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La chiesa di Maria dove il Bramante ingannò l'occhio

Nell’XI secolo l’edificio, intitolato a San Satiro, fratello del grande patrono Ambrogio di Milano, da cappella vescovile si trasformò in piccola chiesa. L’impianto altomedievale è ancora rintracciabile in quella che oggi è la Cappella della Pietà, all’interno della chiesa di Santa Maria presso San Satiro.

Cultura 22_11_2014
La Vergine con il Bambino a Santa Maria presso San Satiro a Milano

L’anno 876, data di fondazione del sacello milanese, è riportato da una cronaca del tempo insieme al nome del committente, il vescovo Ansperto, che volle erigere una cappella all’interno della sua residenza privata, affiancandole un ospizio per pellegrini. Nell’XI secolo l’edificio, intitolato a San Satiro, fratello del grande patrono Ambrogio, in seguito ad un rinnovato periodo di culto del Santo, venne arricchito di un campanile e da cappella vescovile si trasformò in piccola chiesa officiata da monaci, aperta alla cittadinanza. L’impianto altomedievale è ancora rintracciabile in quella che oggi è la Cappella della Pietà, all’interno della chiesa quattrocentesca di Santa Maria presso San Satiro.

Il tempio mariano fu voluto tra il 1476 e il 1482 per ospitare un’icona miracolosa, custodita precedentemente nella cappella medievale. Nel 1242 un certo Massazio da Vigonzone, il giorno dell’Annunciazione, furioso per aver perso un’ingente somma di denaro al gioco, colpì con un pugnale l’immagine della Vergine col Bambino che cominciò a sanguinare. Il dipinto, risalente al XIII secolo, divenne subito oggetto di devozione e fu successivamente collocato sull’altare maggiore della nuova chiesa. I lavori vennero intrapresi per volontà del Duca Galeazzo Maria Sforza e poterono proseguire grazie all’impegno economico di alcune nobili famiglie e alle donazioni dei singoli cittadini. 

Fin da subito il cantiere venne diretto dall’architetto marchigiano Donato Bramante che ideò, nonostante il poco spazio a disposizione, un edificio monumentale a pianta longitudinale a croce commissa. Le tre navate e il transetto sono ricoperte da volte a botte con cassettoni dipinti mentre all’incrocio dei bracci si innesta una cupola emisferica. Non essendoci profondità sufficiente per sviluppare l’abside, Bramante ideò un finto coro prospettico, sfondando illusionisticamente lo spazio con un rivestimento di stucco dipinto.

In origine la chiesa era interamente pitturata d’oro e d’azzurro, decorazione non più esistente, come pure gli affreschi sulle pareti laterali, opera del Bergognone, staccati e portati alla Pinacoteca di Brera. Nel sacello medievale, la cui pianta a croce greca su cui si aprono nicchie e piccole absidi rimanda ad architetture orientali di area armena, si conserva lo splendido gruppo in terracotta dipinta della Pietà. Le quattordici statue a grandezza naturale vennero realizzate da Agostino de Fondulis, autore anche dei busti di Apostoli, sempre in terracotta, posti sull’anello alla base della cupola.  Un motivo, questo, che ricorre anche nella antica ottagonale sacrestia della chiesa, ora battistero, capolavoro di architettura rinascimentale e frutto della felice collaborazione tra il Bramante e lo scultore cremonese.