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ECOLOGISMO

La Cop28 vuole farci rinunciare alle fonti fossili. Con calma

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La Cop28 a Dubai crea un precedente. Per la prima volta nella storia delle Cop, si include nero su bianco, fra gli obiettivi, la transizione dai combustibili fossili. 
- VIDEO: Un problema di potere, non di clima, di Riccardo Cascioli

Editoriali 14_12_2023
L'abbraccio fra Sultan al Jaber e Adnan Amin (a.d. della Cop28) (La Presse)

Dopo una lunga e difficile trattativa, alla Cop28 (la Conferenza internazionale sul clima, delle Nazioni Unite) a Dubai si è giunti a un compromesso per la dichiarazione finale. È un compromesso al ribasso per i paesi produttori di petrolio, una vittoria quasi completa per il fronte anti-petrolifero. Per la prima volta nella storia delle Cop, infatti, si include nero su bianco, fra gli obiettivi, la transizione dai combustibili fossili a fonti alternative. Non una loro eliminazione categorica, come avrebbero chiesto i “falchi” dell’Ue e degli Usa, ma comunque una loro graduale sostituzione.

L’accordo chiede una “transizione dai combustibili fossili”, nei sistemi energetici, con modalità “giuste, ordinate ed eque”. Il testo invita poi ad «accelerare gli sforzi a livello globale verso sistemi energetici a zero emissioni nette, utilizzare combustibili a zero e a basso contenuto di carbonio ben prima o intorno alla metà del secolo». Ed anche «accelerare le tecnologie a zero e a basse emissioni, tra cui, tra l'altro, energie rinnovabili, nucleare, tecnologie di abbattimento e rimozione» delle emissioni «come la cattura, lo stoccaggio e l'utilizzo del carbonio in particolare nei settori “hard to habate”, e la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio». Le rinnovabili dovranno triplicare entro il 2030. Anche il fatto che venga incluso il nucleare fra le tecnologie “a zero e a basse emissioni” è una novità rispetto alle precedenti Conferenze sul clima. E indica un approccio più pragmatico al problema della sostituzione del petrolio.

È una vittoria della diplomazia araba. A presiedere la Cop28 era Sultan al Jaber, amministratore delegato dell’azienda petrolifera nazionale degli Emirati. Meno credibile non poteva essere. Invece è proprio al Jaber che ha ottenuto il compromesso fra i due fronti, quello dei petrolieri e quello degli anti-petrolio. Per la transizione dai combustibili fossili alle fonti alternative non è stata fissata una timeline precisa. L’obiettivo “zero emissioni nette” è indicativamente fissato al 2050, ma non si specifica come. Ogni Paese conserverà dunque una certa libertà di azione su come gestire il passaggio dal vecchio al nuovo sistema.

Per questo motivo, i movimenti ecologisti radicali si ritengono, come sempre, sconfitti. Nei prossimi mesi assisteremo alle loro consuete proteste. E al loro fianco si schiereranno le nazioni insulari in via di sviluppo, che ormai fondano la loro politica estera sul vittimismo climatico per ottenere più aiuti dal mondo industrializzato.

Eppure la portata rivoluzionaria della Cop28 e della sua dichiarazione di intenti, non è affatto da sottovalutare. Come spiega l’ambasciatore climatico degli Usa John Kerry, alla conclusione della Conferenza: «I finanziatori, gli investitori nel lungo periodo, faranno scelte diverse (rispetto ai combustibili fossili, ndr). Smetteranno di dire: “Mi ripagheranno nei prossimi 30 anni”, perché sanno che non ci saranno più nei prossimi 30 anni. Si tratta quindi di un cambiamento epocale». Gli fa eco il suo omologo cinese Zhao Yingming: «(il documento, ndr) annuncia una tendenza mondiale irreversibile verso una transizione verde».

Il vero sconfitto è il cartello dell’Opec, dunque i maggiori produttori di petrolio. L’Opec mandava una lettera ai suoi membri, prima della fine dei lavori a Dubai, i cui toni erano alquanto allarmati: «una pressione indebita e sproporzionata contro i combustibili fossili potrebbe raggiungere un punto di svolta con conseguenze irreversibili». E avvertiva che una svolta troppo affrettata potrebbe «mettere in pericolo la prosperità e il futuro dei nostri popoli».

Si fa presto a dire “petrolieri” e denunciare i loro interessi, ma dobbiamo ricordare che carbone, petrolio e gas, i combustibili fossili che si vorrebbero eliminare, ad oggi costituiscono l’80% dell’energia utilizzata nel mondo. Ed è una percentuale che non accenna a diminuire. Sul lato dell’offerta, oltre ai paesi arabi, anche paesi ex sovietici, africani e latino americani sono fortemente dipendenti dalle esportazioni di combustibili fossili. Rinunciarvi del tutto vuol dire compiere una rivoluzione industriale nuova, per decisione politica e non per evoluzione tecnologica. Per tutti noi questa rivoluzione significherebbe un cambiamento radicale del nostro stile di vita. Per le relazioni internazionali, stabilirebbe a tavolino vincitori e vinti nella nuova competizione energetica. Più che un balzo avanti, sembrerebbe un salto nel buio.