ERESIE
La Chiesa cattolica d'Austria rischia lo scisma
Il "movimento di riforma" ha il volto giovane di mons. Helmut Schüller (già vicario generale del card. Schönborn), ma sa di protestantesimo vecchio.
Attualità
25_11_2011
Ormai ha un nome: "movimento cattolico di riforma". Il dissenso che sta attanagliando la Chiesa cattolica austriaca non va scemando, al contrario, cresce col tempo e sta prendendo sempre più le caratteristiche di un movimento scismatico. Dove aver raggiunto e superato le trecento adesioni tra i sacerdoti, l'"Iniziativa dei parroci", guidata da Helmut Schüller [nella foto], già vicario generale del cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, si è data una giornata di riflessione lo scorso 6 novembre, a Linz, nella diocesi nella quale due anni fa una violenta campagna mediatica (sostenuta anche da alcuni vescovi) ha impedito a mons. Gerhard Wagner, il vescovo ausiliare designato da Benedetto XVI, di assumere il proprio mandato perché “tradizionalista”.
Presenti nella città dell’Alta Austria oltre 80 sostenitori, lo stesso Schüller ha voluto rendere conto nei giorni successivi di quanto discusso e deciso. Nella newsletter del movimento datata 11 novembre si legge dunque a sua firma che una prima discussione è stata dedicata a una proposta giunta da aderenti tirolesi: trasformare in futuro quello che fino a questo momento è stato l’”appello alla disobbedienza” in “appello alla responsabilità personale”. Proposta rifiutata a larga maggioranza, perché, ha scritto Schüller, «il concetto di disobbedienza indica chiaramente che a noi interessa l’intero ordinamento della Chiesa, non solo l’iniziativa individuale». Oltre ad aver fatto passare la richiesta che in futuro si promuova un “nuovo dialogo” tra i fedeli e i vescovi e la necessità di «costruire una rete insieme ad altri gruppi di sacerdoti allineati presenti in altre nazioni», la guida del movimento ricorda come nelle discussioni di Linz sia stato richiesto “con grande consenso” di aggiungere al “catalogo delle richieste” da presentare alla Chiesa la possibilità di “mettere bocca nelle nomine dei vescovi”. Tuttavia, più di quanto discusso e deciso il 6 novembre risulta essere importante (e grave) ciò che è avvenuto il giorno precedente, quando come esito di un meeting di studio sul tema “La celebrazione eucaristica in tempi di penuria di preti”, cui hanno preso parte non solo membri della Pfarrer-Initiative ma anche altri “dissidenti” appartenenti a “Iniziativa Laicale” (Laieninitiative), a “Noi siamo chiesa” (Wir sind Kirche), a “Preti senza ufficio” (Priester ohne Amt) e a Taxhamer Pgr-Initiative, sono state elaborate sette tesi. Vediamole:
- «La comunità che si riunisce nel nome di Gesù è portatrice della celebrazione eucaristica. Ad essa come chiesa locale è affidata la memoria della morte e della resurrezione di Cristo ed il Signore è al suo centro (Mt 18,20). La comunità decisa da chi debba essere guidata e chi debba presiedere la celebrazione eucaristica. Al fine di conservare l’unità della chiesa è necessario che il mandato giunga dal vescovo».
- «Attualmente la guida delle comunità e la celebrazione dell’Eucaristia vengono fatte dipendere dal numero dei sacerdoti celibi. Ma questo è un approccio sbagliato. Piuttosto bisogna adeguare il numero di chi sovrintende, uomini e donne, al numero delle comunità».
- «La penuria di sacerdoti viene causata artificialmente dalla chiesa burocratizzata tramite superate modalità di accettazione per il mestiere del sacerdote. Accade così che mentre vengono allontanati centinaia di presti perché sposati agli altri che permangono nel loro ufficio vengano affidate sempre più comunità. Questi ultimi non possono più offrire così una sufficiente assistenza spirituale e cadono sempre più frequentemente sotto stress».
- «Il celibato obbligatorio è una ‘via speciale’ scelta dalla chiesa latina (nel XII secolo). Nulla vieta che ci si rifaccia agli inizi del cristianesimo e si chiamino uomini e donne sposate alla guida di una comunità e a presiedere la celebrazione eucaristica».
- «Il Nuovo Testamento ha abolito il sacerdozio così com’era proprio nell’ebraismo e nella cultura pagana. Gesù Cristo è l’unico sacerdote della Nuova Alleanza (Ebr. 9; 10). Ogni fedele partecipa del suo sacerdozio: Voi siete sacerdozio regale (1Pt 2,9). Questa dimensione sacerdotale viene conferita durante ogni battesimo senza distinzione tra i sessi (Gal. 3,28)».
- «Nella chiesa degli inizi le donne erano diaconesse (Rom 16,1) ed apostolesse (Rom 16,7) e parlavano profeticamente durante le funzioni (1 Cor 11,5). Le limitazioni cui sono state successivamente sottoposte sono state concessioni alle forme della società patriarcale, forme che nella nostra società attuale risultano essere sempre più superate. Il cammino verso l’ordinazione della donne non può essere fermato dai divieti papali alla discussione».
- «Ogni comunità ha diritto ad una persona che sovrintenda, sia uomo o donna. Se il vescovo viene meno al dovere di assicurare che questo accada le comunità, appellandosi al sacerdozio universale, si assumeranno la propria responsabilità, così da continuare a rendere possibile la celebrazione eucaristica come culmine, fonte ed energia (Concilio Vaticano II, Costituzione dell’Eucaristia 10) della fede».
Com’è piuttosto evidente, si tratta di questioni tutt’altro che nuove, corrispondenti con le richieste di quei cattolici che si autodefiniscono “progressisti” e che sono presenti in tutta Europa. Forti del consenso che starebbe riscuotendo l’”appello alla disobbedienza” tra i sacerdoti austriaci (oltre il 55, fino a punte del 75% su tutte le questioni sopra definite), ma anche degli attestati di solidarietà provenienti dall’estero (l’appello è stato firmato in settembre da dieci preti della diocesi di Rouen) Schüller e i suoi seguaci hanno sottoposto le loro tesi alla conferenza episcopale austriaca, riunitasi dal 7 al 10 novembre a Salisburgo. La posizione del cardinale Schönborn è chiara: “Ogni sacerdote”, aveva già scritto in settembre “così come tutti noi, deve decidere se vuole continuare a percorrere il cammino insieme al Papa, al vescovo e alla chiesa, oppure no”, invitando piuttosto chiaramente i “disobbedienti”, se convinti della loro linea, ad andarsene.
Ora, l’11 novembre, in qualità di presidente della conferenza episcopale, è tornato sulla questione ricordando che «laddove vi sia qualcuno che si dica cattolico, quello deve esserlo anche interiormente». Limitandosi a rispondere con battute, sul tema del celibato in particolare ha semplicemente ricordato che si tratta di “un tema sul quale non si potrà certo decidere in Austria, visto che vi vive meno dell’1% dei cattolici del mondo”. Dopo aver sottolineato l’importanza del continuo rinnovamento cui deve sottoporsi la chiesa, ricordando tuttavia che “da duemila anni non vi è via migliore per le riforme dello stesso Vangelo”, il cardinale ha ricordato come a differenza dei marxisti i cristiani sanno che “sono gli uomini e non le riforme strutturali a modificare la società”. «Invito dunque», questa la sua conclusione, «a tornare a quella scuola di vita che è Gesù Cristo, perché se il rinnovamento della fede non accade anzitutto nell’interiorità qualsiasi struttura, per quanto migliore rispetto alla precedente, non serve a nulla».