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IL CASO PADOVA

La Chiesa accogliente che chiude le porte a Bolsonaro

Il presidente brasiliano Bolsonaro è un capo di Stato che partecipa regolamente al G20 e sulla cui testa non pende alcun mandato di cattura internazionale. L'irritazione di sindaco e diocesi di Padova per la cittadinanza conferitagli per ragioni anagrafiche da Anguillara Veneta è figlia di un pregiudizio politico e di una simpatia della stessa Chiesa che pende a Sinistra. Il cocalero Morales è stato accolto con tutti gli onori in Vaticano, un presidente regolarmente eletto, ma osteggiato dalla Sinistra internazionale, invece viene snobbato e trattato da delinquente.

Editoriali 30_10_2021

Ad oggi il presidente del Brasile Jair Bolsonaro non è un delinquente a piede libero, ma il 38esimo presidente del Brasile, eletto regolarmente. Su di lui non pendono mandati d’arresto né condanne per crimini internazionali. L’incriminazione che lo vede sotto accusa per la gestione della pandemia nel suo Paese in realtà è un’iniziativa politica che parte da una commissione d’inchiesta del Senato che lo ha giudicato colpevole di aver minimizzato la pandemia. Si tratta, in buona sostanza di questioni interne alla vita del Brasile, che il procuratore generale potrebbe anche archiviare, per questo risulta smaccatamente di parte e ingiustificata l’opposizione che in Italia si sta facendo alla sua venuta nel paese di Anguillara Veneta.

È qui, che un secolo fa i progenitori di Bolsonaro partirono alla volta del Brasile. Ed è qui che lunedì prossimo, complice il G20, o presidente si recherà in visita per ricevere la cittadinanza onoraria dal sindaco leghista. Il primo cittadino della vicina Padova ha snobbato la venuta con uno sgarbo istituzionale di quelli clamorosi. Ma di più ha fatto la diocesi di Padova che ha pubblicato un comunicato in cui non ha esitato ad ammettere il «forte imbarazzo» che crea il conferimento della cittadinanza di Anguillara Veneta a Bolsonaro.

Non si capisce per quale motivo una diocesi, che non è un potere istituzionale di tipo politico, debba sentirsi in imbarazzo per una decisione che appartiene ad un municipio repubblicano. Potrebbe essere contrariata, certo, ma l’imbarazzo si prova quando si è coinvolti personalmente. Ha tutta l’aria di essere una classica ingerenza. Condita da quel tifo politico che anima alcuni vescovi, i quali con goffaggine cercano di cavalcare il politicamente corretto.

Oggi Bolsonaro è un facile nemico della Sinistra internazionalista, inutile girarci attorno e le inchieste che lo riguardano mirano unicamente a metterlo sotto impeachment per impedirne la ricandidatura nonostante sia ancora molto amato dalla popolazione. 

È stato preso di mira per i roghi in Amazzonia, ma si tace sul fatto che il presidente della Bolivia Evo Morales con i suoi ecocidi amazzonici è in proporzione molto più responsabile di lui e con lui il suo amico Maduro. C’è un politicamente corretto anche nella faccenda amazzonica, che, come è stato sottolineato più volte non è un eden, ma spesso un inferno senza uscita. Per vari motivi, Bolsonaro non piace a Papa Francesco e questo riflesso pavloviano fa sì che anche il vescovo della diocesi patavina, Cipolla, debba accodarsi al tiro al bersaglio.

Infatti, nella sua nota stampa, il prelato ha ricordato il numero dei 600mila morti durante la pandemia e accettato acriticamente le accuse che la sinistra paulista rivolge al presidente. Ma il Brasile è federale, la politica sanitaria è in capo totalmente agli stati. Ne consegue che le eventuali responsabilità – tutte da dimostrare – su decessi, ruberie e ritardi, vadano imputate ai singoli stati. E come abbiamo già spiegato (vedi ad esempio QUI) la situazione del Brasile non è stata peggiore di molte altre realtà, Italia compresa.

Un esempio? Forse il sindaco e il vescovo di Padova non leggono le cronache brasiliane, avrebbero visto senz’altro che c’è una grossa inchiesta nel Rio Grande do Norte, governato dal Partido progressista, dove erano stati pagati in anticipo ad un’azienda specializzata in canapa e cannabis, 300 respiratori che non sono mai arrivati.

Il Brasile è uno dei paesi più corrotti al mondo e questo da tempo. Non è certo Bolsonaro il responsabile di queste malversazioni, e nemmeno il governatore dello stato del nord est, ma nessuno dei senatori ha pensato di incriminare il governatore dello Stato equatoriale.  

Eppure, l’azione politica di Bolsonaro ha avuto anche dei meriti che la Chiesa dovrebbe riconoscergli: si batte ad esempio contro l’aborto, la sessualizzazione dei minori, il gender, ma questo non basta a certi vescovi che sposano acriticamente quelle che sono le posizioni da Teologia della liberazione che da sempre animano l’azione di molti missionari europei in Brasile. Molti dei quali, in passato, sono stati fan sfegatati di Lula e di Dilma Rousseff. Comunisti coccolati anche da buona parte della Chiesa.

Ma evidentemente in Italia ci sono ospiti e ospiti. Abbiamo accolto a braccia aperte Chavez e Gheddafi, D’Alema è andato a braccetto con Hezbollah e quando abbiamo ospitato a Roma il presidente iraniano Rohani abbiamo persino coperto le statue per non urtare la sua suscettibilità. 

Dai palazzi della politica alle sagrestie le cose non cambiano. Il Papa ha ricevuto con tutti gli onori il presidente Evo Morales che gli ha fatto anche dono di una gradita scultura a forma di falce e martello. Non risulta che il vescovo Cipolla abbia protestato con imbarazzo per il dono e la presenza in Italia del presidente cocalero.

Assieme alla famiglia Bolsonaro, tanti italiani presero i bastimenti per andare a cercar fortuna proprio in Brasile, che li accolse e garantì a moltissimi di loro una prosperità che in Veneto non potevano avere tanto che il nipote di uno di loro oggi è presidente della Repubblica di quello Stato che lo aveva accolto.

Ma questo succedeva prima della Chiesa dell’accoglienza.