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GOLPE FALLITO

La Corea del Sud ha vissuto cinque ore di dittatura

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Il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, alle 11 del 3 dicembre ha proclamato la legge marziale assumendo poteri dittatoriali. Ma alle 4 del mattino successivo l'ha revocata, sfiduciato da tutto il parlamento, incluso il suo partito.

Esteri 04_12_2024
Seul, protesta contro la legge marziale (La Presse)

Una notte di ordinaria follia istituzionale, in Corea del Sud. Il presidente Yoon Suk Yeol, alle 11 di ieri sera (3 dicembre) ha proclamato la legge marziale, revocando tutti i diritti fondamentali e assumendo pieni poteri. Salvo poi essere sfiduciato, due ore dopo, dalla totalità del parlamento, riunito in sessione straordinaria, nonostante la presenza delle truppe anche dentro l’edificio. Alle 4 di questa mattina (4 dicembre) il presidente ha ordinato alle truppe e alla polizia di rientrare nelle caserme. Fine di un golpe, anzi di un auto-golpe, che non doveva neppure incominciare.

Da una nazione democratica ormai da 37 anni, liberale, con un’economia florida e forti legami con gli Stati Uniti e l’Occidente, non ci si sarebbe mai aspettati uno spettacolo simile. Della Corea si parla solo quando scoppia una tensione militare con il regime comunista nordcoreano, quando Kim Jong-un commette qualche follia o minaccia il Sud e l’Occidente. Del sud siamo soliti non preoccuparci troppo. Non c’erano sintomi di crisi particolarmente evidenti, al di là del consueto scontro politico duro (ma democratico) fra il presidente conservatore, espressione del Partito del Potere Popolare, e l’opposizione del Partito Democratico. Per quanto se ne sa finora, nemmeno al Dipartimento di Stato statunitense si erano accorti che stesse maturando uno scontro istituzionale di queste proporzioni.

Yoon Suk Yeol è stato eletto presidente nel 2022, ma dal 10 aprile di quest’anno, con il rinnovo del parlamento, è una “anatra zoppa” perché la maggioranza del potere legislativo è tornata nelle mani dei Democratici. Che hanno iniziato a votare impeachment per i ministri del governo e a paralizzare i lavori del presidente, votando contro ogni suo provvedimento e passando a maggioranza leggi su cui Yoon deve porre il veto. Finché non si è arrivati alla votazione del bilancio, su cui non può essere posto il veto. Quella è stata la scintilla che ha fatto scoppiare il presidente. Alle 11 di sera (ora locale) di ieri, ha pronunciato un discorso televisivo nel quale accusa l’opposizione di ordire un complotto per conto della Corea del Nord, citando alcuni dati dell’opera assidua di sabotaggio condotta dall’opposizione: «Finora, l’Assemblea nazionale (il parlamento sudcoreano, ndr) ha proposto l’impeachment di 22 funzionari governativi dall’insediamento del nostro governo, e sta perseguendo l’impeachment della decima persona dall’inaugurazione della 22esima Assemblea nazionale a giugno». Inoltre, accusa l’opposizione di atti violenti: «Stanno paralizzando il lavoro giudiziario intimidendo i giudici, mettendo sotto accusa numerosi pubblici ministeri e persino paralizzando il ramo esecutivo mettendo sotto accusa il Ministro della pubblica amministrazione e della sicurezza, mettendo sotto accusa il presidente della Commissione coreana per le comunicazioni, mettendo sotto accusa il presidente del Consiglio di Controllo e Ispezione, e tentando di mettere sotto accusa il Ministro della Difesa Nazionale».

Il presidente Yoon è colpito anche nella sua famiglia, considerando che sua moglie è accusata di corruzione e di “traffico di influenze” (come si direbbe in Italia). Lee Jae-myung, leader del Partito Democratico (che a gennaio era sopravvissuto a un tentativo di assassinio), da giugno è sotto accusa per un presunto schema di tangenti per trasferire denaro alla Corea del Nord. Di qui anche l’accusa di tradimento e di cospirazione con i nordcoreani.

Questi, insomma, sono gli ingredienti che hanno spinto il presidente all’azione di forza, lasciando tutti esterrefatti quando, alla televisione ha pronunciato le parole che non si sentivano provenire da un capo di Stato almeno dal 1979 (ultima volta che il governo sudcoreano, allora un regime autoritario, proclamò la legge marziale): «Attraverso questa legge marziale, ricostruiremo e proteggeremo la libera Repubblica di Corea, che sta cadendo nel baratro. A tal fine, eliminerò senza dubbio le forze nemiche che hanno seminato caos finora e che sono le vere responsabili della rovina del nostro paese». Con la legge marziale, tutta l’attività politica viene proibita: chiusa l’Assemblea nazionale così come tutti i consigli locali. I media vengono posti direttamente sotto l’autorità militare e il diritto di sciopero è revocato.

Tuttavia i sudcoreani non sono più quelli degli anni Settanta, non hanno più intenzione di perdere la democrazia che hanno duramente conquistato nel 1987. L’opposizione, così come il partito del presidente, hanno subito convocato una sessione straordinaria dell’Assemblea nazionale per votare contro l’imposizione della legge marziale: la costituzione permette che un voto a maggioranza possa revocarla, anche contro il parere del presidente. La sessione si è tenuta comunque, nonostante gli ingressi del parlamento fossero sbarrati dalla polizia e le forze speciali dell’esercito abbiano compiuto un’incursione (inefficace) a votazione in corso.

Nella città c’era già uno scenario da golpe, con carri armati nelle strade ed elicotteri che sorvolavano la capitale. Ma una massa di pacifici contestatori si è subito radunata di fronte al legislativo, per chiedere la fine immediata della legge marziale. Lee Jae-myung, da chiacchierato e indagato leader della sinistra, è diventato l’eroe del giorno: sfidando apertamente esercito e polizia, ha scavalcato la cancellata del parlamento ed ha platealmente forzato il blocco. Nonostante la minaccia delle armi, dunque, l’Assemblea ha votato contro la legge marziale. Ed è stato un voto unanime: 190 parlamentari presenti, 190 voti contro il presidente, inclusi quelli dei membri del suo stesso partito.

In cinque ore la democrazia è stata ripristinata: alle 4 del mattino ora locale, Yoon ha ordinato alle truppe di ritirarsi e ha annunciato la revoca della legge marziale. Lasciando nel paese, e nel mondo, solo un senso di profondo stupore e anche tanta paura per lo scoppio della polveriera coreana.