Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL CONFLITTO

La Crimea nel mondo dei sogni di Zelensky

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Vista la debolezza di Kiev con un’Europa sull’orlo del tracollo economico e un’America sempre più distratta dai suoi gravi problemi interni, Mosca potrebbe essere tentata di scommettere sulla sconfitta degli ucraini. Con buona pace dei sogni di Zelensky sulla smilitarizzazione della Crimea.

Esteri 30_08_2023

La disponibilità a trattare con Mosca almeno sul destino della Crimea manifestata secondo molti osservatori dal presidente ucraino Volodymir Zelensky si basa, come molte delle recenti affermazioni dell’ex comico, su valutazioni totalmente avulse dall’attuale realtà. Il presidente ucraino in una intervista all'emittente 1+1 avrebbe aperto uno spiraglio alla via diplomatica per risolvere la contesa sulla Crimea, occupata da Mosca dopo il golpe del Maidan del 2014.

«Ci saranno meno vittime se ci troveremo ai confini amministrativi della Crimea. Credo che così sarà possibile spingere politicamente per la smilitarizzazione» della penisola. «Credo che sia possibile far passare politicamente la smilitarizzazione della Russia sul territorio della Crimea ucraina», spiega Zelensky. Non un cedimento, beninteso, ma solo il riconoscimento che la via diplomatica, rispetto a quella delle armi, «credo sarebbe meglio». 

Il concetto espresso da Zelensky in realtà prelude a una sconfitta militare russa che porti gli ucraini a raggiungere i limiti della Penisola riconquistando interamente le regioni di Kherson e Zaporizhia. In pratica Zelensky allude al trionfo della controffensiva in atto da quasi 3 mesi.

Nel contesto immaginario che Zelensky dipinge all’Occidente, i russi sconfitti sul campo di battaglia potrebbero negoziare di lasciare la Crimea priva di difesa militari ritirando tutte le truppe dalla Penisola abitata da russi e che è stata sempre parte della Russia fino a quando venne ceduta all’Ucraina all’interno dell’Unione Sovietica.  

Per rendere più credibile la sua affermazione, Zelensky ha aggiunto che l'Ucraina non attaccherà la Russia sul proprio territorio perché «questo ci inimicherebbe i nostri alleati e qualche partner potrebbe staccarsi». Un chiaro riferimento alle riserve poste da tutti i paesi membri della NATO a consentire che proprie armi possano venire impiegate dagli ucraini per colpire obiettivi in territorio russo, attaccato finora solo con armi di produzione ucraina anche se in molti casi grazie al supporto informativo anglo-americano.

Sul piano politico l’ipotesi che Mosca possa smilitarizzare la Crimea, sul cui territorio si trovano ampie basi aeree, terrestri, navali, il comando della Flotta del Mar Nero e ampi depositi di armi e munizioni è totalmente fantasiosa così come non è credibile che i russi possano evacuare le truppe dalla Crimea fidandosi del fatto che gli ucraini, schierati alle porte della penisola, non la riconquistino. In assenza di una palese e totale sconfitta militare russa sul campo di battaglia lo scenario favoleggiato da Zelensky è totalmente privo di senso. 

A dispetto dei media e dei tanti giornalisti e opinionisti che in Italia ed Europa continuano a genuflettersi ai suoi piedi e plaudire a ogni sua dichiarazione, anche se strampalata, Zelensky si conferma un debole propagandista, la cui credibilità viene garantita solo dall’accondiscendenza politica e mediatica, totalmente acritica, che gli viene accordata nelle cancellerie e in molte redazioni in Occidente e in Italia. Lo scenario immaginato dal presidente ucraino al momento cozza con una realtà diametralmente opposta. Gli ucraini continuano a perdere decine di migliaia di uomini (ospedali sovraccarichi di feriti vengono segnalati in tutte le retrovie del fronte lungo quasi mille chilometri) in assalti che finora non hanno infranto le tre barriere di fortificazioni della Linea Surovikin nella regione di Zaporizhia. 

Le truppe di Kiev continuano ad accanirsi e a dissanguarsi attaccando villaggi ormai rasi al suolo lungo la linea degli avamposti che in tre mesi sono stati più volte espugnati e perduti. Più a nord, nell’eterna battaglia intorno a Bakhmut, i russi stanno respingendo gli ucraini che per molte settimane hanno cercato di riprendere il controllo delle alture attorno alla città. Ancora più a nord lungo il confine tra e regioni di Lugansk e Kharkiv, i russi avanzano con continuità puntando sul centro stradale e ferroviario di Kupyansk. Benché gli ucraini abbiano ritirato due brigate dall’offensiva a sud per rinforzare le difese della città strategica i russi continuano ad avanzare.

Anche sul piano strategico le cose non sembrano andare molto bene per Kiev. Alle enormi perdite umane si aggiungono i tanti mezzi e armamenti andati perduti in questa controffensiva finora fallimentare mentre anche la carenza di munizioni comincia ad assumere gravi proporzioni poiché gli alleati non sono in grado di compensare gli ingenti consumi determinati in questi tre mesi di continui attacchi quotidiani.

L’andamento della guerra sembra quindi indicare le gravi difficoltà ucraine, non l’imminente tracollo della Russia, unica opzione che potrebbe forse obbligare Mosca a negoziare sulla Crimea.

Ieri l'ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dimitri Medvedev ha messo in guardia contro la probabile autorizzazione occidentale all'Ucraina a impiegare armi fornite dai paesi membri della NATO per attaccare obiettivi nella penisola di Crimea, la cui annessione alla Russia non è riconosciuta in Occidente e quindi considerata tecnicamente fuori dal territorio della Federazione Russa.  

Medvedev, sul suo canale Telegram ha ventilato la possibilità che questo scenario costituisca un casus belli che offra a Mosca «l'opportunità di agire nell'ambito dello jus ad bellum (che specifica le legittime ragioni di uno Stato per intraprendere una guerra) contro i paesi della NATO. È triste perché questo avvicina l'Apocalisse» ha concluso Medvedev evocando ancora una volta il rischio di uno scontro nucleare. 

Affermazioni a cui Medvedev ci ha abituato da tempo, ma che dovrebbero indurre molti in Occidente a chiedersi se la Russia sia davvero disposta a negoziare in questa fase della guerra che la vede avvantaggiata.

Nel marzo 2022 gli anglo-americani imposero a ucraini e alleati la continuazione della guerra che avrebbe dovuto logorare la Russia compromettendo così il buon esito dell’accordo di pace mediato dalla Turchia. Oggi che il maggior logoramento militare lo patiscono gli ucraini, il maggior logorio economico lo subisce l’Europa mentre quello politico sembra fare ampia breccia nella campagna elettorale statunitense, i russi potrebbero non avere alcun interesse a negoziare un cessate il fuoco.

Vista la debolezza di Kiev con un’Europa sull’orlo del tracollo economico e un’America sempre più distratta dai suoi gravi problemi interni, Mosca potrebbe essere tentata di scommettere sulla sconfitta degli ucraini, a partire dai campi di battaglia e su un passo indietro dei suoi alleati. Con buona pace dei sogni di Zelensky sulla smilitarizzazione della Crimea.