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VISITA IN VENETO

La campagna di primavera di papa Ratzinger

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Attualità 09_05_2011

La campagna di primavera è bellissima. Gli alberi si inseguono a filari e il verde ben coltivato si distende sullo sfondo di casolari e campanili. Il Veneto fiorito accoglie il Papa. Aquileia è la prima  tappa, collocata all’origine di un’irradiazione che ha toccato le nazioni vicine, permeandole di Vangelo. Al nostro tempo, tutto deve ancora ricominciare, come un’umanità che si rinnovi per nuove nascite. Lo slogan della visita dice che il Papa viene a confermarci nella fede. Ci conferma rinnovandoci, a partire dal cuore che accoglie e dalla mente che riconosce.

La bellezza antica della basilica riserva a noi, pellegrini da Chioggia, la prima fila, mentre nell’attesa il movimento della vigilanza e dei preti in tenuta solenne si agita attorno al seggio pontificale predisposto per il papa. Il coro prova gli acuti delle voci e delle trombe. Tutta una florida bellezza sgorga dal passato, come sorgendo nuovamente dai mosaici del pavimento. Quello che noi siamo nel cristianesimo veneto è nato da queste radici; tutti noi navighiamo come pesci dentro un mare che ci precede e ci fa vivere.

Arrivano i vescovi, legame vivente tra passato e presente e arriva papa Benedetto a unire le popolazioni diverse e le diverse tradizioni e a lanciare la Chiesa verso un futuro buono di annuncio e di carità. Due sono i momenti fondamentali della visita del Papa in Veneto. Ad Aquileia Benedetto XVI  incontra le rappresentanze dei Consigli Pastorali diocesani, corresponsabili della vita delle nostre comunità insieme con i vescovi e i sacerdoti. Nella spianata immensa del parco San Giuliano incontra tutto il popolo di Dio che si riunisce a fiumane dalle parrocchie del Triveneto e dei suoi larghi dintorni. Come a dire che vibrano le corde della corresponsabilità dei fedeli e dell’unità dell’intero popolo di Dio.

Colpisce il richiamo così insistente alla risurrezione del Signore nelle letture che precedono e conformano la liturgia della domenica, mentre risuona il concerto delle campane di Pasqua posizionate sul verde prato. Siamo nati dalla risurrezione e siamo viventi per Cristo. Il raccordo tra la fecondità del passato e la promessa di un faticoso presente, è il filo che attraversa tutti i discorsi del Papa e lega insieme i sapienti saluti del vescovo Dino ad Aquileia e del patriarca Angelo nel parco di San Giuliano.

Passato e presente si intrecciano nella bellezza dei canti della liturgia celebrata nell’immensa spianata che si illumina di tutti i colori di una folla variopinta, con la maestosità del coro, gli accenti gregoriani, la melodia della lettura del Vangelo e del Canone romano nella preghiera eucaristica, proclamata in latino dalle voci del papa, dei vescovi, dei sacerdoti. La parola di Papa Benedetto arriva limpida e decisa a descrivere il cuore delle genti venete, il passato del benessere e delle tradizioni e il futuro della speranza, nella carità vissuta dell’accoglienza e nella iniziativa della testimonianza aperta a tutti.

Siamo chiamati ad allargare l’immagine che abbiamo di noi stessi, della nostra vocazione cristiana, della missione che compete alle nostre comunità, dell’unità che avvolge tutte le esperienze di fede, dal passato al presente, dalle parrocchie ai movimenti. La parola del Papa abolisce la paura e il sospetto verso chi viene da lontano chiedendo ospitalità nella nostra terra, e verso chi ci vive a fianco come fratello nella fede. Un lungo cammino per rivoli diversi riporta sulla via di casa l’immensa fila delle persone – preti e religiosi e laici - che hanno visto e ascoltato Benedetto XVI. Un piccolo bambino portato in spalla dal papà continua a gridare ‘Viva il Papa’.