Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
USA

La Corte Suprema ha riammesso Trump alle elezioni

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Un inizio elettorale negli Usa ricchissimo di colpi di scena. Il Colorado aveva vietato a Trump di candidarsi (per "insurrezione"), ma la Corte Suprema l'ha rimesso in pista.

Esteri 05_03_2024
Trump tiene la conferenza stampa a Mar a Lago (La Presse)

La Corte Suprema federale ha stabilito che gli elettori del Colorado possono votare anche Trump nelle prossime elezioni primarie e presidenziali. Perché, era mai stato messo in dubbio? Sì, dalla Corte Suprema del Colorado, che aveva escluso la candidatura di Donald Trump, colpevole di aver istigato un’insurrezione e dunque bandito da ogni candidatura a cariche pubbliche sulla base del 14mo emendamento della Costituzione. Un divieto istituito dopo la Guerra Civile (nel 1866) per impedire agli ex Confederati di tornare in auge. Ora la Corte Suprema ha stabilito che non è affatto questo il caso. E crea un precedente anche per il Maine, che ha escluso Trump (ma con una decisione amministrativa) e l’Illinois, che lo stava per bandire sempre per via giudiziaria.

Ha vinto il buon senso, si può dire? Non è l’America della Guerra Civile e anche per quanto riguarda l’insurrezione di cui Trump sarebbe accusato (l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021), non c’è alcuna condanna definitiva (e neppure di primo grado). Quella dei giudici supremi del Colorado, insomma, era stata una decisione politica che con la Costituzione c’entrava poco. La Corte Suprema, comunque, non ha nemmeno avuto bisogno di entrare nel merito della questione. Ha semplicemente stabilito che non spetta agli Stati decidere se un candidato possa presentarsi al voto, bensì spetta al Congresso, a livello federale.

«La Costituzione attribuisce al Congresso, e non agli Stati, la responsabilità di far rispettare la Sezione 3 ai titolari di cariche federali e ai candidati», si legge nella decisione. «Il risultato potrebbe essere che un singolo candidato venga dichiarato ineleggibile in alcuni Stati, ma non in altri, sulla base della stessa condotta». Ne risulterebbe un caos di legittimità: se un presidente venisse comunque eletto, nonostante fosse bandito in due o tre Stati, rappresenterebbe tutti gli Usa o solo gli Stati in cui lo si è votato?

La decisione dei giudici supremi è stata unanime, il che vuol dire che, non solo la maggioranza conservatrice, ma anche la minoranza liberal, ha votato per rimuovere il divieto di candidatura di Trump. La minoranza liberal ha comunque espresso dubbi sul modo in cui è stata scritta la decisione, perché potrebbe essere interpretata come un salvacondotto di Trump nelle “future controversie”, specie se dovesse essere veramente condannato dal tribunale di Washington per istigazione all’insurrezione del 6 gennaio 2021.

L’effetto è a catena: dopo che si è pronunciata la Corte Suprema federale sul Colorado, anche il Maine e gli altri Stati che pensavano di escludere Trump dalla candidatura, devono per forza fare marcia indietro. La regola vale per tutti: solo il Congresso può decidere di applicare il divieto sulla base del 14mo emendamento.

Ovviamente reazione entusiasta da parte di Trump, che dalla sua residenza in Florida, a Mar-a-Lago definisce quella della Corte Suprema una “decisione storica”, «qualcosa di cui si parlerà ancora fra 100 o 200 anni da adesso». E nel merito, ha sostenuto che gli elettori hanno diritto di eliminare un candidato «anche molto in fretta, ma il tribunale di uno Stato non dovrebbe farlo. E la Corte Suprema, questo concetto, lo ha espresso in modo molto chiaro».

Si tratta di un altro passaggio che spiana la strada a Trump verso la presidenza. Ha ormai un vantaggio pressoché irrecuperabile nei confronti di Nikki Haley, unica candidata repubblicana rimasta in corsa nelle primarie. E ci sono voci insistenti che sia in procinto di ritirarsi: il maggior finanziatore della sua campagna, Koch, si è ritirato. Se Trump vince la nomination, ha ottime probabilità di battere Joe Biden, stando a tutti i sondaggi. Ma deve sempre affrontare quei quattro processi che lo attendono, sempre che la Corte Suprema non lo faciliti anche in questo caso: deve decidere sulla sua eventuale immunità. E non è necessaria una decisione positiva, basta solo che ritardi i processi per quel tanto che basta per arrivare prima al voto.