La Consulta sdogana il "genitore sociale"
In una causa riguardante una ex coppia lesbica, la Corte da una parte riconosce esplicitamente soltanto il genitore naturale e quello adottivo, ma dall'altra permette che anche l'ex convivente possa vantare diritti sui figli in quanto presenza che concorre al loro benessere.
Ancora una sentenza di una suprema corte su bambini e coppie omosessuali. La vicenda è la seguente. Le palermitane Anna e Mara, due nomi di fantasia, iniziano a frequentarsi nel 2004. Poi Anna decide di avere un bambino con la fecondazione artificiale eterologa la quale nel 2008 le regala addirittura due gemelli (ed altri fratellini morti in provetta). Oggi Anna sostiene che quella decisione è stata solo sua e che nella clinica per la fertilità spagnola ci è andata da sola e che quindi sin da allora la compagna Mara non ha fatto di certo da seconda “madre” ai due gemelli. Ma proseguiamo. Nel 2011 Mara, pur non avendo nessun titolo per farlo, chiede al Tribunale di Palermo il riconoscimento dei piccoli, rectius di vedersi riconosciuta una “potestà analoga a quella genitoriale”. Riconoscimento negato per due volte perché Mara non è madre naturale dei bambini.
Le due donne poi cessano la convivenza. Da notare: la coppia mai si era unita civilmente perché la legge Cirinnà non era stata ancora approvata. In buona sostanza si trattava di mera convivenza di fatto. Rotta la relazione, Anna si rifiuta di far vedere i gemelli all’ex compagna. Mara allora passa alle vie legali. Il Tribunale di Palermo acconsente alla richiesta di Mara di poter continuare a frequentare i figli dell’ex convivente e ritiene che deve essere “assolutamente preservato – in funzione del preminente interesse dei minori – il solido rapporto esistente tra loro e la persona che, sin dalla loro nascita, ha svolto il ruolo sostanziale di genitore (c.d. genitore sociale)”.
Il Tribunale aveva interpretato in modo erroneo – per i giudici invece l’interpretazione era semplicemente estensiva – gli artt. 337 bis e ter c.c. al fine di “delineare un concetto allargato di bigenitorialità e di famiglia, ricomprendendo per tale via anche la figura del genitore sociale”. Infatti, “quando il rapporto instauratosi tra il minore e il genitore sociale è tale da fondare l’identità personale e familiare del bambino stesso, questo rapporto deve essere salvaguardato, al pari di quanto riconosce oggi l’art. 337-ter c.c. nei confronti dei genitori biologici”.
Cosa dicono invece questi articoli? In caso di separazione, scioglimento del vincolo matrimoniale etc. ed anche cessazione di convivenza “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori”, gli ascendenti e i parenti degli stessi. Ora per il nostro ordinamento giuridico il genitore può essere naturale/legittimo o adottivo, non certo “sociale”. Mara non è né l’uno né l’altro – né tantomeno è equiparabile ad ascendenti e parenti - e quindi non aveva titolo per continuare a vedere i gemelli. Nonostante questo però il Tribunale aveva ricompreso nell’accezione di “genitore” anche quello “sociale”.
Proprio per questo motivo Anna, madre biologica e legale dei gemelli, ricorre in Appello. I giudici nel 2015 da una parte danno ragione ad Anna, ma dall’altro sospettano che l’art. 337 ter, non prevedendo la possibilità che il minore continui ad avere rapporti anche con il cosiddetto “genitore sociale”, sia incostituzionale perché contrastante con gli artt. 2, 3, 30, 31 e 117 della Costituzione, e con l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E così la Corte di appello ricorre alla Consulta.
Due giorni fa la Corte costituzionale così si è pronunciata: l’art. 337 ter non si tocca. Il termine genitore non può ricomprendere il cosiddetto “genitore sociale” e quindi la signora Mara non può vedere i gemelli appellandosi a questo articolo perché lei non è né genitore naturale/legittimo né adottivo. Però la signora Mara potrà frequentarli applicando un altro articolo. Infatti i giudici della Corte Costituzionale hanno indicato ai colleghi d’appello, ai quali torna la risoluzione della vertenza, l’art. 333 cc. per far rientrare dalla finestra quel “genitore sociale” che avevano buttato fuori dalla porta.
L’art. 333 c.c. ci dice che, quando un genitore si comporta in modo pregiudizievole nei confronti del figlio, il giudice, tra le varie soluzioni, “può adottare i provvedimenti convenienti”. La Consulta, abusando della ratio dell’art. 333 c.c., in buona sostanza sta suggerendo di applicare questo articolo nel seguente modo: qualora il genitore biologico non voglia far veder il figlio all’ex compagno e questa decisione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, il giudice può imporre che invece l’ex compagno frequenti il figlio del genitore biologico. Mara potrà dunque vedere i gemelli non perché il “genitore sociale” abbia titolo per farlo – l’art. 337 ter c.c. parla chiaro - ma perché la sua presenza vicino ai piccoli concorre al loro benessere.
Ma anche in questo modo la Consulta ha riconosciuto, seppur in modo obliquo, un valore e un peso alla figura del “genitore sociale”, figura inesistente per il nostro ordinamento giuridico, ma sempre più presente nelle decisioni giurisprudenziali.
Postilla finale. Vigente la legge Cirinnà, i futuri ex uniti civilmente saranno sicuramente più agevolati rispetto a Mara – che non aveva stretto unione civile con Anna - nel vedersi riconosciuto il diritto di poter frequentare il figlio del loro ex compagno omosessuale, a motivo dell’omologazione tra uniti civilmente e coniugi prevista da questa stessa legge.