La crisi iconoclasta - Il testo del video
La crisi iconoclasta dell'VIII-IX secolo, con il divieto di venerare le immagini sacre voluto dall'Imperatore e dai vescovi, mette in evidenza come, in situazioni di grande confusione nella Chiesa, la mano di Dio riesce a preservare la dottrina. E come sia importante combattere per alcune cose non primarie per la fede, se sacrificando queste si fa cadere anche la fede nelle cose primarie.
La scorsa lezione abbiamo concluso il primo comandamento, affrontando la dottrina della Chiesa su uno specifico tema che è quello delle immagini sacre. Infatti, il primo comandamento impone di non farsi delle immagini di Dio e di non cadere nell'idolatria.
Nella lezione odierna facciamo appunto un excursus storico, un'appendice a questo tema, tratteggiando alcune caratteristiche della grande crisi iconoclasta che, tra l'VIII e il IX secolo, coinvolse la Chiesa.
Una riflessione sul tema è importante, perché ci permette di capire come la Chiesa ha reagito a tale crisi e soprattutto che in altre epoche della storia della Chiesa vi sono state crisi seguite da periodi di grande confusione, successivamente ai quali la Chiesa ha poi segnato delle svolte fondamentali. Queste fasi ci sono quasi in ogni secolo: momenti in cui nella Chiesa regna la confusione, dove si creano le fazioni, dove ci sono tradimenti, etc... L’esito di queste crisi mostra sempre come Dio riesca a scrivere dritto sulle righe storte.
La crisi iconoclasta abbiamo detto si colloca tra l'VIII e il IX secolo e conosce due periodi fondamentali. I prodromi dell'iconoclastia, ovvero dell'atteggiamento contrario alle icone, ritenute un attacco alla purezza della fede e del culto, c'erano già prima; ma la grande crisi esplode con l'avvento al trono imperiale di Leone III, il Siro (detto l’Isaurico).
Si è molto discusso quale peso abbia avuto l'imperatore e quali influenze abbia subito, se giudaiche e islamiche, oppure all'interno stesso del cristianesimo, per esempio da parte della setta dei pauliciani. Detto questo, a noi interessa capire un'altra cosa: la lotta alle icone non partì dall'imperatore, bensì dai vescovi che già nei propri territori impedivano il culto delle immagini. Questo lo sappiamo perché è attestato dalle lettere del patriarca di Costantinopoli, Germano I, il quale lamentava appunto questo fatto.
La data considerata l’avvio della grande crisi iconoclasta è il 17 gennaio del 730, giorno dell’editto firmato da Leone III contro la venerazione delle immagini sacre, con la conseguente decisione di fare abdicare il patriarca di Costantinopoli, che era invece favorevole al culto delle immagini. Il culto delle immagini viene dunque bollato come una vera e propria idolatria e dunque questo creava una lacerazione forte, accendendo delle notevoli tensioni all'interno del mondo cristiano, soprattutto sul fondamento teologico di suddette posizioni.
Il figlio di Leone III, Costantino V, decide di continuare nella linea iconoclasta del padre e convoca il Sinodo di Hieria nel 754, sinodo che però non fu riconosciuto come ecumenico, anche per la mancanza di delegati da Roma. In questo Sinodo si approva la linea iconoclasta dell'imperatore che aveva provveduto a fare arrivare ai padri sinodali le proprie posizioni teologiche, insistendo sul fatto che l'unica vera immagine e icona di Cristo che noi possiamo accettare nella Chiesa è l'Eucaristia. Non si trattava perciò di una posizione che poteva apparire priva di fede, totalmente avulsa dalla dottrina della Chiesa; anzi, l’imperatore si presentava come un difensore in qualche modo della dignità dell'Eucaristia ed in nome di questa purezza presunta iniziò a togliere e demolire le icone. Gli oppositori invece alle istanze iconoclaste erano principalmente monaci; ecco perché presto accadde che i monasteri cominciarono ad essere confiscati, molti monaci vennero esiliati e molti altri vennero arruolati nell'esercito imperiale.
Al Sinodo di Hieria, invece, i vescovi presenti non ebbero nulla da obiettare e accolsero all'unanimità la teoria iconoclasta, cadendo così nell'eresia. Si approvò una decisione non conforme alla dottrina della Chiesa, non conforme ai principi della fede cattolica, nonostante l'argomentazione purista che veniva avanzata.
Il contesto dunque è il seguente: tutta la gerarchia locale della Chiesa prende una posizione completamente eretica; e la prende su un punto che pare non essere affatto il cuore della fede: stiamo infatti parlando di immagini sacre e non di sacramenti o delle principali verità di fede.
Come mai allora vi sono tantissimi monaci che accettano di perdere il loro stato monastico, facendo rischiare persino la fine del monachesimo in quelle zone geografiche e accettando, in casi estremi, anche torture e pena di morte? La storia della Chiesa ci insegna che ci sono delle cose che non sono primarie, ma che se vengono sacrificate fanno cadere anche la fede sulle cose primarie.
In questa situazione, per alcune vicende politiche, questi imperatori erano anche popolari e ben visti, in quanto capaci di difendere l'impero e per questo la furia iconoclasta prese il sopravvento.
Al culto delle immagini si tornò grazie all'avvento al trono imperiale della moglie di Leone IV, Irene, che, rimasta vedova, prese la reggenza e lavorò per la ricostruzione del monachesimo, dei monasteri.
Il problema chiave rimaneva il Sinodo di Hieria, nel quale la decisione contro le immagini sacre era stata presa da tutti i vescovi. L'unica strada fu di indire un nuovo concilio. Il primo tentativo venne fatto nell'agosto del 787 con l'approvazione di Papa Adriano; vi fu però l'irruzione delle guardie imperiali ancora fedeli agli imperatori iconoclasti e con il benestare di una parte dei vescovi, che evidentemente erano ancora dalla parte dei vecchi imperatori.
Una seconda convocazione avvenne il 28 settembre del 787, non più a Costantinopoli, ma a Nicea. In questo secondo sinodo, rispetto al precedente, ci fu la presenza dei legati pontifici, ci fu la presenza di diversi abati e monaci che erano stati grandi difensori delle immagini sacre. È interessante vedere come, a parte 8 vescovi che venivano dall'Italia meridionale, tutti gli altri erano sostanzialmente vescovi che erano stati iconoclasti. Qui ci fu un tentativo di mediazione, perché escludere tutti vescovi iconoclasti avrebbe comportato non poter fare il sinodo. Il compromesso fu quello di non accettare tutti quei vescovi che non avevano abiurato e rigettato almeno formalmente questa posizione e soprattutto non potevano partecipare quelli che si erano resi colpevoli di aver perseguitato gli iconoduli.
Il sinodo in sostanza riabilitò il culto delle immagini sacre. Eppure dopo il secondo concilio di Nicea e nonostante questo concilio, quando diventa imperatore Leone V (813-820) abbiamo il ritorno dell'iconoclastia. L’argomento principale era che il culto delle immagini doveva essere permesso solo se ordinato dalla Bibbia; la conclusione fu che la Bibbia non lo ordinava e di conseguenza il culto delle immagini fu vietato nuovamente.
Il nuovo patriarca di Costantinopoli, Niceforo, si oppose; l'imperatore cercò di trovare un compromesso appetibile, ovvero il seguente: che venissero tolte dalle chiese quelle icone che erano collocate più in basso, in quanto questo era un modo per far sparire gli atti di venerazione che il popolo faceva davanti a queste immagini, lasciando solo quelle più alte, ritenendole una sorta di Vangelo raffigurato.
Niceforo capì il trucco che stava dietro a questa richiesta e rifiutò. Venne perciò deportato in Asia minore e l'imperatore lo sostituì con un patriarca di linea iconoclasta, Teodoto Cassiteras, e indisse un nuovo sinodo, ovviamente contro il secondo concilio di Nicea. Questo sinodo prese posizioni iconoclaste, ma accettò il compromesso suddetto dell'imperatore.
Questa volta ad opporsi all'iconoclastia furono molti vescovi, in quanto i monaci che nella prima crisi avevano combattuto l’iconoclastia erano stati fatti vescovi; mentre a cedere all'iconoclastia questa volta furono molti monaci proprio, perché attirati dal compromesso che non pareva così nocivo rispetto alla proibizione assoluta di venerare le immagini.
Furono alcune vicende politiche ordinate dalla Provvidenza a far cadere l'iconoclastia: Leone V venne assassinato, ci fu una fase di stallo, poi il ritorno degli esiliati e tutta una serie di disgrazie politiche accadute alla linea imperiale che fecero perdere terreno all'iconoclastia, fino a quando, Teodora, divenne imperatrice reggente e con un nuovo sinodo, nell'843, si restaurò definitivamente il culto delle immagini.
Colpisce l'incredibile resistenza soprattutto del mondo monastico di fronte ad un aspetto della fede “secondario” e di fronte a compromessi apparentemente ragionevoli e accettabili. Il compromesso offerto da Leone V era di cambiare la prassi, ma dietro a questo cambiamento della prassi c'era un'idea sbagliata, nonostante la sua apparenza purista e spiritualista. E per questo motivo l'opposizione venne in parte fiaccata.
Dobbiamo vedere però come da tutte queste situazioni la mano di Dio ha tirato fuori la Chiesa, ha preservato la dottrina e ha salvato un monachesimo che rischiava di sparire.