate: “C’è molto altro materiale che possiamo disporre qui e (sic!) tre tavoli da picnic là”. Il problema dell’annuncio del presidente Trump sugli Antifa quale organizzazione terrorista è che, come noto, a loro grande vantaggio, non hanno una vera gerarchia, neppure un solo sito web. Essendo la più segreta delle società segrete, è difficile per l’amministrazione Trump individuarne i leader.

Inoltre c’è un problema legale, visto che non è ben definito cosa possa fare il governo federale degli Usa per incriminare e punire i gruppi terroristi interni. Come riporta il New York Times: “Gli Antifa non sono un’organizzazione, non hanno un leader, una gerarchia o una qualunque altra struttura centralizzata. È un movimento definito in modo vago, formato da persone che condividono le stesse tattiche di protesta e obiettivi. Ancor più importante, anche se gli Antifa fossero realmente un’organizzazione, le leggi che permettono al Governo Federale di definire entità terroriste e imporre loro sanzioni, sono limitate ai gruppi stranieri. Non c’è una legge per il terrorismo interno, nonostante numerose proposte di introdurne una… Quando l’Fbi ha aperto un’indagine su organizzazioni neo-naziste, come The Base e Atomwaffen Division, le ha trattate con le stesse regole concepite per la criminalità organizzata”.

Dunque, il presidente Trump dovrà battere in astuzia i terroristi interni, come gli Antifa, giocando sul loro terreno, non rivelando così apertamente le sue carte. Ora gli Antifa sanno che sono nel mirino, sicuramente si mimetizzeranno in sottogruppi ancor più criminali. Trump potrebbe battere in astuzia i terroristi, anche non giocando il loro gioco. Sembra promettente, per Trump, ricoprire il ruolo del pacificatore e mostrare la sua autentica solidarietà con la comunità nera d’America, in un periodo in cui le virtù pastorali hanno un grande ritorno in termini di fiducia e lealtà. Trump sarebbe credibile, dunque, non solo come predicatore che snocciola parole dal podio della Nasa, guardando allo spazio, ma agendo concretamente in terra. Il presidente americano deve veramente mostrare segni concreti del dolore comune, perché, da americani, “stiamo lavorando per una società più giusta… (che) significa costruire, non abbattere, stringere mani e non agitare pugni, essere solidali e non arrenderci all’ostilità”.