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LA VITA DI GESù NELL’ARTE / 27

La Deposizione nella scultura di Antelami

Il momento in cui Nostro Signore è deposto dalla Croce è raffigurato in diverse opere d’arte. Una delle più particolari porta la firma di Benedetto Antelami: si tratta di uno splendido bassorilievo in marmo rosa, conservato nella cattedrale di Parma.
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Cultura 11_07_2022

Abbiamo visto Gesù processato e condannato. La sua crudele esecuzione era solo un modo di giustiziare coloro che non erano cittadini romani (questi ultimi avevano il “diritto” alla decapitazione). La sua agonia ci ha commossi, così come ci ha impressionati la conversione del Buon Ladrone, accomunato al Signore dalla morte in croce.

Ora, il corpo senza vita di Gesù Redentore pende dalla croce. Il legno scheggiato è macchiato dal sangue, ormai scurito, di altre esecuzioni, che hanno preceduto la sua. Il legno è vivo e ci si domanda se quel legno abbia assorbito la sofferenza di chi ci è morto. Ai piedi della croce ci sono le donne: loro non gli hanno mai girato le spalle, non lo hanno rinnegato, né tradito. Questo è un dato di fatto. In tutti i Vangeli non troviamo un solo episodio in cui vediamo le donne traditrici: al contrario, loro lo hanno accompagnato fino alla fine. Si sono preoccupate per lui, hanno pianto per lui e adesso sono lì: aspettano che lo “spettacolo” finisca per poter recuperare l’amato corpo, scendendolo dalla croce. Questo momento preciso si chiama deposizione e le donne avranno bisogno di braccia forti per compiere questo rito.

È un momento raffigurato in diverse opere darte, ma una in particolare è emblematica. Si tratta di uno splendido bassorilievo in marmo rosa di Benedetto Antelami, databile al 1178 e conservato nel transetto destro della cattedrale di Parma (in origine si trovava nell’ambone). Al centro del bassorilievo Cristo viene deposto dalla Croce da Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, entrambi membri del Sinedrio ed entrambi venerati come santi dalla Chiesa cattolica, che li ricorda il 31 agosto. Gli ortodossi, invece, commemorano Giuseppe d’Arimatea la domenica dei “portatori di mirra” (la seconda domenica dopo Pasqua) e il 31 luglio.

Di lato, a sinistra, viene rappresentato un fatto narrato nei Vangeli: i soldati si dividono le vesti di Cristo, tirandole a sorte. Questo momento, ricordato dai sinottici, è rievocato in maniera dettagliata da Giovanni: «I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato - e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte» (Gv 19, 23-24).

Lepisodio della tunica ha ispirato lesegesi patristica alla ricerca di un significato simbolico. Sant’Agostino, tra tutti, si ferma a cercare una ragione recondita dell’evento: “La veste del Signore Gesù Cristo, divisa in quattro parti, raffigura la sua Chiesa distribuita in quattro regioni (...) è per questo che il Signore invierà i suoi angeli per raccogliere gli eletti dai quattro venti, cioè dalle quattro parti del mondo: oriente, occidente, aquilone e mezzogiorno. Quanto alla tunica tirata a sorte, essa significa l’unità di tutte le parti, saldate insieme dal vincolo della carità” (Sermone 118, 3).

Le figure femminili, ai lati della Croce, sono simboliche: quella di destra rappresenta la Chiesa vincitrice. Un’altra figura femminile si trova a sinistra e ha in mano il calice: rappresenta il sacrificio di Cristo. Maria, la madre di Cristo, si trova vicino alla Chiesa e tiene la mano di Gesù. Sono presenti alcune pie donne come nella tradizione iconografica, basata sui Vangeli. Le figure sono disposte affiancate, come nei mosaici bizantini di Ravenna. Antelami usa diversi tipi di rilievo, a volte alti a volte più bassi: è un metodo che serve a dare un senso di profondità dello spazio. Le figure e le pieghe del panneggio sono scolpite in modo rigido.

In alto, sul fregio, è presente la firma di Antelami: è una delle prime firme delle opere medievali. Nella scritta si legge: "Nell’anno 1178, mese di aprile, uno scultore realizzò quest’opera; questo scultore fu Benedetto detto Antelami".

Il bassorilievo è un tipo di scultura che è esistito in ogni civiltà. Questo tipo di scultura è stato utilizzato sia dagli antichi popoli di Egitto, Mesopotamia, India e Cina sia nei più recenti periodi del Medioevo e del Rinascimento dell’arte europea. Se presso i popoli mesopotamici, il bassorilievo assunse una funzione fondamentale e simile agli affreschi rinascimentali, nell’antica Grecia invece rimase un’attività secondaria rispetto all’altorilievo e al tutto tondo. Nel Medioevo il bassorilievo tornò in auge con l’affermazione della decorazione minuta e ricca, mentre con il romanico incominciò un processo inverso che terminerà ai tempi del barocco, che però lasciò spazi per nuove vie espressive come il “rilievo schiacciato” di Lorenzo Ghiberti. Nel Novecento i movimenti cubista e dadaista, con il loro collage infarcito di elementi non pittorici, crearono un ponte fra scultura e pittura in grado di aprire nuove prospettive per il bassorilievo.

Benedetto Antelami (Val d’Intelvi, 1150 circa - 1230 circa) è stato attivo prevalentemente a Parma. È uno dei pochi artisti italiani di rilievo del XII-XIII secolo dei quali ci sia giunto il nome. Insieme a Nicola Pisano costituisce una delle personalità (quella di Antelami in anticipo rispetto a Pisano) che contribuirono alla diffusione della cultura gotica in Italia e alla sua rielaborazione in chiave classica. La ricostruzione dei dati biografici dell’Antelami (la sua origine, la formazione artistica e le vicende professionali che lo avrebbero visto operare come scultore e come architetto) si avvale delle uniche due iscrizioni datate che l’artista ha lasciato a Parma: questa di cui parliamo qui, del 1178, sulla Deposizione della cattedrale (Benedictus Antelami dictus) e quella del 1196 sull’architrave del portale nord del battistero (Benedictus); un altro punto di riferimento è dato dal confronto critico delle opere parmensi autografe con altre sculture di area emiliana e francese.

Guardando la Deposizione, non possiamo non considerare l’enorme ruolo di mecenate che la Chiesa ha avuto nei secoli. Commissionando opere agli artisti, non solo li ha resi immortali, ma ha regalato a noi e alle generazioni che ci succederanno il grande dono della bellezza. E, attraverso l’arte, ci regala pure il dono della fede.