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PEGGIO DEI COMUNISTI

La Cina svolta e incentiva le nascite ma l'Ue fa spallucce

Dopo 400 milioni di nascite impedite a colpi di aborti forzati e "femminicidi" in culla, il 1° novembre in Cina si è iniziato il nuovo censimento: sotto il profilo demografico sta attraversando un momento difficile, segnato da arretramenti preoccupanti. Perciò pare che il partito sia vicino ad «una svolta storica», che lo vedrà proteggere «il diritto di avere figli». Ma l'Europa rimane comunque sorda.

Esteri 17_11_2020

Anche se pare ormai impossibile riferire notizie dalla Cina che vadano al di là della questione Covid-19, c’è un tema che merita di essere toccato che perché investe – più pure di quello economico – il futuro di questa grande potenza: quello demografico, su cui ci sono alcune novità. Ma andiamo con ordine, iniziando da un fatto risalente a pochi giorni fa, precisamente all’1 novembre, quando in Cina si è iniziato il nuovo censimento annuale.

Un censimento che, in questo caso, è un processo rilevante sia per la sua imponenza - sono circa sette milioni i lavoratori all’opera per contare la popolazione più numerosa al mondo, con la pubblicazione del rapporto prevista per l’aprile 2021 - sia per gli esiti attesi. Non va infatti dimenticato come, sotto il profilo demografico, la Cina stia attraversando un momento difficile, segnato da arretramenti che è difficile non giudicare preoccupanti.

Basti ricordare che nel 2019 il numero di cinesi in età lavorativa è risultato essere di quasi un milione di unità inferiore rispetto a quello conteggiato l’anno prima, mentre il numero assoluto di nascite ha raggiunto il numero più basso dal 1961, l'ultimo anno della grande carestia. Di qui tutta una serie di immaginabili pensieri che si confida i risultati del nuovo censimento potranno almeno in parte far rientrare.

Anche perché – e veniamo ad una seconda notizia di peso – la Cina, oggi popolata da oltre 1,4 miliardi di persone, sta guardando con crescente decisione oltre quella politica del figlio unico che, come noto, era stata lanciata nel 1979 per ridurre i presunti problemi di sovrappopolazione; una politica il cui abbandono è in realtà ufficiale già da qualche anno, e precisamente da quando il regime si è trovato a dover fare i conti con lo spaventoso squilibrio sociale determinato dalle 400 milioni di nascite impedite, nel corso dei decenni, a colpi di aborti forzati e orrendi «femminicidi» in culla.

Ora però Pechino pare intenzionata a fare un passo ulteriore verso politiche pro natalità. Infatti, come scriveva pochi giorni fa The South China Morning Post, l’espressione «pianificazione familiare» - secondo quanto riportato dal Partito comunista - è stata curiosamente eliminata dal quattordicesimo quinquennale della Cina e della sue politiche in vista del 2023. Non solo. La Cina sarebbe decisa, ancorché differenziando tale approccio in base alla situazione di ciascun territorio a «migliorare la politica delle nascite» così da renderla «più inclusiva».

Addirittura, secondo Yi Fuxian dell’Università del Wisconsin-Madison, demografo e autore del volume Big Country with an Empty Nest, saremmo vicini ad «una svolta storica», che vedrà il governo cinese perfino proteggere «il diritto di avere figli». Staremo a vedere. Quel che intanto appare certo, ed è già molto, è che l’abbandono della politica del figlio unico, di cui si parla ufficialmente almeno dal 2016, in Cina è sempre più realtà, con un occhio di riguardo in particolare alle aree rurali, su cui il regime punta per ristabilire un andamento demografico sostenibile.

Ora, fin qui le ultime notizie cinesi. Ma l’Europa? Viene spontaneo chiederselo dal momento che è singolare come, se da un lato già da anni, come si è visto, una superpotenza come la Cina – secondo più di una proiezione destinata a sorpassare gli Stati Uniti – sia alle prese con il tema demografico, dall’altro l’Europa, che quanto a natalità è l’area più allarmante del pianeta, registrando in più di una regione processi di spopolamento, stia alla finestra. Non solo.

Nel Vecchio Continente le priorità sociali continuano ad essere - secondo quanto riferito dalla stessa Ursula von der Leyen in occasione della sessione plenaria del Parlamento europeo, lo scorso 16 settembre - l’agenda Lgbt, la parità di genere e via discorrendo. Per quanti errori – e orrori – abbia fatto e continui certamente a fare, il regime comunista cinese, prestando primaria attenzione al tema demografico, si dimostra così, anche se addolora doverlo ammettere, più lungimirante della nostra Europa, del cui declino, al di là della pandemia e della frenata economica mondiale, appare a questo punto la prima se non sola responsabile.