Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
Natale, una storia vera/8

La data della nascita di Gesù, i fatti parlano

La scelta della celebrazione del Natale al 25 dicembre, in una data ora, risponde a un accadimento storico con tracce precise. L’anno è individuato nel 2 a.C. dell’attuale cronologia. L’orario è attestato dal Vangelo di san Luca: di notte. Il periodo dell’anno è circoscritto da molti indizi: negli ultimi giorni di calendario.

Ecclesia 27_12_2020

Non stiamo parlando di un’idea o di una proiezione della volontà umana su Dio, ma dell’evento dell’incarnazione di Dio nella realtà creaturale umana. Il celebrarne la festa, il fatto storico in una data e in un’ora, dice tutta la veridicità del fatto oggettivo, sottraendola a riduzioni e interpretazioni più o meno dal punto di vista dell’uomo, anche se Dio si serve delle creature spirituali (gli angeli) e di quelle materiali: gli astri, gli uomini (Giuseppe e Maria), il lavoro (i pastori) e anche gli animali (gli agnelli).

L’anno è individuato oltre ogni ragionevole dubbio: il 2 a.C. dell’attuale cronologia. L’orario è attestato dal Vangelo di san Luca: di notte. Il periodo dell’anno è circoscritto da molti indizi: negli ultimi giorni di calendario. La luce è un argomento forte, che san Giovanni usa per parlare di Gesù che viene nel mondo. Gesù stesso riempie di luce un segno probabilmente occorso in prossimità di quella data (Gv cap. 9). San Luca scrive che “c’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce”.

Il massimo della luce si addice al massimo del buio: la mezzanotte. Il mese di kislev del calendario ebraico è a cavallo di novembre e dicembre. La festa della luce dura otto giorni a partire dal giorno 25: l’ultimo giorno è quello con più luce, già nel mese lunare successivo, teveth, il 2 o il 3 del mese (ci sono anni in cui kislev ha 29 giorni e anni in cui ne conta 30). Quando i cristiani stabilirono la data del Natale, enfatizzarono il giorno che identifica la festa, il 25, e il mese, dicembre, in cui solitamente cade l’ottavo giorno dopo il 25 kislev. Nel calendario solare giuliano allora in uso, la festa nel 2 a.C. culminò il 30 novembre, nell’1 a.C. il 18 dicembre, nell’1 d.C. il 7 dicembre e nel 2 d.C. proprio il 25 dicembre. Può perciò succedere che la data coincida con il 25 dicembre. La data fissa il riferimento alla luce e alla festa biblica che la celebra nella storia di Israele, dedicazione del tempio profanato: per Dio, l’uomo! Nessun errore o simbolismo, ma una scelta logica e coerente con i fatti.

Gesù può non essere nato il 25 dicembre? Il 25 dicembre fissa in ogni caso la puntuale realtà e la necessità di festeggiare un giorno e un’ora precisi nel dividere il tempo tra prima e dopo quel momento: la nascita di Gesù, il Verbo incarnato, vero Dio e vero uomo, Gesù che vuol dire proprio: Dio-salva! La presunta contraddittorietà delle narrazioni nei due Vangeli dell’infanzia è un altro mito da sfatare alla luce del Natale. Nella tabella sinottica sottostante si può osservare lo sviluppo cronologico dei due racconti. L’unico passaggio apparentemente problematico è da dove sia partita la Sacra Famiglia fuggendo verso l’Egitto: se da Gerusalemme subito dopo la presentazione al tempio, o se da Nazaret dopo avervi fatto ritorno. Dopo il periodo passato in esilio si stabilirono a Nazaret e in questo non c’è contraddizione. Chi ha scritto per secondo conosce quello che ha già scritto il primo, limitandosi a integrarlo, senza bisogno di ribadire.

Nessuno dei dettagli è banalmente ripetitivo e anzi un Vangelo aggiunge particolari inediti all’altro. Incoerenze evidenti? Nessuna. Luca dice che il nome “Gesù” è suggerito a Maria. Matteo non scrive della nascita di Giovanni Battista. Luca non scrive dei dubbi di san Giuseppe. Matteo spiega che san Giuseppe crede alla verginità di Maria ed è lui a chiamare Gesù il bimbo. Il riferimento alla nascita, il Natale, è ovviamente l’unico comune a entrambi i Vangeli. L’angelo Gabriele dice a Maria che il bambino si sarebbe chiamato Gesù e Giuseppe dà questo nome al neonato; in Luca l’angelo si rivolge a interlocutori desti (Zaccaria, Maria, i pastori), mentre in Matteo l’angelo del Signore suggerisce durante il sonno (a Giuseppe, quattro volte, e ai Magi).

La presenza degli angeli è comune ma cambia come si palesano. È logico ritenere che certe informazioni possa averle riferite solo la Vergine Maria, ricordi di prima mano della madre di Gesù, ancora presente tra gli apostoli quando l’evangelista san Luca svolse la propria ricerca. Matteo tratta elementi più pubblici (Erode, la strage degli innocenti, i Magi, la stella) noti anche a un numero di testimoni più ampio: i Vangeli furono scritti tra il 40 e il 60 d.C. e molti di coloro che avevano 20 o 30 anni al tempo del Natale potevano essere ancora vivi.

8. Segue