La Commissione suggerisce che nella lista dei Paesi “cattivi” vengano inclusi i due paesi
La Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf) nei giorni scorsi ha reso noto il suo rapporto annuale. La Commissione è un organismo bipartisan, consultivo, che fornisce suggerimenti al Dipartimento di Stato; un "cane da guardia” di altissimo livello.
La Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf) nei giorni scorsi ha reso noto il suo rapporto annuale. La Commissione è un organismo bipartisan, consultivo, che fornisce suggerimenti al Dipartimento di Stato; ed è una specie di “cane da guardia” di altissimo livello per quanto concerne lo stato della libertà religiosa e le violazioni dei diritti religiosi nel mondo. Il suo lavoro, anche se non è così ampiamente dettagliato come quello di altri organizzazioni, per esempio “Aiuto alla Chiesa che soffre”, fornisce però un punto di riferimento di grande importanza ed impatto mediatico per organismi politici e organizzazioni dei diritti umani nel mondo intero, oltre che per la Casa Bianca e per il Congresso.
E l’edizione appena uscita contiene due “new entry” di notevole importanza, in particolare la prima. La Commissione infatti suggerisce che nella lista dei Paesi “cattivi” vengano inclusi sia la Turchia che il Tajikistan. I “cattivi” sono collocati in quella che si chiama la lista dei Paesi di particolare preoccupazione “Countries of particolar concern, Cpc, nell’acronimo) perché partecipano attivamente, o tollerano a limitazioni della libertà religiosa “particolarmente severe”.
Ma sembra improbabile che il Dipartimento di Stato accolga entrambi i suggerimenti; l’anno scorso, su quattordici Paesi proposti dalla Commissione solo otto sono stati inclusi nella lista. La Turchia, in particolare, è uno stretto alleato degli Stati Uniti, e il suo ruolo nella gestione della crisi siriana è visto con particolare apprezzamento da Washington; fra l’altro Erdogan e Obama hanno appena espresso valutazioni molto concordanti in tema di aiuti umanitari all’opposizione siriana al governo di Assad. La Commissione ha giustificato la sua inclusione della Turchia nella lista dei suggerimenti per il mancato riconoscimento legale e ufficiale delle minoranze non musulmane, quali le confessioni cattolica e protestante, le chiese ortodosse e le fedi “etniche”: greci, armeni siriaci ed ebrei.
“Inoltre, i funzionari turchi interferiscono nel governo interno delle comunità, nell’istruzione dei fedeli e limitano i diritti di culto”, afferma l’Uscirf. La designazione della Turchia è stata presa a maggioranza: cinque dei nove membri della Commissione hanno votato per l’inclusione. L’atteggiamento religioso in Turchia è improntato a un notevole conservatorismo.
Nel 2009 il 59 per cento di coloro che hanno risposto a un sondaggio sulla religione hanno dichiarato che i membri di altre fedi (non musulmane) non dovrebbero avere il permesso di svolgere riunioni pubbliche, o pubblicare materiale riguardante la loro religione, come ricorda l’Assyrian News Agency in un suo commento. La Turchia è presente da qualche anno in una lista di “controllo” da parte dell’Uscirf. Open Doors Usa, un’organizzazione che denuncia persecuzione e ingiustizie commesse contro i cristiani in tutto il mondo ha collocate la Turchia al 31° posto in una lista di cinquanta Paesi dove la persecuzione dei cristiani è più severa.
Il Tajikistan invece si è meritato una possibile maglia nera a causa della politica di repressione governativa di tutte le attività religiose che il governo non controlla direttamente. L’amministrazione prende a bersaglio come prima scelta la maggioranza musulmana, ma non trascura di occuparsi, in maniera severa, di altre confessioni, in particolare dei fedeli evangelici e dei Testimoni di Geova. L’islam non ufficiale è e resta l’obiettivo principale: cinquanta moschee non autorizzate sono state chiuse nell’anno scorso.
In generale l’Uscirf sottolinea che la libertà religiosa nel 2011 si è trovata davanti a “un’escalation di attacchi” in tutto il mondo. “La libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di fede è stata limitata con un’ampiezza allarmante, spesso minacciando la sicurezza e la sopravvivenza di persone innocenti, fra cui i membri delle minoranze religiose”.
Fra gli abusi che la Commissione ha citato con particolare evidenza, è stato preso in considerazione il rifiuto dell’Egitto di proteggere le minoranze religiose, e in particolare i cristiani copti, dalla violenza crescente nei loro confronti; i continui arresti, torture e esecuzioni dei cittadini iraniani, con i cristiani, i Bahai’ e i musulmani di tendenza sufi fra i principali bersagli delle vessazioni.
La lista delle “maglie nere” in tema di libertà religiosa comprende il Myanmar, l’Egitto, l’Eritrea, la Nigeria, il Pakistan, la Cina, l’Arabia saudita, il Sudan, il Turkmenistan, l’Uzbekistan e il Vietnam.
Da Vatican Insider 5 aprile 2012